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Perchè a Roma (e non solo) i pini cadono

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Galvanica Bruni

Il forte maltempo che ha interessato la penisola ai primi di novembre oltre ad aver provocato gravissimi danni a causa degli allagamenti ha abbattuto migliaia di alberi. Al nord, il vento che ha raggiunto i 180-200 chilometri orari, ha fatto strage di abeti rossi spezzando centinaia di migliaia di piante.

Secondo gli esperti la causa è da ricercare, oltre al vento eccezionale, anche nella scelta effettuata dopo la fine della Prima Guerra mondiale, di rimboscare quelle montagne con una sola specie: l’abete rosso.

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Oltre agli ingenti danni anche 9 morti provocati però dalla caduta di pini, un evento che si verifica sempre più spesso è che all’origine di tantissimi incidenti; rarissimo vedere una quercia, un tiglio, un cedro abbattersi su una strada, su di una ferrovia o una autovettura come invece accaduto con i pini. Ma perché i pini cadono?

Il pino domestico (o pino da pinoli) è un albero magnifico, maestoso e con un adeguato apparato radicale; fu molto usato nel Ventennio in quanto simbolo di “italianità” ma questo quando nel nostro paese c’era una modesta rete stradale e ancora non era iniziato il consumo seriale di territorio.

Oggi a Roma se ne contano più di 120.000 esemplari, di cui il 10% utilizzati per le alberature stradali.

Prendendo spunto dall’ultima vicenda di un pino improvvisamente abbattutosi in via Flaminia, a Roma, la sera di venerdì 23 novembre  fortunatamente senza fare danni a persone e cose, è ovvio dire che la caduta di un qualsiasi albero non può certo essere imputata alla pianta perché la ragione di solito è da ricercare nella scarsa cura e manutenzione della pianta ma anche da un utilizzo improprio.

Nel 2016 Leonardo Perronace, Presidente uscente dell’ordine dei Periti agrari di Roma e Provincia con esperienza ventennale sul campo, in occasione della morte di due persone schiacciate da un pino ad Ardea rilasciò un intervista al quotidiano il Messaggero nella quale, tra l’altro, dichiarò: “Gli alberi non cadono semplicemente per la presenza di un evento eccezionale come raffiche di vento a 70/80 km l’ora o la pioggia insistente ma perchè sono malati o hanno finito il loro ciclo vitale. In molti casi basterebbe solo vedere le fotografie di quelle piante per rendersi conto che la loro caduta è imminente e andrebbe evitata. Come? Con una ricognizione costante, una giusta cura contro le malattie, le potature al momento giusto e, se necessario, anche l’abbattimento dell’albero per evitare più gravi conseguenze. Se il fusto o le radici presentano delle carie, manca la resistenza alla spinta del vento ed il crollo diventa imminente”.

Perronace prosegue: “Il punto è che il pino è un albero abituato a stare nel bosco, con più esemplari che poggiano l’uno contro l’altro. Lo ritengo poco indicato alle banchine stradali perchè quando invecchia è frequente che perda il fittone centrale e si regga solo sulle radici superficiali che possono essere deteriorate dai lavori di asfaltatura, da quelli fognari o per la posa delle varie condotte di servizio”.

Il Pino domestico è un albero imponente che può raggiungere i 20-30 metri di altezza con un tronco diritto che ramifica solo nel terzo superiore; tipico elemento del paesaggio mediterraneo predilige i climi miti, i terreni sabbiosi, asciutti e ben drenati (una condizione che a Roma, il cui sottosuolo spesso è impregnato d’acqua non è facile da riscontrare) e teme le gelate. Essendo un albero che ama il sole pieno prospera nei parchi o nelle località come Castelfusano.

Il problema nasce” dice Fulco Pratesi Presidente Onorario di WWF Italia “quando la pianta non cresce nel luogo dov’è nata ma invece viene trapiantata dopo una prima crescita in un vivaio. Ciò comporta l’amputazione delle radici orizzontali, la futura difficoltà a irrobustirsi. Molti pini cadono perché l’altezza dell’albero è eccessiva rispetto alla modesta espansione delle radici».  Anche per Pratesi i pini domestici mal si adattano  a Roma: “I pini sono inadatti a troppi terreni romani. Sarebbe più saggio sostituirli, in prospettiva, con i cipressi o con i bagolari, entrambi molto robusti e resistenti, privi del problema legato alle radici”.

Tutti gli alberi, pini compresi,  sono un elemento vitale per le nostre città; la loro funzione è insostituibile e pertanto non vanno certo abbattuti (a meno che non costituiscano un pericolo imminente) ma monitorati costantemente e sottoposti a tutte le cure del caso. Solo in questo modo è possibile garantire la sopravvivenza del grandissimo patrimonio verde di Roma.

Sempre Perronace suggeriva nel 2016 una possibile soluzione per le alberature di Roma: “Basterebbe creare una banca dati sui singoli alberi, metterla in rete e facilitare i singoli cittadini, attraverso l’uso dello smartphone e di una specifica app. a verificare periodicamente lo stato di salute di quella pianta”.

Una soluzione che sembrerebbe oggi a portata di mano sia con il Regolamento del Verde elaborato dal Campidoglio e che a breve dovrebbe essere portato all’attenzione del Consiglio comunale sia con la conclusione della gara europea per la manutenzione del verde verticale che prevede tra l’altro la mappatura e il monitoraggio delle alberature.

Francesco Gargaglia

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2 COMMENTI

  1. nell’ultimo anno hanno ucciso almeno un centinaio di pini qui in zona, basta pensare alla Flaminia nuova ed alla Cassia.. pini sani..uccisi senza motivo. Si sta creando un odio per queste piante considerate da sempre il simbolo di Roma tanto che si chiama pino domestico romano in realtà non solo domestico.
    Il pino caduto l’altro giorno sulla Flaminia nuov come abbiamo già fatto presente noi residenti è caduto perchè due giorni prima nel fare i lavori gli hanno buttato il cemento bollente sulle radici. altri cadono perchè mal potati.. e la storia delle radici una mega bufala..ci sono strade asfaltate con criterio e fatte bene con pini secolare in altre città anche del mondo dove non c’è un dosso, una crepa nel manto stradale e dove non cadono mai perchè non vengono potati in altezza come succede qua ma rimangono larghi e robusti e più accanto uno all’altro. levare tutti i pini come sta accadendo e non ripiantumando nulla oltre a rovinare l’estetica della nostra città non creerà nulla di positivo. Un’altra cosa è non cementificare gli alberi alla base senza lasciare un minimo di terra si sa che vivono di ossigeno anche dalla terra e così non respirano. queste cose le può testimoniare chiunque e mio marito è agronomo. grazie

  2. Sono d’accordo con Bea, non sono agronoma ma il buonsenso porta a capire che un albero è come un bambino: una vita preziosa che deve essere protetta io più possibile creando le condizioni massime affinché resti in salute

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