3-4 ottobre 2021, a Roma si vota per eleggere il sindaco e l’assemblea capitolina, i quindici presidenti di municipio e gli altrettanti consigli municipali. Nel XV, che esce da un quinquennio targato 5 Stelle, il clima è teso in tutti i seggi. È caccia all’ultimo voto, centrodestra e centrosinistra mirano entrambi alla conquista del municipio.
In questo scenario si inquadra la vicenda che vede protagonista l’avvocato Giorgio Mori, già consigliere municipale per Fratelli d’Italia nelle precedenti consiliature e dirigente romano del partito, rimasto vittima, stando alla sua denuncia alla Procura della Repubblica di Roma, di un pasticciaccio, un presunto broglio elettorale che gli avrebbe impedito, da candidato FDI, di essere nuovamente eletto.
La vicenda si svolge tutta all’interno del seggio di una scuola in zona via Flaminia. Seggio nel quale il presidente, stando alla denuncia dell’avvocato Mori, impone agli scrutatori il suo modus agendi: i voti assegnati a una lista senza che sia stata espressa una preferenza diventano di default voti di preferenza per il capolista.
Questo farà sì che al n.1 della lista Fratelli d’Italia giungano inaspettatamente in quel seggio così tanti voti di preferenza – 95 anziché 5 – da farlo risultare, a elezioni concluse, il primo dei tre eletti FDI in Municipio. Mori arriva invece quarto. La differenza fra i due è di un’ottantina di preferenze.
Questo fatto a Mori non va giù. Riesce a contattare due scrutatori di quel seggio, li incontra, e alla presenza di un testimone raccoglie le loro confidenze. Come si legge nella denuncia, i due gli riferiscono “…che la Presidente del seggio aveva impartito l’ordine agli scrutatori secondo cui ‘tutti i voti destinati alle liste, ma sprovvisti di preferenza espressa, devono essere assegnati al capolista di ciascuna lista’”.
In buona sostanza, secondo Mori “lo scrutinio sarebbe stato posto in essere solo dal Presidente e dal Segretario che avrebbero letto le preferenze agli scrutatori che ne prendevano nota… e pertanto non potevano sapere se quel nome fosse effettivamente scritto oppure era frutto dell’ordine impartito dalla Presidente e dunque, in tal caso, sarebbero stati indotti in errore in relazione alla fama dei verbali che dunque contenevano riscontri ideologicamente falsi”.
Con questo modus operandi, rivelatosi non conforme alle disposizioni elettorali comunicate dal Ministero dell’Interno, in quel seggio a tutti i capilista venne assegnato un rilevante numero di voti di preferenza sconvolgendo però di fatto l’esito elettorale e causando a Mori la mancata elezione al seggio di consigliere municipale.
Forte di queste dichiarazioni, nel 2022 Mori si rivolge al Tribunale Amministrativo del Lazio per ottenere l’annullamento del risultato elettorale ma il TAR non gli dà soddisfazione.
Convinto di avere ragione, nell’aprile del 2023 si rivolge alla Magistratura penale con una denuncia querela nei riguardi del presidente di seggio accusandolo di falso ideologico in atto pubblico, di violenza privata ai danni degli scrutatori e di compimento di atti cagionanti la nullità di una elezione.
L’esito della denuncia, se non potrà ribaltare i risultati elettorali, gli renderà almeno giustizia. Questo è l’obiettivo di Mori.
Ricevuta la denuncia, la Procura dà mandato alla Polizia Giudiziaria di sequestrare il materiale elettorale di quel seggio, di verificare la fondatezza dell’accusa confrontando le schede con i verbali e quindi di rispondere alla domanda: è vero che ai capilista sono stati falsamente assegnati più voti di preferenza di quanti gli elettori ne abbiano esplicitati?
La risposta, dopo la verifica scheda per scheda e il riconteggio fatto dai funzionari di Polizia, è sì, è vero. Il PM ne prende atto e a novembre 2023 trasmette il fascicolo al GIP chiedendo il rinvio a giudizio del presidente di seggio.
È notizia di questi giorni che l’udienza preliminare si terrà il prossimo 21 novembre. In quella sede il Giudice valuterà se accogliere tale richiesta rinviando l’imputato a giudizio oppure respingerla, pronunciando una sentenza di non luogo a procedere.
In linea teorica, potrebbe anche accadere che l’imputato chieda invece il rito abbreviato, lo prevede il codice di procedura penale.
Claudio Cafasso
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