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Gli artigiani di via Camposampiero

Consorzio Due Ponti
Galvanica Bruni

Quando si parla di microimprenditorialità e pregevolezza del manifatturiero italiano è per elogiare un modo nostrano di fare le cose. Un giro in via Camposampiero, dove c’è il più grande polo artigiano di Roma Nord, è un buon modo per mettere a fuoco il “made in Italy”. Qui infatti, è declinato all’eccellenza.

Quella del Consorzio Due Ponti è una realtà che non molti conoscono ma che va raccontata. Sorge su un terreno demaniale situato in zona Tor di Quinto, in un’area compresa fra via Camposampiero, via Possagno e via Flaminia, proprio a ridosso di via Due Ponti. Vi sono attive circa 70 aziende che danno lavoro a 800 persone, ed è una storia che ha inizio nel 1960 con il primo insediamento.

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Non chiamateli “abusivi”

Prima regola non chiamarli abusivi, perché – documenti alla mano – non lo sono mai stati. E le carte in loro possesso che abbiamo potuto consultare pare lo dimostrino.

Negli ultimi tempi, infatti, ha tenuto banco la questione relativa al loro trasferimento in zona Prima Porta per rendere possibile i lavori di ultimazione della chiusura dell’anello ferroviario tra Vigna Clara e la Nomentana, con la stazione di Tor di Quinto a fare da nodo di scambio, un fatto atteso da decenni a Roma Nord.
E i lo capannoni sorgono proprio sul tracciato in questione, tra le stazioni Vigna Clara e Tor di Quinto.

Loro, però, sono sempre stati regolari locatari dell’area, senza contare che il Consorzio negli anni è diventato parte integrante del tessuto produttivo cittadino, con ricadute positive anche sull’indotto: basti pensare che molte delle imprese consorziate hanno continuato incessantemente l’attività sin dalle origini e continuano ad essere gestite dai discendenti delle originarie maestranze.

Quindi la grossa infrastruttura progettata sul terreno dove ci sono le botteghe degli artigiani, e questi che non vorrebbero andarsene: fin qui sembrerebbe l’ennesima riedizione della diatriba “progresso vs lasciamo-le-cose-come-stanno”. Un pò come la TAV in Val di Susa.

Solo che l'”aggravante” – agli occhi di chi non conosce la questione – è che qui gli occupanti non sono proprietari del terreno. Ma loro a spostarsi sarebbero disponibili, basta che gli si dica dove e si trovi uno spazio adeguato.

Il Consorzio

All’area, aperta al pubblico, si accede attraverso un cancello scorrevole che viene chiuso solo a partire dal tardo pomeriggio, alla fine della giornata lavorativa. Via Camposampiero è una stradina costeggiata su ambo i lati da una lunga serie di capannoni.

Vetrai, falegnami, fabbri, marmisti, costumisti. Uno dietro l’altro, si conoscono tutti.
Sembra di essere nella Firenze del 1200, tranne per il fatto che questi artigiani non lavorano solo con sega e scalpello ma anche con macchinari di ultima generazione.

Il referente per il Consorzio è il presidente Aurelio Bruni, che è anche il titolare dell’omonima galvanica, tra le prime imprese ad insediarsi qui.

“La prima concessione del terreno per uso laboratorio e cromatura risale al 1961”, ci spiega Bruni mostrandoci il documento originale oramai ingiallito dagli anni. Chi era il titolare della concessione all’epoca? Aurelio Bruni. Non lui, però, ma il nonno.
Perché la loro attività di galvanica a Roma si è tramandata di padre in figlio e oggi dà lavoro a una ventina di dipendenti. I Bruni, assieme ad un pugno di altri artigiani, sono stati tra i pionieri qui a via Camposampiero.

Nel 1967 altra concessione, stavolta per la costruzione di un capannone. Nel frattempo il consorzio andava allargandosi fino a raggiungere le dimensioni odierne. La concessione però scade negli anni ottanta e non viene più rinnovata. Non per colpa loro ma perchè nessuno si cura più della questione.

E poi? Verso la fine del decennio gli proposero di spostarsi in zona Saxa Rubra, ma in vista del Mondiale di calcio italiano del 1990 l’area venne assegnata alla RAI per la costruzione del centro studi attualmente in uso.

Quindi? Niente, loro hanno continuato a lavorare come sempre. E a soddisfare la loro clientela oramai fidelizzata. Gli interni delle case di Roma Nord, da Vigna Stelluti a Vigna Clara fino a Fleming e Corso Francia, ma anche di varie ambasciate sulla Camilluccia, sono usciti quasi tutti da qui.

Tendaggi, pavimenti, mobili, infissi. Non solo privati però. Qualcuno di questi artigiani lavora anche per il Comune, è il caso – ad esempio – di una ditta di asfaltatura stradale, anche questa tra le prime ad insediarsi qui e il cui proprietario fa parte del consiglio di amministrazione del Consorzio.

Consorzio per il quale attualmente l’ultimo progetto di trasferimento, annunciato a grandi lettere dalla giunta Alemanno come definitivo e poi caduto nel nulla, risale al luglio 2011. Prevedeva lo spostamento degli operatori da via Camposampiero a Prima Porta, in un’area di circa 26 ettari poco prima del cimitero Flaminio.

Sarebbero stati investiti cinque milioni di euro per gli oneri di urbanizzazione e ad ogni artigiano sarebbe stato dato un lotto con concessione a 90 anni. Subito dopo tutta l’area di via Camposampiero sarebbe stata bonificata per permettere il completamento dell’anello ferroviario del quale mancano solo gli ultimi 7 km a partire dalla stazione di Vigna Clara.

Il Consorzio si era detto disponibile al trasferimento, ma pure lì sono sorte complicanze di natura urbanistica, a partire dal fatto che l’area individuata per l’assegnazione era in pendenza e non sufficiente ad ospitare tutti i capannoni, pertanto bisognava costruire edifici a due piani, con tutto ciò che ne sarebbe derivato in termini di sicurezza.

Di quel progetto, dal 2011, non s’è saputo più nulla. Ma non è detto che serva, poichè un comunicato stampa delle Ferrovie dello Stato dell’aprile 2015 sostiene che, “in riferimento alla linea Vigna Clara-Tiburtina per la chiusura dell’anello ferroviario Nord, per risolvere il problema degli insediamenti presenti nell’area di via Camposampiero è stato elaborato un primo studio di fattibilità con alcune varianti di tracciato per bypassare la zona occupata“.

Insomma per le FS va bene costruire i binari altrove. Anche perchè l’area del Consorzio sorge su un terrapieno realizzato negli anni trenta, e a occhio e croce farci passare sopra un treno non è il massimo.
In verità già nel 2001 le FS avevano scritto al Consorzio che erano disposte ad individuare un tracciato alternativo per la costruzione della ferrovia. Ma la palla era nelle mani del Comune, che ovviamente decise di non decidere.

Insomma quella del Consorzio è la classica storia all’italiana, con le istituzioni assenti e chi avrebbe voglia di lavorare, facendo con la propria attività da volano allo sviluppo, messo costantemente in difficoltà dalla burocrazia e dal lassismo della pubblica amministrazione.

Due esempi di professionalità made in Camposampiero

Prima di andare via ci concediamo un ultimo giro in questo straordinario microcosmo economico.

Il marmista.
“Io lavoro qui dal 1992 – ci racconta il titolare di una marmeria in via Possagno – ogni anno si dice che dovremo andare via ma poi non se ne fa nulla. Come può immaginare, un trasferimento per noi non sarebbe indolore poichè il grosso della nostra clientela ormai è qui a Roma Nord. Ma se decidono di mandarci via non possiamo farci niente”.

Che poi le ricadute negative maggiori sarebbero per le attività più piccole. Lui invece lavora anche all’estero. “Tra gli ordinativi che gestiamo ci sono anche quelli di uno studio di architetti con sede a Londra; quando ci chiamano andiamo su per le misurazioni e poi torniamo qui per la lavorazione.”

Nel capannone fa mostra di sé un macchinario per l’intaglio e la decorazione di grosse lastre di marmo che, presumibilmente, andranno a comporre il pavimento del salone di qualche villa chissà dove.

La ditta di tendaggi.
“Anche noi siamo qui da una vita – ci dice il titolare di una ditta di tendaggi che si trova poco più avanti – ma dire che siamo abusivi è una bugia. Ieri mi sono arrabbiato con un quotidiano on-line e ho telefonato alla redazione perchè in un articolo hanno usato questo termine senza nemmeno venire a rendersi conto di persona. Lei è il primo giornalista che vedo qui in tutti questi anni“.

E’ molto orgoglioso della sua attività. “Tutti i nostri dipendenti sono in regola, e per una società è un vanto, non una cosa di cui vergognarsi. Ho portato fino alla pensione più di un dipendente, e ne vado fiero”, ci dice aspirando l’ennesima sigaretta all’ombra del gazebo in giardino.

Tra i suoi clienti, anche qualche nome noto dello spettacolo, dello sport e della politica, che però per discrezione il nostro interlocutore preferisce non rivelare. Ma quello che conta è l’importanza, anche nel loro piccolo, di aziende come la sua per gli equilibri micro-economici di questa porzione di città.

Anche l’indotto è importante. Le faccio un esempio, magari banale: provi a chiedere quanti panini sforna ogni giorno il camioncino all’entrata del Consorzio”. In effetti all’ora di pranzo il punto in questione è un viavai di operai e dipendenti delle aree amministrative delle varie imprese.

Imprenditori, operai, tecnici, amministrativi…e paninari. Se ognuno facesse la sua parte questo paese sarebbe infinitamente migliore.
E il Consorzio Due Ponti ne è la dimostrazione, perché qui la “mano invisibile” di Adam Smith…diventa un po’ più visibile.

Gli artigiani di Via Camposampiero

Valerio Di Marco

© riproduzione riservata – proprietà EdiWebRoma

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7 COMMENTI

  1. Un nuove episodio della serie “L”Italia che si sviluppa non grazie alla Pubblica Amministrazione, ma nonostante la Pubblica Amministrazione”, e grazie alla misera miopia di elettori conniventi o distratti, che troppo spesso hanno solo badato al piccolo risultato immediato, senza avere una visione del proprio futuro.

  2. Ma perché “All’area, aperta al pubblico, si accede attraverso un cancello scorrevole che viene chiuso solo a partire dal tardo pomeriggio”?
    E’ una strada privata? A che titolo (e chi ha deciso) di poterla chiudere?
    L’articolo sembra privo di analisi critica ed eccessivamente buonista nei confronti di questi artigiani.

  3. Caro Fabio perché le critiche agli artigiani? Forse basterebbe capire e dialogare .
    Per quanto riguarda la strada Le faccio presente che sia la costruzione che la manutenzione è’ fatta dal Consorzio su indicazione e richiesta di R.F.I circa 50 anni fa’ , documenti alla mano….. Per altri chiarimenti sono a disposizione .

  4. Gentile Aurelio,
    non ho espresso critiche: ho solo fatto notare che un articolo -scritto da un giornalista- dovrebbe avere senso critico.
    Vista la sua gentile disponibilità, mi spiega lei a quale titolo la strada “aperta al pubblico” è stata chiusa? E’ una strada privata?
    grazie
    fabio

  5. Cari Fabio, Aurelio e SorChisciotte,
    la panoramica di Valerio DiMarco cerca di dare ai lettori di VignaClaraBlog.it un primo colpo d’occhio su una realtà ai più sconosciuta.
    Non era giustamente quello il luogo per entrare nel merito dei tanti problemi di cui soffre l’insediamento.
    I commenti ricevuti meritano però qualche approfondimento:
    – nell’entusiasmo di organizzare le Olimpiadi del 60, molte aziende artigiane – alcune già di grande dimensioni – furono trasferite ufficialmente sul rilevato ferroviario di Tor di Quinto, più che altro per essere state obbligate a cedere le aree che occupavano là dove sarebbe stato realizzato il villaggio olimpico.
    – dal ’59 sino all’inaugurazione dell’Olimpiade ci furono ben quattro governi. Mentre i Ministri dei Trasporti cambiavano, al Ministro dei Lavori Pubblici rimase sempre Giuseppe Togni. Constata una grave inerzia del Comune sul procedere dei lavori, Egli avocò a se tutti i lavori delle Olimpiadi. L’insediamento artigiano nasce quindi con tutta l’ufficialità possibile e con la piena disponibilità delle Ferrovie.
    – nel dopo olimpiade ritorna la gestione ordinaria del Comune di Roma. Da allora questa non ha mai affrontato il nodo che si era creato nell’emergenza. Ed è da allora che le ditte sono state abbandonate a se stesse: senza un piano di sviluppo e quindi senza possibilità alcuna di crescita. Ad oggi sono passati ben oltre 55 anni …!!!!
    (la vicenda ricorda un po’ la storia dei tanti villaggi dei terremotati sparsi per la penisola… I discendenti dei terremotati del 1915 della Marsica ancora oggi abitano quelli che all’epoca dovevano essere solo temporanei ripari di fortuna..)
    – dovrebbe essere onere (e vanto) di una buona amministrazione farsi carico dei problemi di un polo artigiano che si è legittimamente formato, colti come chance per la crescita verso una logica di PMI.
    Domanda Fabio del cancello: tutte le aree produttive di solito hanno necessità di sicurezza. Ma soprattutto la strada non è comunale, bensì sorge su terreno delle RFI ex FFSS. Da qualche parte esiste una stazione o uno scalo senza cancelli? La stazione di Vigna Clara e la ferrovia limitrofa sono aperti sempre ed a tutti?
    Cosa dire a SorChisciotte ? Si, Via Camposampiero è un nuove episodio della serie “L”Italia che si sviluppa non grazie alla Pubblica Amministrazione, ma nonostante la Pubblica Amministrazione”. Solo che gli elettori, conosciuta la vera storia, dovrebbero votare solo chi si fa veramente carico dei problemi e di risolvere palesi ingiustizie.
    Grazie dell’attenzione
    Renato

  6. Sono passato oggi sulla ciclabile che corre sul lato sinistro dell’insediamento di artigiani. Purtroppo in molti punti del terrapieno si notano sversamenti di rifiuti. Sarebbe interessante sapere di chi è la responsabilità…

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