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Virginia della Torre, scrittrice in erba di Vigna Clara

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“Ciò che resta di noi” è il primo romanzo scritto dalla giovanissima Virginia della Torre, scrittrice in erba che vive e studia a Roma nord nel quartiere di Vigna Clara. Virginia infatti ha solo 17 anni e lo scorso giugno, dato che non trovava case editrici pronte a scommettere sul suo lavoro, ha deciso di auto pubblicare il suo libro tramite Amazon.

E in pochi mesi il suo romanzo ha avuto un buon successo di critica e di pubblico. Sicuramente una bella soddisfazione e una piccola rivincita per la ragazza il cui sogno, da grande, è diventare scrittrice.

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“Scrivere è da sempre la mia passione – dice Virginia che frequenta il secondo liceo classico al Tito Lucrezio Caro e quando studia ha come sottofondo la musica raffinata di Einaudi o di Yiruma – Ho iniziato all’età di sei anni con la poesia. A nove anni ho vinto a Sanremo un concorso “Artisti con il cuore” e l’anno successivo ho vinto il premio della critica”.

Da qualche anno, invece, è passata alla narrativa. “Ciò che resta di noi”, ben 330 pagine, l’ha scritto in più fasi. Iniziato ad aprile 2014, l’ha terminato lo scorso gennaio ” Ma solo perché avevo da studiare – continua – e poi c’è stato un lungo viaggio in America…Oltre i viaggi, le mie passioni sono sciare, nuotare in mare e, naturalmente, la lettura”.
Il libro, ambientato nel 1986, narra l’ intensa e drammatica storia d’amore tra i giovanissimi Alessandro e Camilla, entrambi rinchiusi in un manicomio.

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Virginia, perché hai scelto di ambientare il tuo libro in un ospedale psichiatrico? “Volevo trovare un posto che fosse distaccato dalla realtà che viviamo. E il manicomio è un luogo lontano, distante. Ho scritto una prima bozza sulla app gratuita Wattpad e i commenti della community sono tutti stati positivi.

Così mi sono decisa a scrivere seriamente il libro ma prima ho fatto una lunga ricerca. L’ex manicomio di Santa Maria della Pietà, che è stato chiuso definitivamente nel 1999, è a Monte Mario, abbastanza vicino casa. Così un giorno, accompagnata da mio padre, sono andata a visitarlo e nelle mie ricerche ho scoperto, tra l’altro, che il nuovo ospedale psichiatrico ricominciò a funzionare nel 1913, il 28 luglio, stesso giorno della mia nascita…

Ho visitato più volte l’ex padiglione n.6 che nel 2000 è diventato il Museo della Mente dove si ripercorre la storia del manicomio, dalla sua fondazione come “Hospitale dé poveri forestieri et pazzi dell’Alma Città di Roma” alla definitiva chiusura, nel ’99, come ospedale psichiatrico.
Mi sono seduta sui banchi dove sedevano i malati e ho cercato di rivivere con la mente e di entrare col cuore in questo luogo triste e doloroso. Fino ad allora sconosciuto perché è un argomento che, a scuola, non viene proprio affrontato..”

Come mai hai ambientato la storia nel 1986? “Beh, ho immaginato la realtà di quegli anni, quando i miei genitori erano giovani..Penso che la qualità della vita fosse migliore, che tutto fosse più facile, anche i rapporti umani. E così il contrasto con la vita all’interno del manicomio sarebbe stato ancora più forte..In realtà la vicenda, che si conclude nel 1987, è scandita dalle pagine del diario che Alessandro scrive a Camilla..ma non voglio dire di più ..Anche se dal prologo si capisce il finale, viene comunque la curiosità di leggere perché la storia si chiude in questo modo..”

Alessandro e Camilla sono due anime sole..”Sì, sono molto diversi tra loro..Lui riflessivo, chiuso, un ragazzo spento anche a causa della lunga permanenza nel manicomio. Camilla invece è gioiosa, impulsiva e si trova rinchiusa in un luogo tetro che non le appartiene. Li accomuna, però, l’interiorità, la purezza d’animo..”

Che effetto fa a 17 anni vedere il proprio libro pubblicato? “Una grande gioia. Per me poi che sono di carattere timida, è stata un’emozione ancora più grande.. Hai visto che bella la copertina curata da Design Blu di Firenze? All’inizio non è stato facile perché le grandi case editrici non puntano sugli scrittori emergenti e le piccole chiedono in cambio di acquistare parecchie copie..Ma ringrazio i miei genitori, mia mamma soprattutto, di avermi sostenuto, aiutato e incoraggiato a non mollare..”

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Quali i commenti dei tuoi amici, dei tuoi insegnanti? “A scuola sono a conoscenza del mio libro solamente gli insegnanti di latino- greco e di storia-filosofia. Gli altri no, mi vergogno un po’ a divulgare la cosa.. Gli amici, quelli veri, mi hanno dato tutto il loro appoggio. A loro è piaciuto molto il libro..Ma la cosa curiosa è che il libro è piaciuto tanto agli adulti. I complimenti più belli li ho ricevuti proprio dai grandi”

Ti immaginiamo di fronte al computer a scrivere il tuo libro mentre i tuoi coetanei vanno in discoteca..E’ così? “In un certo senso sì. Tutto il tempo libero lo dedico alla scrittura che per me è un bisogno più che uno svago..E questo mio atteggiamento non è visto di buon occhio da alcuni miei coetanei il cui unico scopo è andare a Ponte Milvio o in discoteca..Anche se a volte mi sono sentita un po’ diversa dagli altri, dal “branco”, non importa. Io sono felice così..Ho tanti amici, giro la zona in macchinetta, mi vesto come tutte le mie coetanee con capi firmati dei negozi di zona. Mi differenzio solo da alcuni ragazzi per Ponte Milvio, che non frequento abitualmente ma solo per occasioni speciali come il compleanno di un’amica..”

Sei nata e cresciuta a Vigna Clara, ti senti a tuo agio in questa zona? “Certamente. E’ un quartiere molto bello. Forse la zona è un po’ esclusiva, un po’ elitaria ma, comunque, non la cambierei per niente al mondo. Mi piacerebbe però se nascessero circoli di lettura, club dove ritrovarsi e scambiare opinioni, letture, consigli..”

Ilaria Galateria

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