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Roma-L’Aquila 10 aprile, cronaca di un viaggio nella disperazione

Duca Gioielli

laquila.jpgGiorgio Mori, consigliere del XX Municipio, si è recato in Abruzzo venerdi’ 10 aprile per consegnare generi di prima necessita’ a chi ha perso tutto nel volgere di una notte. Al rientro ha scritto un diario di questa giornata, sono appunti di un viaggio che nessuno avrebbe mai voluto fare. Glieli abbiamo chiesti, gentilmente ce li ha dati e li pubblichiamo volutamente oggi, giorno di Pasqua, per i credenti giorno di resurrezione ma per tutti giorno dal quale dovra’ risorgere l’Abruzzo.

Così scrive Giorgio Mori: “Quando si vive una simile esperienza, l’unica cosa possibile, se si vuole evitare di disperdere quei particolari che la rendono indimenticabile nella propria vita, è scrivere tutto di getto immediatamente senza attendere che il tempo annacqui i ricordi.
L’opportunità di un simile viaggio era stata già oggetto di discussione nel XX Municipio per tutta la settimana. Andare laggiù dove tutto è crollato seguendo un nobile istinto di solidarietà o, più responsabilmente, seguire le indicazioni della Protezione Civile e restare nella capitale ad aiutare l’organizzazione della raccolta dei beni di necessità per le terre colpite dal terremoto? Ebbene la scelta istintiva stavolta è stata certamente quella giusta.
Oggi noi sappiamo cose che, prima del viaggio, non conoscevamo e possiamo farle fruttare per le successive fasi che saranno certamente le più difficili. E’ opportuno saper contenere nel tempo la solidarietà se veramente si vuole fare il bene del soggetto ricevente. Questa è una delle ragioni per le quali si è pensato bene di rinviare alcune donazioni che i cittadini volevano fare nei giorni scorsi, in quanto le quote di “domanda” erano state già raggiunte (acqua, medicinali, cibo…)

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Alle ore 13.30 di venerdì 10 aprile 2009, presso l’Autogrill di L’Aquila Ovest, per svariate ragioni ed all’interno di diverse missioni, si sono incontrati il coordinatore del Lazio di Fare Ambiente, Piergiorgio Benvenuti (ex consigliere della provincia di Roma), Fabio Ficosecco (Cons. XV Municipio), Giuseppe Calendino, Federico Targa ed io (Consiglieri del XX Municipio), Eugenia Favaro, Arianna Rossi e Giovanni Tomaino, insieme a molti altri. Le carovane di cui facevamo parte erano in attesa che il lungo convoglio dei carri funebri uscisse dal Centro della Guardia di Finanza dove le autorità presenziavano insieme al popolo aquilano. Noi non sapevamo cosa ci aspettava, ma abbiamo saputo poi che, per un’ora intera, tutti si sono fermati nella piazza in lacrime nella “condivisione del dolore”.
Io con Benvenuti e Ficosecco, che avevano raccolto a Magliana e Marconi una grande quantità di materiale, mi dirigevo verso alcuni campi periferici, tra cui quello dello Coordinatore dell’Abruzzo di Fare Ambiente, Carlo Frutti. Lo incontravamo presso il campo di Poggio di Roio, dislocato intorno alla facoltà, ora inagibile, di Ingegneria. Solo un colpo di fortuna ha impedito che ci fosse stata una strage di studenti nei giorni precedenti.

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L’ingresso nel campo indica una certa assenza di ruoli precisi nella gestione del campo. Alcuni scout sembrano i responsabili “di fatto” a cui riferirsi per valutare l’eventualità di scaricare parte del materiale che però non sembra gradito in quanto già presente. Il fatto risulta contraddetto quando alcune donne ci avvicinano chiedendo coperte, piumoni e trapunte. Osserviamo alcune donne mentre lavano della verdura in un lavatoio improvvisato comune.

L’amico Frutti ci ospita nella sua tenda, mentre l’anziano padre si trova a letto, e ci racconta i fatti: “Alle 3.32 sente un boato e scende in strada, ma la luce gli impedisce di capire cosa è successo. Lui non può vedere, ma scoprirà che tutte le case intorno sono cadute. Nell’incertezza preferisce restare sotto casa fino all’alba, quando osserva la tragedia. Nel paese ci sono “solo” due morti. La prima notte viene trascorsa in strada, dormendo nella macchina. Martedì prende coraggio, scende in città e ottiene le prime tende della Protezione Civile. Solo successivamente è stato organizzato il campo”. Quando noi arriviamo troviamo dunque una buona organizzazione, ma sono passate solo cento ore e questo non deve essere dimenticato.
Vediamo che esiste una tenda bianca che funge da infermeria, una reception e infine una Chiesa. In questa Chiesa si trova una Madonna che viene retta da due seggiole che ne garantiscono la stabilità da eventuali scosse. Scarichiamo parte del materiale e lo facciamo mettere nella “tenda magazzino”. I giocattoli non sono accettati perchè ci sono solo 4 bambini e non neonati.

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Decidiamo di spostarci in un altro campo. Passiamo dal centro di Poggio di Roio, dove io posso osservare una scena indimenticabile. Il prelato che vive nella casa accanto alla Chiesa, peraltro semidistrutta, del paese, chiede ai Vigili del Fuoco di salvargli almeno la croce che, presumo, considerava l’unico bene da salvare. Peraltro scopro in seguito che ha dovuto farsi comprare a Chieti, in mattinata, il necessario per celebrare messa nella chiesa da campo.
Ho una certa perplessità quando osservo che fa chiudere il cancello di casa, senza fare uscire il piccolo cane che vi si trova dentro. Scendiamo per una strada diversa, ma osserviamo che nel campo ben costruito di P….., dove due militari armati controllano l’accesso alla città vecchia, non sembra vi sia necessità di nuovi aiuti.

Ci rechiamo allora a S.Rufina dove c’è stato un morto a causa della caduta di un pezzo del campanile della Chiesa. (solo dopo scopriremo che era una burla, una voce metropolitana infondata…). Qui il campo è gestito della Protezione civile della Regione Veneto. Tutti i mezzi sono targati Verona e la gente ha un accento del nord. C’è tensione. Comprensibile. Un uomo si accanisce contro Berlusconi e non è facile capire quanto sia frutto di battaglie ideologiche e quanto della disperazione di chi sta perdendo tutto.
Usufruiamo dei bagni Sebach (prefabbricati) e immaginiamo quanto sarà difficile farlo dopo il primo mese. Osserviamo che tutti coloro che ci raccontano le loro storie, riferiscono di portare gli stessi vestiti dal momento del sisma delle 3.32. Rileviamo quanto ormai sia compromessa la posizione della chiesetta del paese.

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Ci spostiamo per recarci in un’altra località e per fare questo passiamo in strade abbastanza pericolose in quanto i muri di contenimento laterali sono caduti frequentemente. Nel nostro percorso ci fermiamo davanti ad un supermercato in margine di un quadrivio che porta al centro di L’Aquila. Io vedo che il market è illuminato dentro, mentre nella bacheca esterna ci sono importanti locandine di giornali. In una di queste si osserva “L’Aquila si sveglia col terremoto”. Io non capisco come possano aver affisso questi fogli dopo il sisma, ma scopro che il giornale è del giorno precedente alla scossa. Mi spiegano che, in realtà, a L’Aquila c’è il terremoto da prima di Natale.
In quell’istante mi sento tremare le gambe. Ho uno scatto che non trova corrispondenza con quello dell’uomo che mi sta di fronte. In realtà la saracinesca ha appena tintinnato vibrando e la commessa è uscita di corsa. Non avevo avuto le visioni… Era una bella scossa…

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Arriviamo a Colle di Roio quando ormai è l’imbrunire. Qui veniamo accolti gentilmente da dei carabinieri di Poggio Mirteto.  Ormai abbiamo esperienza. Chiediamo se hanno delle necessità specifiche e loro ci mostrano con una certa ingenuità una “lista della spesa” che cercheremo di soddisfare al più presto e metteremo a disposizione di tutti. Qui molti conoscono il nostro Municipio e le nostre iniziative (alloggio, acqua a Tor di Quinto, etc…)
Una scena indimenticabile è quella di quando sento una ragazza che, al telefono, dice ad un’amica: “ho una bella sorpresa per te. Ti ho trovato le scarpe!” Scoprirò dopo che la ragazza in questione era uscita di notte dopo la botta delle 3.32 senza scarpe e, da quel momento, era rimasta scalza. Mi spiegano che “questo è l’orgoglio abruzzese!” Ora capisco molte cose…
Anche qui i bambini non ci sono e rimettiamo dentro i giocattoli.
Mi spiegano che il campo è stato costruito ieri distribuendo la ghiaia giunta il giorno prima da Rieti attraverso un rapporto di amicizia di uno dei partecipanti del campo. Prima di andar via ci capita di vedere la distribuzione della cena e scopriamo che esiste un mezzo del tipo “paninaro zozzone” che serve le persone in fila ad attendere. La curiosa presenza di un filo spinato in mezzo al campo trova spiegazione nella presenza di problemi tra alcune famiglie. L’odio non ha frontiere e sospensioni…

Non riusciamo comunque a scaricare molto materiale e ci decidiamo a spostarci ancora. Ci dirigiamo verso Colle Fracido, dove troviamo una comunità che non ha avuto morti, ma certo non è ben rifornita, tanto che possiamo fornire una buona quantità di materiale.
Sta iniziando a piovere, i tavoli e le sedie sono ripiegati per la sera. Qui fa freddo ed hanno acceso un fuoco di fortuna bruciando quello che hanno trovato. La Caritas ha costruito un tendone-refettorio dove si può vedere la televisione e sapere quello che succede. Questo è un fatto anomalo perchè in realtà nessuno negli altri campi ha coscienza di quello che è successo al di fuori del proprio campo. Si vive di notizie raccontate, di voci sentite dire…
I bambini in questo campo sono stati portati via. Ci sono molti anziani soli, le cui famiglie sono andate via, sento scappare anche qualche parola di invidia sociale che però trova ragione di essere giustificata per la rabbia di chi è stato sfortunato.
Io decido di muovermi da solo accompagnato da una signora e salgo nel centro antico che è totalmente inagibile. Qualcuno mi incontra e sento che non sono gradito anche perchè la sindrome da “sciacallo” è forte e strisciante. Il centro non è nelle condizioni in cui abbiamo visto invece Paganica e Onna, ma la vicinanza degli immobili rende il passaggio davvero insidioso. La signora che mi ha accompagnato si rifiuta di passare tra gli edifici. Velocemente cerco di osservare le case e mi rendo conto che molte sono state abbandonate d’urgenza. La porte sono ancora aperte.
Osservo una cosa che avevo già notato in tutte le altre case e nel market. Le case hanno tutte i vetri rotti e questo rende difficile anche la vita in quegli immobili dove sembrerebbe esserci maggiore sicurezza statica.

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Scarichiamo il materiale che ci viene richiesto mentre veniamo int ervistati da una troupe di Studio Aperto. Infine decidiamo di andare al centro della Guardia di Finanza, proprio dove si è concluso da qualche ora il funerale. Arriviamo nel grande piazzale dove vi sono solo le sedie vuote, ma immaginiamo, visti i grandi spazi, che deve essere stata una cosa davvero impressionante. Le bare probabilmente erano poggiate sugli scalini. Noi non abbiamo visto il funerale, ma solo sappiamo quello che ci è stato raccontato da chi era presente.
Entriamo nella sala operativa ed io resto davvero colpito dall’attività frenetica che viene svolta in loco: sembra di stare alla NASA e questo mi colpisce in positivo, visto il poco tempo che è passato dall’evento distruttivo.
Il nostro intento è quello di segnalare le disfunzioni osservate nella giornata e ci destinano al Prof. Bernardo De Bernardinis, il vice di Bertolaso che ci accoglie in modo ospitale al tavolo e ci descrive puntualmente ed in modo esauriente l’organizzazione della Protezione Civile sul territorio.
Arriva Bertolaso che ci saluta con cordialità e segnala di aver stabilito due breefing operativi per le 20.30 e le 22.00. Resto colpito dalla sua lucidità, sembra che si sia appena svegliato. Impressionante.

De Bernardinis ci riferisce che la divisione del territorio è in COM. (Centri operativi misti credo…). Ci sono 8 COM e l’Aquila è il COM 1. Ogni COM è diretto da un gruppo di unità e le unità dei campi possono essere di tre tipi:
1. unità regionali della protezione civile. (si spiega perchè la zona da noi visitata era piena di veronesi.)
2. associazioni di volontariato nazionali o locali.
3. organi amministrativi. Sindaco o Prefettura.
Alcuni sono gestiti da autonome comunità, ma ogni COM ha un gruppo responsabile. La Protezione Civile nazionale opera da collante orizzontale nel fornire quanto richiesto. Il problema che noi abbiamo osservato però è che ogni campo ha delle necessità diverse e spesso chi gestisce i campi non conosce bene queste necessità perchè è distolto da adempimenti organizzativi. Inoltre non sembra ci sia un buon collegamento informativo tra centro di raccolta (Guardia di Finanza) e periferia (campi).
Quando penso a questo mi rendo anche conto però che sono passate solo 100 ore dal disastro e credo che ciò che è stato realizzato sarebbe stato impensabile solo 20 anni fa. Quando usciamo dal centro per un’uscita laterale però mi accorgo che il terremoto è sempre lì pronto dietro ogni angolo, anche negli uffici della Protezione Civile.
Torniamo a Roma e adesso sappiamo quali sono le vere necessità dei cittadini dell’Abruzzo”.

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