Home ATTUALITÀ Ciciliano (CTS): “C’è bisogno di serietà, col virus non si scherza”

    Ciciliano (CTS): “C’è bisogno di serietà, col virus non si scherza”

    FabioCiciliano
    Duca Gioielli

    Sono 22.930 i nuovi casi registrati in Italia nelle ultime 24 ore dal Ministero della Salute, circa 5.400 casi in meno rispetto alla giornata di domenica 22 novembre, quando a fronte di 40mila tamponi in più i casi erano stati 28.337. Con 630 nuovi deceduti, dagli ultimi dati emerge una sostanziale stabilità del rapporto tra positivi individuati e tamponi effettuati, intorno al 15%, ma per la prima volta dall’inizio della seconda ondata, calano gli attualmente positivi, come anche migliora la situazione dei ricoveri in terapia intensiva.

    Per fare il punto della situazione, VignaClaraBlog.it ha intervistato Fabio Ciciliano, medico della Polizia di Stato, esperto in medicina delle catastrofi, dirigente del Dipartimento della Protezione Civile e dall’inizio della pandemia componente e segretario del Comitato Tecnico Scientifico, il tavolo composto da esperti e qualificati rappresentanti degli Enti e delle Amministrazioni dello Stato che supportano il Governo nelle attività finalizzate al superamento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

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    Ormai conosciuto come “l’uomo che redige i verbali”, Ciciliano ha il compito di analizzare i documenti e i dati necessari a emettere i pareri degli esperti.

    Con i “famosi casi da rientro” dalle ferie estive la curva dei contagi galoppa: dai 1.000-1.500 nuovi casi al giorno degli inizi di settembre siamo agli oltre 30mila registrati a novembre. Come giudica questo dato?

    Naturalmente il dato non dipende solo ed esclusivamente dai casi da rientro, anche se all’inizio hanno influito in maniera importante sull’incremento. Dopo le ferie estive il virus ha ripreso a circolare all’interno dei nuclei familiari e questo ha inciso molto.

    Sono riprese le attività lavorative, sono aumentati i passeggeri a bordo dei mezzi di trasporto pubblico e hanno riaperto le scuole; i cittadini sono tornati a vivere in società e questo certamente ha facilitato i contagi.

    Rispetto alla prima ondata, questa volta il virus si è diffuso in tutte le regioni e a risentirne sono le strutture ospedaliere. Cosa non ha funzionato?

    La differenza tra la prima e la seconda ondata dipende appunto dalla modalità di circolazione del virus, per cui nei primi mesi dell’anno è stato colpito principalmente il nord e ora invece tutta l’Italia.

    Ovviamente non tutte le regioni hanno gli stessi sistemi sanitari e la medesima capacità ricettiva delle strutture ospedaliere e questo certamente ha inciso, visto l’elevato numero di pazienti che necessitano di ricovero.

    Purtroppo nella pausa estiva non è stato fatto tutto quello che si sarebbe dovuto fare; avremmo dovuto fare tesoro dei primi mesi dell’emergenza ma così non è stato.

    Attualmente il Lazio è zona gialla e i contagi, per settimane stabili, al momento sono in calo. Quanto conta il comportamento individuale e quali altri fattori influiscono sul dato?

    Il comportamento di ognuno di noi è sempre importante: l’uso della mascherina, il distanziamento sociale e l’igiene restano d’obbligo, è l’unico strumento che ogni singolo cittadino possiede per evitare la diffusione del virus.

    Dall’ultimo bollettino della regione Lazio, che nella giornata di ieri, lunedì 23 novembre, ha registrato 2.341 nuovi casi, notiamo che il virus ha rallentato la sua corsa anche se il rapporto tra positivi e tamponi è leggermente salito. Calano anche gli accessi in terapia intensiva ma non dobbiamo abbassare la guardia. Nel Lazio il 50 % dei nuovi casi giornalieri riguarda solo Roma mentre i restanti sono suddivisi tra le altre quattro province.

    Qual è la situazione nelle strutture ospedaliere romane?

    Negli ospedali della Capitale il carico di lavoro è sicuramente aumentato ma non si registrano, al momento, importanti criticità come in altre regioni. Di fondamentale importanza è stata la realizzazione dei Covid Hotel, strutture organizzate per accogliere, oltre i positivi asintomatici che non possono isolarsi in casa, anche quei pazienti in convalescenza che non necessitano più di particolari o urgenti cure ospedaliere.

    In questo modo, oltre a interrompere la catena dei contagi familiari, è possibile ridurre la pressione sulle strutture ospedaliere.

    Scuole aperte o scuole chiuse? E quanto conta l’uso obbligatorio della mascherina anche quando gli alunni sono seduti al banco?

    Certamente dobbiamo fare il possibile perché le scuole aperte non chiudano e quelle chiuse tornino ad avere gli studenti tra i banchi; l’istruzione è un diritto ed è fondamentale che gli istituti secondari – oggi costretti alla didattica a distanza – possano tornare presto a fare lezione in presenza.

    È molto difficile che il contagio arrivi da dentro e corra tra i banchi come invece è certo che un comportamento sociale rigoroso aiuti a ridurre la diffusione del virus a scuola. Anche in questo caso l’uso della mascherina è fondamentale, seppur scomoda soprattutto per i bambini più piccoli.

    Dal fronte vaccini buone notizie, ma una recente ricerca dice che un italiano su due nutrirebbe forti dubbi sulla vaccinazione mostrandosi indeciso se effettuarla o meno. Da cosa dipende questa paura?

    Probabilmente il problema principale risiede in un difetto di comunicazione, c’è una grande confusione d’informazione sul Coronavirus e molte persone restano scettiche di fronte al vaccino, hanno paura.

    Non si sentono sicure e non si fidano; da qui la necessità di mandare messaggi chiari e univoci, che non lascino fraintendimenti e che rendano il cittadino sicuro. Esiste poi sempre il fronte dei no-vax e lì il discorso è diverso e più complicato da risolvere.

    In Italia oltre 50mila vittime dall’inizio della pandemia, più di un milione di casi, dure testimonianze da chi è guarito sugli effetti del Covid-19 e dagli operatori sanitari impegnati in corsia. Eppure i negazionisti sono tanti…

    Purtroppo nonostante i numeri e le testimonianze c’è ancora chi crede che il virus non esista; la malattia invece continua a circolare e così facendo incontra anche le persone fragili, che sono quelle che rischiano di più.

    Di fronte a un numero molto elevato di positivi asintomatici ci sono anche malati gravi ed è quindi responsabilità di ognuno di noi comportarsi nel rispetto della salute di tutti. Anche in questo caso i messaggi che passano sono importantissimi e il fatto che ci siano molti personaggi famosi che vanno in tv a minimizzare la gravità della situazione non è un bene. C’è bisogno di serietà, non si può scherzare con il virus.

    Ultima domanda, cosa dobbiamo aspettarci per Natale e cosa non dovremo fare?

    Quelle di quest’anno dovranno essere delle festività morigerate, non si possono vanificare tutti gli sforzi fatti negli ultimi mesi. Certo però non vanno neanche ignorate determinate realtà; non possiamo dimenticarci per esempio delle persone anziane, né isolarle.

    Per questo, sarà necessario evitare grandi tavolate ma restringere il più possibile il nucleo familiare, cercando per esempio di tenere distanziati i più piccoli dai nonni, banalmente facendoli sedere non troppo vicino. Attenzione anche alle messe, dove le misure di contenimento anti Covid-19 dovranno essere ancora più stringenti per evitarne la diffusione durante le celebrazioni natalizie.

    Ludovica Panzerotto

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