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Insugherata, la Riserva che vogliamo

Duca Gioielli

insugheratadal Comitato Robin Hood riceviamo e pubblichiamo – Nel libro “Clandestini in città” di Fulco Pratesi l’autore descrive le numerose specie animali che vivono nelle grandi città, in particolare a Roma: città caotica e con un elevato tasso di inquinamento ospita al suo interno mammiferi, rettili, uccelli e roditori. Nel libro si parla ad esempio dei falchi che per anni hanno nidificato sul ‘palazzaccio’ e della colonia di pappagalli che vive invece sulle rive del Tevere; delle nutrie che affollano le sponde del Tevere e delle numerose specie di uccelli notturni che popolano i parchi cittadini. Ma si parla anche di gabbiani, di anatre, di cormorani, di rane e rospi e perfino di alcune specie di serpenti.

Come mai un così grande numero di specie animali ha scelto come habitat Roma? La scelta di vivere in città è una questione di opportunismo (termine per noi antipatico ma che in natura significa “sopravvivenza”): alcune specie vivono tranquillamente nell’ urbe, altre utilizzano la città come un dormitorio (ad esempio gli storni che durante il giorno cercano il cibo nelle campagne e la sera dormono sui platani dei grandi viali), altre ancora vivono nei parchi compiendo incursioni nell’ abitato. E’ il caso di civette, gufi e allocchi: si tratta di uccelli notturni difficili da vedere ma le soffici piume che lasciano sul terreno ci dicono che in quel punto hanno sicuramente afferrato un topolino o un ratto.

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Tantissime sono le specie che vivono protette all’ interno di giardini e parchi e cercano il cibo lungo i confini fortemente urbanizzati: è il caso della Riserva dell’ Insugherata che ospita un numero elevatissimo di specie, sia stanziali che di passo. Alcuni istrici e ricci sono stati visti, a notte fonda, nella parte alta di Via Panattoni; mentre ai residenti del Villaggio dei cronisti è assai familiare il richiamo della civetta (quel richiamo che ai superstiziosi incute timore). Ma la parte del leone (si fa per dire) la fanno le volpi della riserva: intelligenti, furbe, sospettose ma assai intraprendenti si spingono nei luoghi dove sanno di poter trovare del cibo.

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Per i puristi della natura, sempre pronti a scomodare Darwin, Linneo e Thoreau, l’ opportunismo mal si concilia con lo spirito libero: ma allo stomaco non si comanda! Nel Parco Nazionale d’ Abruzzo, forse la più bella riserva d’ Europa, l’ orso morsicano non disdegna di compiere incursioni notturne nelle discariche e nei cassonetti dei piccoli centri abitati. Luigi Boitani, bravissimo etologo, ha documentato nel corso di una lunga campagna invernale sul Passo S. Leonardo come il fiero lupo, quando costretto dai morsi della fame, non disdegni gli avanzi dell’ uomo. Il fatto che un gran numero di animali viva a così stretto contatto con l’ uomo non è un fatto eccezionale: il rapporto, anzi in assenza di pericoli o minacce, è stabile e duraturo.

Forse chi percorre la via Cassia nei pressi di Vigna Clara, stressato dalla confusione e imbufalito dal traffico, non si è mai accorto di quella grande pozza di acqua stagnante che con il tempo si è trasformata in un vero e proprio ecosistema. A pochi passi da migliaia di auto strombazzanti vivono tranquillamente, nutrie, anatre e perfino aironi cinerini: neanche fossimo nel delta del Po! E che dire poi delle numerose coppie di Germano reale che si fermano a riposare nelle pozze fangose dell’ Insugherata e si lasciano tranquillamente fotografare?

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Tutto questo è il segno di come anche all’ interno di una grande città sia possibile garantire la sopravvivenza di specie selvatiche: i settecento ettari dell’ Insugherata ne sono un esempio. Sebbene il territorio si presenti piuttosto maltrattato e gran parte dei terreni sia in uso all’ agricoltura, all’ interno dei boschi di sughere, lungo i fossi e nella zona umida vivono e si riproducono le stesse specie animali che vivono nei boschi dell’ appenino. La Riserva dell’ Insugherata è una nicchia ecologica che sopravvive grazie all’ assenza di attività umane: pochi sono i sentieri che l’ attraversano (a volte passano a pochi passi dalle grandi tane degli istrici); non ci sono, vivadio, piste ciclabili asfaltate; non ci sono neppure chioschi o bar. Certo le attività agricole vengono condotte con mezzi meccanici, ma l’agricoltura ha tempi lenti e cadenzati a cui gli animali sono assuefatti. Il cavallo non è un elemento di disturbo e neppure i cani costituiscono la benché minima minaccia per esseri abituati alla sopravvivenza quotidiana. Se mai la minaccia arriva da agenti esterni: inquinamento dei fossi, urbanizzazione, reti metalliche, orti, parcheggi e discariche.

La Legge Regionale del 1997, anche con le sue pecche e ambiguità, ha consentito la sopravvivenza di un habitat che non ha eguale se non nelle grandi riserve protette. Sono dodici anni che la Riserva vive in un equilibrio instabile che rischia però, ad ogni istante di frantumarsi: fino ad oggi le associazioni ambientaliste e gente del calibro di Pratesi hanno impedito che ciò avvenisse.

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Ora, anche in virtù di quello che la legge istitutiva consente, si vorrebbe dare corpo ad alcuni progetti, definiti “soft”, che prevedono attività umane proprio all’ interno del Parco.Le assicurazioni sono che le strutture saranno ‘leggere’ e ‘rimovibili’ in grado di “interagire con il territorio in termini dialettici attraverso l’ utilizzo di forme e manufatti naturali”. Anche l’ Ente gestore è favorevole a creare accessi sorvegliati e attrezzati con punti di informazione per i cittadini.

E i residenti cosa ne pensano? Intanto c’è un atteggiamento di forte sospetto perché si teme che con il tempo le ‘strutture leggere’ possano trasformarsi in qualcosa di diverso e con finalità commerciali. Poi c’ è il problema dell’ accesso all’ intera Riserva: senza precisi accordi con gli affittuari dei terreni agricoli non avrebbe senso accedere all’ Insugherata da un ingresso attrezzato e poi non poter camminare al suo interno per l’ opposizione dei fittavoli (che vantano diritti su gran parte della riserva).

Se veramente è sentita l’ esigenza di informare chi vuole entrare nella riserva si potrebbe intanto cominciare con il ripristinare la bella segnaletica realizzata dalla Climax; oppure rivolgersi alla rete. Nei siti istituzionali si può trovare solo una mappa striminzita o un immagine satellitare, ma non una carta dettagliata con l’ indicazione degli accessi o dei sentieri e delle zone di maggior interesse (ci ha provato Robin Hood disegnando una mappa casereccia ma di facile consultazione: clicca qui). Poi si potrebbe rafforzare la vigilanza e i controlli visto e considerato che i ‘rangers’ nostrani sono delle entità misteriose ed invisibili.

Per i pochi che la frequentano la Riserva dell’ Insugherata è bella così come è e non richiede altri interventi (anche se questa posizione è considerata da alcuni “eccessivamente snob”); in fondo l’ unica esigenza sentita è quella di una maggiore attenzione e vigilanza da parte dell’ Ente gestore affinché nulla venga variato nei confini e nel suo interno.

Robin Hood, Comitato per la tutela dell’Insugherata

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