Home ATTUALITÀ 8 dicembre 1970: il ‘golpe Borghese’, colpo di stato mancato

    8 dicembre 1970: il ‘golpe Borghese’, colpo di stato mancato

    golpe borghese
    ArsBiomedica

    Ve li ricordate, o avete mai studiato sui libri di storia, i colonnelli in Grecia? Sì, il regime che governò il paese ellenico tra il 1967 e il 1974. Ebbene, per una notte anche l’Italia rischiò di diventare una dittatura militare. O forse no, forse era tutta una farsa, un “golpe da operetta”, come lo chiamarono, ché anche nei colpi di stato – qualcuno potrebbe dire – facciamo ridere.

    Ma migliaia di carabinieri, quasi duecento ufficiali, tra i 500 e i 1000 soldati, oltre a centinaia di militanti, non si mobilitano per scherzo.

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    Il “Golpe dell’Immacolata”, come ebbe a essere ribattezzato, fu il fallito colpo di stato che (non) si tenne nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970 e di cui l’opinione pubblica venne a conoscenza solo tre mesi dopo grazie alla stampa.

    Quella notte l’Italia rischiò sul serio di tornare indietro di venticinque anni, al fascismo. E non il fascismo spesso agitato come spettro a fini autoconservativi dalle élite al potere, ma quello autentico, quello pericoloso davvero.

    Il principe nero

    Il putsch era stato preparato nel dettaglio da un manipolo di insorti comandati dal generale Junio Valerio Scipione Ghezzo Marcantonio Maria dei principi Borghese, discendente della nobile famiglia che tanta influenza politica, religiosa e artistica ebbe in Italia a partire dal XVI Secolo, ma soprattutto ex gerarca mussoliniano.

    Aveva pure scritto un proclama, il Principe Nero – com’era soprannominato -, un testo che nelle intenzioni doveva essere letto la mattina successiva dagli studi televisivi della RAI occupati dai sovversivi ma che invece non andò mai in onda, perché poi – inspiegabilmente – le cose si svolsero diversamente e la presa del potere non avvenne.

    Ve lo riportiamo pari pari, quel messaggio: «Italiani! – e già l’inizio era tutto un programma… – l’auspicata svolta politica, il lungamente atteso colpo di stato ha avuto luogo. La formula politica che per un venticinquennio ci ha governato e ha portato l’Italia sull’orlo dello sfacelo economico e morale ha cessato di esistere. Nelle prossime ore, con successivi bollettini, vi saranno indicati i provvedimenti più importanti ed idonei a fronteggiare gli attuali squilibri della Nazione. Le Forze Armate, le Forze dell’Ordine, gli uomini più competenti e rappresentativi della Nazione sono con noi, mentre, d’altro canto, possiamo assicurarvi che gli avversari più pericolosi, quelli che per intendersi, volevano asservire la patria allo straniero, sono stati resi inoffensivi. Italiani, lo stato che creeremo sarà un’Italia senza aggettivi né colori politici. Essa avrà una sola bandiera. Il nostro glorioso tricolore! Soldati di terra, di mare e dell’aria, Forze dell’Ordine, a voi affidiamo la difesa della Patria e il ristabilimento dell’ordine interno. Non saranno promulgate leggi speciali né verranno istituiti tribunali speciali, vi chiediamo solo di far rispettare le leggi vigenti. Da questo momento nessuno potrà impunemente deridervi, offendervi, ferirvi nello spirito e nel corpo, uccidervi. Nel riconsegnare nelle vostre mani il glorioso tricolore, vi invitiamo a gridare il nostro prorompente inno all’amore: Italia, Italia, viva l’Italia».

    Un’Italia sovranista mezzo secolo prima del sovranismo, par di capire. Una svolta autarchica (e in quel caso anche autoritaria) per certi versi progenitrice di quella, solo auspicata dai suoi sostenitori, che ha animato il dibattito antieuropeista degli ultimi nostri  anni.

    Ma state certi che al confronto l’odierno sciovinismo è una barzelletta, tanto più che all’epoca i nemici non erano l’UE e la Troika, che neanche esistevano – o perlomeno non nella forma che conosciamo oggi -, ma l’internazionalismo comunista ispirato dall’Unione Sovietica che solo un ritorno al nero Ventennio poteva contrastare.

    L’idea: una caserma a cielo aperto

    E quali erano i modelli dei nuovi “patrioti”? Fior di modelli, come le dittature militari di Franco in Spagna e Salazar in Portogallo, oltre che dei succitati graduati ellenici (ma anche in Libia, con Gheddafi, e in Somalia, con Siad Barre, i militari si erano presi il potere con la forza nel 1969).

    L’idea era di unificare l’Europa filo-atlantica affacciata sul Mediterraneo (al netto della Francia, ovviamente, visto che lì tra De Gaulle e Pompidou era un po‘ più difficile fare presa) sotto le insegne marziali per farla diventare una caserma a cielo aperto sulle note del Silenzio.

    Un silenzio imposto alla democrazia liberale con il beneplacito degli USA che, ça va sans dire, del progetto Borghese tutto sapevano e sempre avevano saputo. Del resto, l’ossessione a Washington era di vincere la Guerra fredda, e fare fuori politicamente (ma se possibile, perché no, anche fisicamente) il più grande partito comunista dell’Europa occidentale, ovvero il PCI, faceva senz’altro comodo.

    Del piano erano a conoscenza gli USA ma, come detto, non gli italiani. Il golpe restò ignoto all’opinione pubblica fino al 17 marzo 1971, quando a svelarlo fu un articolo del quotidiano Paese Sera.

    Del resto, al popolo nostrano da tempo gliela si faceva alle spalle. Il 12 dicembre 1969 la bomba di piazza Fontana fece precipitare il Paese nella notte della Repubblica, inaugurando la strategia della tensione e la stagione delle stragi, dei poteri occulti, dei servizi deviati, ecc..

    Il Golpe Borghese altro non era che una delle tante risposte, declinata al contesto italico, del vecchio mondo reazionario ai sogni, agli ideali e alle speranze suscitati dalle contestazioni degli anni’60. Le manifestazioni dei nostri studenti e operai come quelle americane per i diritti civili o contro la guerra in Vietnam, come il Maggio francese, come la Primavera di Praga, come le marce femministe.

    Nei piani dei golpisti, una volta preso il potere bisognava sbarazzarsi della sinistra, sia parlamentare che extra. Sarebbe stato nominato un governo ponte democristiano con Andreotti – che, naturalmente, una volta scoppiato lo scandalo si professò ignaro di tutto – reggente, e a seguire elezioni da cui sarebbero stati esclusi tutti i partiti di sinistra a partire dal succitato maggiore di essi, all’epoca guidato da Luigi Longo.

    Ma il disegno non si realizzò, e neppure la lunga vicenda giudiziaria che ne scaturì riuscì a spiegare perché l’iniziativa si arrestò nel momento decisivo, proprio mentre migliaia di adepti erano in marcia verso la Capitale per occupare i centri nevralgici del potere e arrestare e deportare gli oppositori, dei quali circolava una lista lunga e dettagliata.

    Si sa solo che Borghese, pare a seguito di una telefonata ricevuta, a un certo punto ordinò a tutti di fermarsi e tornare indietro.
    Ma chi era costui?

    Volevano i colonnelli

    Per dare un’idea del personaggio basti dire che Junio Valerio Scipione Ghezzo Marcantonio Maria dei principi Borghese durante la Seconda guerra mondiale aderì alla Repubblica Sociale Italiana, fu comandante del sommergibile che nel 1944 accompagnò davanti al porto di Alessandria i due “maiali” che penetrarono nel porto e vennero attaccati sotto la carena di due corazzate inglesi, la Valiant e la Queen Elizabeth, che vennero fatte esplodere. Nel contempo guidò la X Mas, la milizia responsabile – tra le altre cose – dell’eccidio di Valmozzola del 17 marzo 1944, quando sette partigiani e due disertori russi furono catturati e trucidati per rappresaglia.

    Dopo la fine della guerra fu arrestato ma grazie all’amnistia di Togliatti uscì di prigione; in seguito si buttò in politica, dapprima nel MSI, del quale fu anche presidente onorario e dal quale se ne andò nel 1968 perché – a suo dire – si era troppo imborghesito con l’abbandono delle istanze rivoluzionarie, e poi nel Fronte Nazionale, formazione da lui fondata nello stesso anno.

    E dalle retrovie della galassia neofascista, Borghese elaborò l’operazione Tora Tora, com’era stato rinominato il plot dai congiurati in onore a quello dei giapponesi a Pearl Harbor, che avrebbe ridato fiato alle trombe nere con la forza.

    Uno scenario non del tutto fantascientifico in un’epoca in cui la paura di un colpo di stato era all’ordine del giorno e addirittura ci si scherzava su come nel film Vogliamo i colonnelli, di Mario Monicelli.

    L’operazione Tora Tora

    Il progetto fu pensato a partire dal 1968 e aveva Roma, il cuore pulsante del potere centrale dello Stato, come obiettivo principale. Bisognava innanzitutto occupare i ministeri dell’Interno e della Difesa, ma anche la RAI per mettere al corrente tutto il paese che presto i treni sarebbero tornati ad arrivare in orario.

    Una cosa però era certa: non sarebbe stato un passaggio di consegne pacifico e silenzioso, quello architettato da Borghese. Bisognava anche creare il caos per le vie della città facendo saltare ponti e strade. Non solo.

    Presa dei ministeri dell’Interno e della Difesa; occupazione della Rai; sequestro del presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat; assassinio del capo della polizia Angelo Vicari; occupazione degli studi radio-televisivi della Rai; arresto e deportazione di sindacalisti, dirigenti e dei parlamentari della sinistra in Sardegna: erano questi alcuni degli obiettivi immediati.

    Il piano, secondo alcune ricostruzioni, cominciò ad essere attuato nella notte del 7 dicembre con il concentramento a Roma di diverse centinaia di congiurati, con azioni simili in diverse città italiane, tra cui Milano. Al ministero degli Interni militanti del gruppo di estrema destra Avanguardia Nazionale con la complicità di funzionari, penetrarono nell’armeria e si impossessarono di armi e munizioni che vennero distribuite ai cospiratori.

    Due generali a riposo dell’Aeronautica Militare presero posizione al ministero della Difesa, mentre un gruppo armato di 187 uomini della Guardia Forestale si appostarono vicino alle sedi televisive della Rai. Il quartier generale dell’operazione “Tora Tora” fu allestito nella sede romana del Fronte Nazionale in via XXI Aprile, comandato dallo stesso Borghese. Nel quartiere Montesacro ci fu un concentramento di un centinaio tra militari ed esponenti neofascisti pronti a dare l’assalto agli obiettivi sensibili individuati per il golpe.

    Stop! Ritiratevi

    Il golpe era in fase di avanzata esecuzione quando, improvvisamente, Valerio Borghese ne ordinò l’immediato annullamento.

    Le motivazioni per questo improvviso ordine a poche ore dall’attuazione effettiva del colpo di stato non sono mai state chiarite.

    Sta di fatto che 13 anni tra inchieste e processi non sono bastati a chiarire la vicenda. Borghese, insieme agli altri responsabili, fu assolto definitivamente in appello nel 1984, ma lui era già morto dieci anni prima a Cadice, in Spagna, dove si era trasferito all’indomani del fallito piano eversivo. Del resto se l’era ripromesso: su quel golpe sarebbe stato una tomba.

    Valerio Di Marco

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    1 commento

    1. Vale la pena fare alcune considerazioni sul piacevole articolo di V.DiMarco
      1. Non c’è bisogno di essere degli esperti militari per capire che un “golpe” in un paese come l’Italia non si fa con quattro generali/colonnelli a riposo, 187 allievi della Forestale, un tenente dei para in congedo e 200 “avanguardisti” ….
      2. Come si sarebbe contrastata l’arma dei Carabinieri (decine di migliaia di uomini) fedelissima al Governo e alla Repubblica?
      3.Molte testimonianze (come quella mandata in onda recentemente da La7) sono state fatte da individui incappucciati e con la voce camuffata che hanno raccontato storie assurde e fantasiose: testimonianze che un magistrato avrebbe buttato nel cesso..
      4.Cosi come fantasiosa è la tesi di un golpe destinato a dare una “risposta” alla contestazione sessantottina: non c’è ne era bisogno dal momento che si sarebbe esaurita da sola senza modificare gli assetti politici ( basta guardare alla fine che hanno fatto i leaders del movimento!!)
      4. Borghese non fu mai un “gerarca” ma un soldato insignito di MOVM ; la X MAS fu soprattutto impiegata sul fronte di Anzio e Nettuno e rarissimamente in azione contro i partigiani. Il proclama di Borghese fa semplicemente RIDERE (chi l’ha scritto un alunno di 5 elementare?)…
      5. Siad Barre è stato un dittatore comunista che ha portato allo sfacelo (come tutti i regimi comunisti) la Somalia…
      6. Gheddafi tutto fu meno che un dittatore fascista! Il suo torto è stato quello di aver negato il petrolio libico agli USA…
      6. Non esiste “operazione sporca” condotta in Italia che non sia stata organizzata da CIA e servizi segreti….(sicuramente anche questo finto golpe da operetta).
      Consiglio infine al bravo Di Marco di leggere 2 libri di Piero Buscaroli (Una nazione allo sbando e Dalla parte dei vinti) giusto per deliziarsi delle confidenze fatte a Buscaroli dal ministro dell’interno Taviani sugli autori delle ” bombette” (così le chiama il ministro) che funestarono l’ Italia….

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