Home ATTUALITÀ Ponte Milvio, Travaglio schiaffeggia lecchini e cortigiani del giornalismo italiano

Ponte Milvio, Travaglio schiaffeggia lecchini e cortigiani del giornalismo italiano

Galvanica Bruni

aaa240.jpg“Il libro è dedicato ai lecchini. Di mio c’è solo l’introduzione, io ho solo messo ordine tra leccapolitici e leccapadroni”. In Italia abbiamo una stampa asservita ai poteri della politica e dell’economia. Per ragioni di spazio, mi sono dovuto concentrare sugli ultimi 20 anni, sulla seconda repubblica”. Esordisce così Marco Travaglio alla presentazione del suo libro “SLURP, dizionario delle lingue italiane. Lecchini, cortigiani e penne alla bava al servizio dei potenti che ci hanno rovinati” tenutasi giovedì 30 luglio al Chioschetto Ponte Milvio, all’ombra della Torretta Valadier.

Di fronte a più di duecento persone non si lascia intimorire e quello stesso Travaglio, sagace, tagliente, senza peli sulla lingua che a Servizio Pubblico di Santoro ne ha per tutti, lo ritroviamo tale e quale all’ultima serata prima della pausa estiva di Libri a Mollo, la fortunata iniziativa nata nel 2014 con il patrocinio del XV Municipio e organizzata da Libri&Bar Pallotta e dall’infaticabile Carmelo Calì con l’obiettivo di creare a Ponte Milvio un salotto letterario.

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Arriva da solo, non ci sono moderatori. Non ha voluto che ci fosse nessuno a presentare le 592 pagine del suo libro. Si accomoda tranquillo e microfono alla mano subito dà il via al suo discorso, a tratti colto a tratti esilarante. Travaglio forse non lo sa, ma ha un’ottima mimica. Tutto quello che dice è accompagnato da movimenti facciali e da gesti che non possono non far ridere il pubblico che più di una volta accompagna il proprio assenso con sonore battute di mani.

Inizia così un lungo excursus dei numerosi genuflessi nel mondo del giornalismo italiano. Personaggi che Travaglia non teme di chiamare pubblicamente “leccaculi”.

Vero è che giornalisti e opinionisti di tutto il mondo hanno da sempre elogiato e osannato i “grandi” del momento senza tener conto delle loro effettive capacità; il tutto ovviamente per un tornaconto personale. Del resto, in un mondo dove vince il più furbo, è sempre bene tenersi buoni i potenti. Ma anche se tutto il mondo è paese, l’Italia lo è un po’ di più. La cortigianeria, così la definisce Travaglio, in Italia predomina.

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Personaggi politici famosi, da Mussolini a Berlusconi fino a Renzi, son stati beatificati dalla stampa. E allora ecco che ne escono articoli che se di certo non sono cronaca, sono però senz’altro motivo di crasse risate.

Travaglio ne cita alcuni: “Cristiano Gatto scrisse che Berlusconi è più bello di Marlon Brando e Gian Cristiano Desiderio, giornalista di Libero, lo definì lo Julio Iglesias italiano per le sue doti canore. L’ Agenzia Ansa invece riferendosi a Monti scrisse ‘la sua riservatezza è proverbiale, intervistato nel 2004 rispose un no comment alla domanda sul nome del suo golden retriever’; certo, di fronte alla disoccupazione, di fronte ad una crisi epocale, siamo tutti davvero interessati alla riservatezza di Monti e soprattutto al nome del suo cane!
E ancora, La Stampa di Torino: ‘Renzi raduna folle come faceva il Messia’. Non manca all’appello neanche il Messaggero con ‘Maria Elena Boschi è stata la regista dell’elezione di Mattarella al Quirinale. La mediatrice dolce, la poliziotta buona, una vera ammaliatrice’. E Il Giornale di Sicilia ‘un vicino di casa di Mattarella dice che era sempre presente alle assemblee di condominio’ “.

Ma Travaglio ci tiene a fare una distinzione; “ci sono i leccaculo e i leccaculi”. Ad esempio, “Emilio Fede, sempre e solo al servizio di Berlusconi, è da annoverare nella prima categoria. Bruno Vespa invece nella seconda”.

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Secondo Travaglio c’è stato però solo appartenente alla prima che non lo ha fatto per un ritorno personale ma solo per compiacimento fine a se stesso. Il giornalista Renato Farina è riuscito a fare uno straordinario elogio alla salma di Andreotti che di certo, da morto, poco avrebbe potuto contraccambiare: “ha un volto riposato e roseo, non è mai stato così bello; il profilo sembra quello di un capo sioux addormentato. Ho notato che la famosa gobba non c’era più”.

Insomma, la cosa è chiara e semplice per Travaglio; ci si ingrazia il potere più forte, con articoli o considerazioni poco attinenti e in alcuni casi grotteschi. Quando poi la Storia fa tornare i nodi al pettine e quel potere crolla, ecco che quello stesso giornale cambia linea e direzione, alla ricerca del nuovo potente da asservire.

Le veloci e divertenti citazioni che Travaglio fa durante la serata, son solo piccole perle di un quadro molto più ampio e preciso del suo gustoso libro presentato a un parterre tristemente divertito e che comunque è rimasto lì compatto per oltre due ore.

A titolo esclusivamente personale era presente anche Alessandro Di Battista, deputato del Movimento 5 Stelle e nato e cresciuto a Roma Nord, che salutando Travaglio si è complimentato con lui per l’ottimo quadro che ha fatto della realtà.

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Se le grandi testate sono di sicuro quelle che hanno più eco, è pur vero che esistono tanti giornali e quotidiani di territorio che fanno forse meno rumore, ma di certo hanno gli stessi obblighi e impegni morali dei grandi. E allora vien da sé che non abbiamo resistito a chiedere a Travaglio come incide e quanto conta l’informazione locale, quella che per esempio noi di VignaClaraBlog.it cerchiamo di dare con precisione, passione ed onestà intellettuale.

“Lo street journalism – ci risponde – conta molto, è a strettissimo contatto con il territorio. Forse è per questo che deve stare ancora più alla larga dai poteri forti; se non si cade nel commerciale, se non si ricerca il guadagno a tutti i costi arrivando a fare compromessi per dare spazi pubblicitari a chi poi può interferire con il lavoro del giornale, allora lì sì che si fa vero giornalismo”. Possiamo andare via contenti: Travaglio non ci menzionerebbe mai nel suo libro.

Valentina Ciaccio

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