Home ARTE E CULTURA Guglielmo Poggi: “Smetto quando voglio”

Guglielmo Poggi: “Smetto quando voglio”

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Galvanica Bruni

Ha 22 anni ed è già un attore professionista. Tv, cinema e teatro. Ma anche musicista e attento alla politica. E’ un ragazzo normale, ironico e lucido. Guglielmo Poggi, giovanissimo talento di Ponte Milvio, oggi esce un film che lo vede nel cast. Lo abbiamo intervistato e ci ha parlato di come un giovane artista vede il lavoro e il quartiere dove vive. Guglielmo è figlio d’arte e da sempre indirizzato al palcoscenico ha deciso di prendersi sul serio.

Perfezionandosi e facendo gavetta, malgrado la giovane età, il suo volto si sta facendo conoscere.

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La sua ultima fatica è “Smetto Quando Voglio” di S. Sibilia, una commedia sulla falsariga di un’Italia che si deve reinventare criminalità (dis)organizzata per sopravvivere: la storia di un gruppo di ricercatori universitari che si impongono come una sgangherata banda di malviventi e spacciatori pur di campare (cosa che con un dottorato non riesci a fare). Lo abbiamo intervistato.

Guglielmo, quanti anni hai, che studi hai fatto? Ho ventidue anni, sono diplomato al liceo classico Tito Lucrezio Caro, all’accademia Corrado Pani e frequento il Centro Sperimentale di Cinematografia. E sono cresciuto a Ponte Milvio.

Traguardi raggiunti? Malgrado la tua giovanissima età, puoi definirti un professionista… Teatro e Cinema degni di questo nome. Viva l’Italia, di Max Bruno, record di incassi Italiano per molte settimane e il record di spettatori al Globe Theater di Roma, per serata, per stagione e in assoluto nella storia del Globe, con il Romeo e Giulietta di Gigi Proietti del 2013. Che sono i traguardi ufficiali; l’affetto e la stima sincera di un set, l’abbraccio di una compagnia e l’ammirazione di uno degli ultimi Maestri di questa arte ancora in vita, sono i traguardi personali che danno un senso alle rinunce, alle delusioni nere, al guadagnare, nel giro di un anno, quasi quanto un cameriere. Quasi.

Giovane o meno, ti puoi definire un professionista quando ti puoi permettere di scegliere. O perché hai guadagnato abbastanza da rifiutare un lavoro che non ti piace o perché sei abbastanza famoso da fare Camus in teatro riempiendolo di adolescenti e facendoglielo piacere. Questa è l’unica domanda a cui mi permetto di rispondere dilungandomi: recitare è la cosa più difficile del mondo. Proprio perché sembra la più semplice.

E come tutte le cose apparentemente semplici, dietro c’è un lavoro spasmodico, ossessivo, imponente; inseguire la precisione, la sfumatura, la verità (nel senso più alto del termine) è il senso di questo mestiere, a maggior ragione oggi che il livello nel mondo è così alto da fare paura a chi, come me, sente di non poterci arrivare nemmeno fra cinquant’anni. Questa ossessione quotidiana vuol dire essere un professionista. Meno di questo, è hobby. (spero di aver messo in guardia abbastanza lettori dal cercare di fare il mio stesso mestiere).

Malgrado i ruoli ancora marginali ma in film molto importanti, quando esci di casa c’è qualcuno che ti riconosce? Per un certo periodo Viva l’Italia è passato su Sky un giorno sì e l’altro pure. Max però mi aveva voluto rasato a zero e il film l’ho fatto con la boccia. Tempo di farli ricrescere ed esce il film. E nessuno ti riconosce più.

Il gioco infatti è dire: “hai visto Viva l’Italia? Sì, sono quello che fa il rap dando della merda al padre. Sì, il figlio di Gassman.” E tutti ti guardano come un alieno, e ti dicono “noooo, non ci posso credere (aggiungendo quei tipici “zzoè” “calcola” che gli autoctoni conoscono bene) a zì, non t’avevo riconosciuto mai! Ma poi figlio di Gassman.. Sei uguale a lui!”

Sta per uscire “Smetto quando voglio” un inno alla generazione di chi ci sta provando con tutti i modi a non affondare. Cosa ne pensi del livello della cultura, dell’impiego e dell’aspettativa di vita in Italia e qui, fra Ponte Milvio e Vigna Clara? Chi sta a Vigna Clara non sta male, tranne rarissime eccezioni; noi di questo quartiere non facciamo testo. E’ quando frequenti un’accademia itinerante e “border line” di Roma e ti giri i quartieri brutti della capitale che ti fai un’idea. A maggior ragione me la prendo con i miei coetanei di quartiere: è l’epoca in cui il passo lo deve fare chi sta bene, perché (vedi sopra) può permettersi di scegliere.

Io sono molto severo sulla mia generazione: l’alibi della mancanza di spazio ci fa essere molli e mai coesi. Io non ho la ricetta, ma ogni generazione ha la sua droga. E noi abbiamo la fortuna di avere “Facebook” e non l’eroina. Bisogna rimboccarsi le maniche e fare le cose per bene. E ricominciare dalla cultura. Che è l’unico modo di cambiare la testa della gente. C’è chi può permettersi di scegliere e chi non può. E “Smetto quando voglio” parla proprio di chi non può. Di tutte quelle menti che potrebbero rendere questo un paese da invidiare e che invece è costretto a scappare. O a rimanere e arrendersi.

Puoi farci un’anticipazione sul film? Sì: fa ridere dall’inizio alla fine, gli attori non sono i soliti comici della televisione che fanno incassare al botteghino ma sono ATTORI, e recitano da attori (e vedrete quanto bene), e un film che in Italia non si è mai visto ed è stato fatto “co du lire” da un gruppo di giovani professionisti veramente bravi. Ed è verde.

E’ verde? Andatelo a vedere e ditemi se non ho ragione.

Un’altra tua passione è la musica, sei stato cantante in gruppi cover e attualmente militi in una band che compone brani originali Credo che siano i momenti più emozionanti che mi offre il palcoscenico. Quando canto e suono. Anche più di quanto recito. Ma questo succede perché è nella sfera dei sogni. Non faccio il musicista di professione, altrimenti potrei fare la filippica di prima sulla recitazione cambiando i termini, dicendo che i locali non pagano i gruppi, che se non fai X Factor nessuno ti conosce e i vari bla bla bla che tutti conosciamo. No.

Preferisco dire che gli “Eretica” sono un progetto sano e bello e che mi auguro che i ragazzi del mio quartiere possano apprezzare al più presto, perché parla anche a loro. E che suonare chitarra, pianoforte, basso, fisarmonica e mandolino è terribilmente divertente.

Tornando alla domanda di prima, come giudichi le poche e spesso bistrattate strutture (o possibilità di esibirsi) sia come teatro che come musica dal vivo a Ponte Milvio e dintorni? Male. E’ assurdo, non credete? Quanta gente viene, ogni sera, a Ponte Milvio? Quanta gente potremmo far confluire a eventi culturali, a concerti, spettacoli, quanto potremmo essere l’avanguardia culturale facendo divertire “meglio” la gente? Questo non sappiamo fare, e questa deve essere la nostra missione del future: far capire alla gente che la cultura e’ divertente, e’ bella, fa stare meglio e fa anche rimorchiare un sacco. Seguo molto la politica della mia zona e mi auguro che l’attuale amministrazione possa fare un’operazione radicale in questa direzione.

Progetti futuri? Sto finendo un progetto per la televisione molto faticoso perché recito in un complicatissimo dialetto del sud; quest’estate rifarò Romeo e Giulietta al Globe. E poi continuo con gli Eretica e sarò il protagonista di una serie che, se tutto va come deve andare, sarà destinata a fare un gran casino. Finito il centro sperimentale voglio andare a vedere che aria tira in giro per il mondo. Credo di dovermi trovare davanti ai mostri veri per capire quanto sono indietro e stimolarmi a un cambiamento radicale.

Posso sembrare un presuntuoso artistoide di roma nord. No. Sono più un “burlone” di roma nord. E adoro ritrovarmi con gli amici al bar come ho sempre fatto da quando ho 14 anni e guardare le ragazze che passano. Amo questo quartiere proprio come amo Roma: lo amo perché lo odio. E credo che un po’ anche il quartiere mi ami e mi odi insieme: ci desideriamo ma non riusciamo a incontrarci. Non è il massimo?

David Colangeli

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