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Il Paradiso svelato da Emiliano Pellisari

Duca Gioielli

pellisari.jpgLo abbiamo recensito qualche giorno fa: quarto ed ultimo appuntamento del Festival Internazionale della Danza in programma al Teatro Olimpico fino al 22 aprile, “Paradiso” è uno spettacolo magnifico che aggiorna la terza cantica della “Divina Commedia” al XXI secolo regalandole una dimensione inedita ed accattivante ed una chiave interpretativa eccezionale. Ne riparliamo volentieri avendo avuto l’occasione di scambiare due chiacchiere con Emiliano Pellisari, “l’artigiano teatrale”, creatore e coreografo di una rappresentazione capace di mettere d’accordo il pubblico e la critica.

Oltre ad essere il finanziatore e il direttore artistico della compagnia che nasce nel 2005 e che porta il suo nome, Emiliano Pellisari, come si legge sul suo sito, deve il suo stile agli studi sul teatro ellenistico e sul teatro fantastico rinascimentale, oltre che alle invenzioni meccaniche seicentesche.

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Studi in filosofia interrotti, mille mestieri svolti (muratore, falegname, elettricista, etc.), autore teatrale, scrittore con esperienze significative e diversificate in campo cinematografico, Pellisari è in grado di ricoprire qualsiasi ruolo nell’ambito dell’organizzazione e dell’allestimento di una rappresentazione teatrale, avendo acquisito competenze specifiche riguardanti la scenografia, i costumi, la regia, il disegno luci e così via, circostanza derivante da una sana ed insaziabile curiosità professionale, oltre che dall’esigenza di risparmiare denaro.

Per il lavoro compiuto a favore dell’opera del sommo poeta, Emiliano Pellisari ha ricevuto giovedì scorso al Teatro Olimpico l’Onorificenza della Società Dante Alighieri.

Perfetta interazione tra chi è in scena e chi sta dietro le quinte: un lavoro durissimo per arrivare a questo risultato, immagino… si, il lavoro per realizzare i miei spettacoli è molto duro e impegnativo: i danzatori (nel caso specifico Mariana Porceddu, che è anche coreografa, Patrizio Di Diodato, Chiara Verdecchia, Valeria Carrassa, Maria Chiara Di Niccola e Carim Di Castro) si allenano ogni giorno nel mio studio per perfezionare le tecniche coreografiche. Sono tutti danzatori con una solida base classica, ma la macchina teatrale che utilizziamo e della quale posseggo un brevetto li costringe a rimettere in discussione tutte le loro precedenti esperienze e adattarsi ad una grammatica coreografica completamente sovvertita.
Inoltre, l’interazione con i tecnici durante lo spettacolo deve essere perfetta e, solo se la regia, le luci, i movimenti scenici e i danzatori riescono a coordinarsi in modo armonico, lo spettacolo ha la poesia che era mia intenzione comunicare.  

Qual è oggi il significato dell’opera dantesca? Come ogni opera d’arte che sia veramente tale, credo che la “Divina Commedia” non abbia tempo. Ho voluto, però, riproporla al pubblico in una lettura contemporanea che potesse avvicinare e raggiungere anche un pubblico che l’approccio ‘scolastico’ aveva a volte allontanato e abituato all’idea di un’opera impegnativa e noiosa, soprattutto riguardo proprio al “Paradiso”, che delle tre cantiche è certamente la più complessa.  

Dopo l’incipit, cosa rappresenta il primo quadro? Le sfere rappresentano le intelligenze motrici della cosmologia aristotelico-tolemaica che fa da sfondo alla struttura del paradiso dantesco.  

I prossimi progetti dell’Emiliano Pellisari Studio? Tra i prossimi progetti c’è “Aria”, un’opera barocca nella quale un’orchestra dal vivo, due cantanti e sei danzatori ripropongono una versione molto contemporanea (e ovviamente ‘aerea’) di celebri arie barocche. Attorno al progetto si sta coagulando l’attenzione di diverse istituzioni che sono interessate a promuoverlo e a sostenerlo, speriamo bene…

Dopo avere ringraziato Pellisari per la sua disponibilità a rispondere alle nostre domande nonostante gli impegni di questo periodo gli lascino ben poco tempo libero, gli diciamo che sarebbe bello vedere riproposta tutta la trilogia – “Inferno”, “Cantica II” e “Paradiso”- al Teatro Olimpico, un’ipotesi che l’artista, “l’artigiano teatrale” (per prendere in prestito ancora una volta la definizione che lui usa per se stesso) ritiene possibile e (aggiungiamo noi) affascinante e suggestiva.

Giovanni Berti
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