A volte avere una memoria fotografica aiuta a ricordare cose strane che ci colpiscono per particolari che non sappiamo spiegare. La nostra mente memorizza tante immagini in modo inconsapevole che poi riemergono all’improvviso legandosi una all’altra con una loro logica.
E’ così che quasi per caso ho notato dei graffiti di forma geometrica incisi su delle pietre che apparentemente non avevano un significato fino a quando, curiosando su internet ho scoperto essere uno dei simboli misteriosi conosciuti fin dall’antichità e diffusi in tutto il mondo antico ed ancora in piena fase di studio e censimento da parte di storici e archeologi. Essi rappresentano una struttura geometrica costituita da tre quadrati concentrici raccordati da quattro segmenti perpendicolari sui quattro lati e un foro al centro; essa è conosciuta anche con il nome di triplice cinta che in antico costituiva un gioco popolare di pedine conosciuto anche con il nome di Mulino, Smerello (dal latino merellus,pedina), oppure dal numero tre (tris,Trex,Tria) o Tabula Babula.
Questo passatempo ha origini molto antiche e i documenti ritrovati testimoniano la sua conoscenza da parte di diversi popoli del bacino del mediterraneo come Egizi, Greci, Fenici, e addirittura dai Vichinghi; questo gioco si trova graffito su edifici pubblici, templi, stadi, teatri, castelli basiliche, ed era conosciuto sia al tempo dei Romani che in epoca Medievale.
Lo ritroviamo su incisioni rupestri nel nord Italia, all’interno di monasteri, sui gradini delle Chiese e a Roma nei chiostri delle Basiliche: SS. Quattro Coronati, S. Giovanni in Laterano, S.Paolo e S.Lorenzo fuori le mura. Il significato di questa struttura geometrica è tutt’ora ambiguo, molti studiosi lo considerano semplicemente un gioco.
Ci si chiede però, se la “tabella” è incisa in verticale, come per esempio sull’ara romana di Sacrofano (Rm), come si poteva giocare? Oppure, perché incidere tre ‘cinte’ una affianco all’altra sulla soglia del portone del Castello di Magliano Romano (Rm), quando nel gioco ne bastava solo una? Sono quesiti che ancora attendono risposta.
Fra le ipotesi, almeno nel caso di queste due triplici cinte – mai censite, e individuate da chi scrive, si potrebbe provare a legarle con dovuta cautela alla storia dei Cavalieri Templari in quanto le stesse, furono ritrovate sulle pareti, (quindi usate come simbolo) delle celle del Castello di Chinon in Francia, dove furono imprigionati alcuni dei loro dignitari fra il 1303 e il 1312, durante il periodo corrispondente al processo all’ordine con la conseguente soppressione da parte di Papa Clemente V. Essi mantennero, anche se limitatamente, il loro potere nonostante privi di ufficialità; e forse vollero indicare la loro presenza con il ‘signum’ della triplice cinta testimoniando così quei luoghi dove persisteva ancora il loro dominio.
Di fatto questi due antichi borghi – Sacrofano e Magliano Romano -, fortificati già nel X-XI sec.. sono a pochi chilometri dalla via Cassia conosciuta dai pellegrini di tutta Europa come la via Francigena. Fra i compiti dei Cavalieri Templari rientrava la protezione di questi pellegrini in viaggio verso Roma. Si potrebbe ipotizzare quindi che le triplici cinte adottate dai Templari come simbolo di riconoscimento, segnalavano in maniera occulta i luoghi sicuri dove sostare e mantenere ancora contatti con l’ordine, ormai sciolto.
L’articolo è un contributo alla ricerca e agli studi già effettuati, ed è uno stimolo per i lettori a segnalare eventualmente altre triplici cinte nel nostro territorio.Si consiglia per un approfondimento il saggio uscito nel Novembre 2008 intitolato: ‘I luoghi delle triplici cinte in Italia’.
Alla ricerca di un simbolo sacro o di un gioco senza tempo?’ di Marisa Uberti e Giulio Coluzzi edito da Eremon. Si ringrazia inoltre i siti: www.archart.it, rivista online di archeologia e http://www.duepassinelmistero.com/ per le informazioni utili all’articolo.
Andrea Venier
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