Home CRONACA Gaia e Camilla: all’atto dell’incidente Genovese era al telefono

Gaia e Camilla: all’atto dell’incidente Genovese era al telefono

gaia-e-camilla
Galvanica Bruni

La posizione di Pietro Genovese, il ventenne che la notte tra il 21 e il 22 dicembre scorso ha investito e ucciso Camilla Romagnoli e Gaya Von Freymann, potrebbe aggravarsi.

Quella sera, a mezzanotte e ventisette minuti, l’ora esatta in cui le due amiche sono state investite, pare che Genovese stesse utilizzando whatsapp. E’ quanto riportato questa mattina, giovedì 23 aprile, dal quotidiano La Repubblica, indiscrezione che trapelerebbe da un’informativa della Polizia Postale allegata agli atti dell’indagine.

Continua a leggere sotto l‘annuncio

Secondo quanto riportato nella relazione, in cui sarebbero stati riscostruiti tutti i movimenti del telefono cellulare del ventenne durante quella notte, nel momento dell’impatto Genovese avrebbe inviato tramite l’app di messaggistica istantanea quattro fotografie e un video a più destinatari.

A questo punto, a carico del ventenne, tutt’ora agli arresti domiciliari con l’accusa di omicidio stradale plurimo e per cui la Procura ha fatto richiesta di giudizio immediato, ci sarebbe anche l’accusa di violazione dell’art. 173 del codice della strada che prevede il divieto di usare il telefono durante la guida.

Da quanto si apprende, l’operazione di selezione delle immagini e del video e l’invio multiplo, potrebbe aver richiesto a Genovese del tempo, precisamente da mezzanotte, ventisette minuti e trenta secondi a mezzanotte, ventisette minuti e quarantanove secondi: 19 secondi di distrazione che potrebbero essere stati fatali per l’incidente.

L’accusa di utilizzo del cellullare alla guida peggiorerebbe la posizione del giovane già accusato di viaggiare con un tasso alcolemico nel sangue pari a 1,4 grammi per litro, quindi oltre il limite consentito dalla legge che è di 0,5 e di 0 per i neopatentati e di procedere oltre il limite di velocità previsto per quel tratto di Corso Francia e pari a 50 km/h.

Secondo i risultati della perizia effettuata lo scorso 10 febbraio infatti, dai calcoli effettuati dal consulente della Procura Mario Scipione, se l’auto su cui viaggiava Genovese avesse rispettato il limite di 50 km/h fissato per quel tratto di strada, sarebbe sopraggiunta sul luogo dell’impatto esattamente un secondo e mezzo dopo, frazione di tempo in cui molto probabilmente Gaia e Camilla avrebbero completato l’attraversamento pedonale della carreggiata, evitando così l’incidente fatale.

Tra le contestazioni fatte a Pietro Genovese compare anche quella di non essersi fermato subito dopo l’impatto con le due amiche, avvenuto, come riportato dai risultati della perizia, nei pressi dell’inizio del guardrail posto a separazione delle due carreggiate, precisamente a “18 metri e 14 metri rispettivamente dall’inizio e dalla fine del passaggio pedonale posto nell’intersezione con Via Flaminia” e di aver percorso ancora 180 metri prima di scendere dall’auto ormai in panne e di tornare sul luogo dell’incidente a piedi in compagnia dei due amici che viaggiavano a bordo dell’auto con lui.

Resterebbe in ogni caso confermato,  come rilevato sempre dai risultati della perizia depositati in Procura, che le due giovani quella notte non avrebbero attraversato sulle strisce pedonali, come sostenuto precedentemente dai legali delle due famiglie, e avrebbero impegnato la carreggiata in un tratto di strada poco visibile.

Sempre dagli atti della perizia sarebbe escluso il malfunzionamento dell’impianto semaforico e si escluderebbe anche la possibilità che la scarsa illuminazione, peggiorata dal buio e dal maltempo, avrebbe influito sulla dinamica dell’incidente.

Ludovica Panzerotto

© RIPRODUZIONE RISERVATA

1 commento

  1. Ma se avevano detto che quando ha preso le ragazze ripartiva da un rosso del semaforo ….. avrà scritto mentre era al semaforo in attesa

LASCIA UN COMMENTO

inserisci il tuo commento
inserisci il tuo nome