Home ATTUALITÀ Ex Questore Tagliente: “Sicurezza a Roma Nord, ecco cosa serve”

    Ex Questore Tagliente: “Sicurezza a Roma Nord, ecco cosa serve”

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    ArsBiomedica

    Classe 1949, laurea in Legge, residente a Roma Nord, Francesco Tagliente, questore di Roma dal 2010 al 2012, dal 1967 è nell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza. Di esperienza ne ha, e pure tanta, tutta acquisita in incarichi di responsabilità sul territorio.

    E i problemi di Roma li conosce bene perchè dal 1986 al 1995 ha diretto la Sala Operativa della Questura di Roma assicurando il controllo della capitale e il pronto intervento.
    Dal 1995 al 2000 ha poi ricoperto l’incarico di Capo di Gabinetto di quattro diversi Questori di Roma, occupandosi del governo e della gestione di tutti i servizi di ordine e sicurezza pubblica, compresa la gestione dei ‘Grandi eventi’ tra cui il Grande Giubileo del 2000 e la Giornata Mondiale della Gioventù.

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    Dopo sei anni trascorsi a dirigere l’Ufficio Ordine Pubblico del Ministero dell’Interno, nel 2006 viene nominato questore di Firenze, dove resterà per quattro anni per poi tornare a Roma nel delicato incarico di Questore che ricoprirà fino al 2012, anno in cui il Consiglio dei Ministri lo nomina Prefetto di Pisa che sarà l’ultimo step della sua carriera nella PA, terminata nel 2014.

    Di questi tempi il tema della sicurezza è il nuovo mantra di ogni politico e sarà uno degli argomenti su cui si giocherà l’imminente campagna elettorale nazionale. Non c’è dibattito in cui i politici non sfoderino la propria soluzione sul tema anche alla luce dei recenti fatti di cronaca in ambito internazionale, fonte di preoccupazione dei cittadini italiani.

    Pochi giorni fa, Francesco Tagliente ha tenuto un’interessante conferenza alla LUMSA affrontando il tema della sicurezza, della percezione della stessa e dell’importanza di una buona comunicazione.

    Prendendo spunto da questo evento, ed essendo un profondo conoscitore della realtà romana, gli abbiamo posto alcune domande con uno sguardo anche a Roma Nord, dove peraltro vive.

    Secondo lei, quali sono le azioni che le forze dell’ordine dovrebbero attuare per debellare la micro criminalità a Roma Nord?

    Le Forze dell’Ordine devono continuare ad assicurare con sempre maggiore presenza e determinazione il controllo operativo del territorio. Aggiungo che la difficile situazione di Roma Nord, come il resto della città, sotto il profilo della vivibilità, della sicurezza e del decoro e è sotto gli occhi di tutti.

    Ci sono molte questioni da risolvere: micro criminalità diffusa, abusivismo, emergenza rifiuti con sporcizia per strada e fetore dalla spazzatura abbandonata fuori dai cassonetti stracolmi, erba incolta e marciapiedi divelti, buche, gravi problemi di trasporti, invasione di gabbiani, topi, e persino di cinghiali.

    Tutto questo rappresenta una grave ferita per la vivibilità cittadina, per il turismo e per l’economia.

    Aggiungo che il problema della criminalità è strettamente collegato al decoro urbano e non è direttamente riconducibile solo all’attività delle Forze dell’Ordine. L’ambiente urbano determina il comportamento sociale. Una lampadina accesa può essere preziosa per scoraggiare un furto.

    Voglio dire che nessuno può ritenersi detentore del monopolio della lotta alla criminalità così come nessuno può essere considerato il solo responsabile di quello che accade nelle nostre città.

    Le forze dell’ordine a Roma Nord sono sufficienti e ben distribuite?

    I due aspetti sono connessi, perché non c’è dubbio che se aumentasse l’organico sarebbe anche più agevole una diversa distribuzione.

    Tuttavia quando si registra una tendenziale carenza di risorse è necessario e doveroso ottimizzare quelle esistenti pianificando e finalizzando con cura il loro impiego su specifici obiettivi, prevedendo tempi e fattibilità degli stessi ed eventuali istanze per acquisire maggiori risorse.

    La capacità di razionalizzazione delle risorse umane e strumentali è il primo requisito richiesto ad un leader. Chiarisco meglio questo concetto ricorrendo alla retorica: da ragazzo, ammiravo mia madre che, pur avendo in frigorifero semivuoto, riusciva e preparare dei pranzi memorabili aprendo la tavola anche ad altre persone.

    Una zona ampia come il XV Municipio – circa 187 kmq e 160mila abitanti – rispetto a municipi più piccoli è più difficile da gestire in termini di prevenzione e controllo?

    Quello che può valere per i comuni, non vale per i Municipi di una realtà come Roma dove ogni Municipio, dal più grande al più piccolo, di fatto è una grande città.

    Nei piccoli centri urbani, dove le condizioni strutturali e ambientali consentono di coniugare la bassa densità abitativa e il decoro urbano con la reciproca conoscenza tra vicini, possono bastare poche risorse delle Forze di Polizia per influire positivamente sulla sicurezza urbana.

    In una realtà come i Municipi di Roma, grandi o piccoli, il controllo sociale informale si avvicina a zero anche perché spesso non ci si conosce nemmeno nello stesso condominio.
    A questo si aggiungano i problemi sotto il profilo della vivibilità, della sicurezza e del decoro che alimentano la percezione della insicurezza.

    In una realtà così ampia come il XV Municipio serve il “partenariato Territoriale”, un luogo fisico dove i rappresentanti delle Forze di Polizia, del Comune, delle Società partecipate e degli enti erogatori dei servizi pubblici di interesse generale ascoltino le esigenze dei rappresentanti delle categorie economiche e dei cittadini dei vari quartieri.

    Lei ha dichiarato che “per produrre sicurezza, reale e percepita, è importante fare attività di prevenzione e contrasto, farla bene e farla conoscere al meglio”. Quanto conta la comunicazione nella percezione della sicurezza?

    Con la comunicazione possiamo trasmettere sicurezza o insicurezza, fiducia o sfiducia, certezze o sospetto e paura.
    Se la comunicazione venisse distorta la percezione della insicurezza potrebbe superare la soglia della sicurezza reale.

    Per questo la istituzioni e le Amministrazioni hanno il dovere di promuovere tutte le iniziative possibili, sul piano legislativo, amministrativo ed operativo, per garantire il diritto a vivere e a sentirsi in sicurezza.

    Se aumenta l’attività di prevenzione e contrasto da parte delle Forze di polizia e diminuiscono i reati, ma aumenta la percezione di insicurezza vuol dire che c’è un difetto di comunicazione.

    I cittadini devono sapere che se un giorno dovessero trovarsi in una situazione di pericolo possono contare su istituzioni immediatamente accessibili, disponibili e potenzialmente in grado di dare la risposta il più rispondente possibile alle aspettative.

    Penso, al decoro urbano, penso alla incidenza della pronta risposta degli centralini di soccorso pubblico sulla percezione della sicurezza, penso all’ascolto attivo dei cittadini che versano in una condizione di disagio, penso al ruolo degli sportelli territoriali di ascolto e di un auspicabile Servizio di ascolto e sostegno dei soggetti che versano in situazioni di disagio.

    Ma penso anche alla capacità di garantire e comunicare la certezza della pena, penso al ruolo del controllo di vicinato sulla percezione di insicurezza, e in generale alla importanza della comunicazione anche delle cose positive che accadono nelle nostre comunità.

    Altra sua affermazione: “Una lampadina può avere il potere di scoraggiare la commissione di un delitto”. Anche l’ambiente urbano determina il comportamento sociale e la percezione della sicurezza?

    Non c’è bisogno di scomodare gli studiosi delle scienze comportamentali per capire che l’ambiente urbano determina il comportamento sociale, che una lampadina in più può scoraggiare chi vuole fare un furto e in particolare far aumentare la percezione della sicurezza.

    La mia storia professionale mi consente di sostenere con convinzione che una città più illuminata è più vivibile è più sicura.
    Per pianificare la sicurezza delle città partirei dalla illuminazione delle aree ritenute critiche, con scarsa illuminazione, privilegiando luoghi dei luoghi d’incontro e di socialità frequentati da donne bambini e anziani.

    Ultima domanda. Oggi tutti invocano le telecamere; pure il Campidoglio ha annunciato un pilot davanti ai cassonetti. Una soluzione che sembra fornire una facile risposta al problema. Lei non teme il rischio di un Grande Fratello di orwelliana memoria?

    Ben vengano le annunciate telecamere davanti ai cassonetti della raccolta differenziata nei 15 municipi di Roma. Finalmente sarà possibile documentare, a futura memoria, le responsabilità per la mancata raccolta differenziata a Roma.

    Quanto alla Privacy, nel bilanciamento tra il polo delle libertà e quello della sicurezza anche fisica, io sono orientato per il secondo anche alla luce del rigore dell’attività assicurata dal “Garante per la protezione dei dati personali” che è un’autorità amministrativa indipendente istituita dalla cosiddetta legge sulla privacy.

    Sono un convinto sostenitore che l’illuminazione della aree critiche come i parchi e un sistema di videosorveglianza intelligente sono determinanti per alimentare la sensazione di sicurezza.

    Aggiungo che anche la recente legge sulla sicurezza urbana si è occupata finalmente del tema prevedendo che nell’ambito della collaborazione interistituzionale i patti sulla sicurezza urbana e gli accordi per la promozione della sicurezza integrata, possono riguardare anche progetti per la messa in opera di sistemi di sorveglianza tecnologicamente avanzati, con software di analisi video per il monitoraggio attivo e invio di allarmi automatici a centrali delle forze di polizia o istituti di vigilanza privata convenzionati.

    Sul tema però invito l’Amministrazione capitolina alla cautela. Prima di fare nuovi investimenti si proceda al censimento e monitoraggio delle telecamere esistenti: oggi tutte le aree ritenute a rischio o più affollate sono dotate di sistemi di video sorveglianza di proprietà di enti pubblici e privati.

    In assenza di una anagrafe delle telecamere, a seguito di un evento delittuoso le forze di polizia sono invece costrette a disporre la verifica – porta a porta, strada per strada, con operatori di polizia sottratti al controllo del territorio – se in una determinata area ci sono telecamere, dove e quante sono, di chi sono, cosa riprendono, se funzionano, chi è il referente e chi è nelle condizioni di consentire la immediata disponibilità delle immagini.

    Romeo Difra

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    4 COMMENTI

    1. Servono risorse e personale. Punto. Se non si risolve questa parte del problema non solo non si darà sicurezza (anche “percepita”) ai cittadini, ma ci si illuderà di risolvere i problemi con delle telecamere che hanno scarsa efficacia come prevenzione, e spesso neanche come sanzionamento a posteriori. E la mancanza di personale e risorse diventa poi un ottimo alibi dietro cui mascherare le inefficenze dei servizi.

    2. Aspettiamo che queste belle parole si trasformino in realtà . Sono una cittadina Italiana , vivi in via Ischia di Castro , dove prostituzione , spaccio e delinquenza sono all’ordine del giorno …. ma io non vedo le forze dell’ordine . Noi ci stiamo organizzando per una vigilanza privata armata. Venite a vedere …. confrontatevi con noi ! Abusivismo , gente senza documenti , buchi dove vivono , bambini ! Venite a vedere

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