Home TEMPO LIBERO Blonde Redhead all’Auditorium: spettacolo colto, intelligente, per palati sopraffini

Blonde Redhead all’Auditorium: spettacolo colto, intelligente, per palati sopraffini

Blonde Redhead auditorium 1
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Una serata per celebrare Misery Is A Butterfly, il loro sesto album, pubblicato nel 2004, con l’esecuzione dal vivo dei brani ivi presenti e l’aggiunta di una manciata di altre chicche. Questo è stato il concerto dei Blonde Redhead sabato 23 luglio alla Cavea dell’Auditorium.

La band newyorchese formata dai gemelli Amedeo e Simone Pace e dalla cantante Kazu Makino ha fatto tappa a Roma per il minitour italiano col quale stanno riproponendo non solo un album tra i più belli del loro repertorio ma anche uno dei cardini dell’alternative-rock del nuovo millennio.

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I tre lo hanno eseguito insieme ad un quintetto d’archi, ad amplificare la caratura sinfonica di un lavoro che per la prima volta li vide alle prese con orchestrazioni classiche, loro che negli Anni’90 furono parte del riflusso noise/post-rock ed erano cresciuti sotto l’ala protettrice di Steve Shelley, batterista dei Sonic Youth. Poi, la svolta, con il progressivo ingentilimento del loro sound fino ad assumere le fattezze odierne.

Blonde Redhead auditorium 2Per ragioni tecniche, i dieci tasselli di Misery – ne manca all’appello uno, Doll Is Mine – non vengono suonati seguendo l’ordine della tracklist originale, ma questo non scalfisce la tensione emotiva della serata e anzi ne aumenta l’effetto sorpresa.

Da Messenger a Elephant Woman, da Melody alla title-track, da Anticipation a Falling Man: ogni attacco, un colpo al cuore. E ogni volta, alle prime note, risuona l’applauso dei pochi presenti seduti tra parterre e tribuna.

Pochi, sì, perché i Blonde Redhead non sono mai stati una band di massa e mai lo diventeranno. La loro è musica da intenditori, da scantinato newyorchese, da bettola jazz. E fin troppo sono stati alti i loro numeri in vent’anni di onorata carriera, complice anche il passaggio – nel 2004 – ad una major come la 4AD, con Misery ad inaugurare una serie di lavori che hanno aperto alla band prospettive più ampie ed una fama che avrebbe presto iniziato risuonare ben oltre il ristretto circolo dei cultori underground.

Amedeo a disegnare scenari eterei alla chitarra, Simone coi suoi tempi dispari alla batteria e Kazu a dividersi tra voce, mellotron e sei-corde. Un’ora scarsa di show fila via come l’acqua.

Blonde Redhead auditorium 3Dopo un breve intervallo, la band riempie la seconda parte di spettacolo con due pezzi dall’ultimo Barragàn, ossia No More Honey e Mind To Be Had, prima di presentare due brani inediti di cui uno, Three O’Clock, davvero molto bello. Nessuno dei due però finirà su un nuovo album. Anche perché non ci sarà nessun nuovo album, almeno a breve.

L’unico bis, reclamato a gran voce dal pubblico nel frattempo riversatosi in piedi sotto il palco, è Equus, a chiudere una serata iniziata e finita celebrando Misery Is A Butterfly. La Makino stavolta canta a piedi scalzi, scevra da quegli stivaletti con tacco 12 che evidentemente la stavano massacrando.

Il finale è un tripudio, con la vocalist che si concede al pubblico delle prime file stringendo mani ed elargendo sorrisi, e la gente che se ne va anch’essa sorridendo, appagata da uno spettacolo colto, intelligente e per palati sopraffini.

Valerio Di Marco

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