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Via Volusia: “ridateci le nostre case”

Galvanica Bruni

manifestazione via volusia 10.12.2011Rabbia e commozione. Sono questi i sentimenti che hanno contraddistinto l’uggiosa mattinata di oggi, sabato 10 dicembre, sulla via Cassia, all’altezza degli svincoli del Grande Raccordo Anulare. Saranno stati circa una cinquantina i manifestanti che hanno voluto far tornare alla ribalta una vicenda che troppo spesso viene lasciata nel dimenticatoio. Stiamo parlando delle case danneggiate di via Volusia, quelle abitazioni rese inagibili a causa di fenomeni di slittamento del terreno dovuti ai lavori di realizzazione della galleria Cassia.

I residenti di questi edifici hanno voluto dare voce e corpo alla propria rabbia e all’enorme senso di ingiustizia che ormai da due anni li accompagna. Insieme a loro parenti e amici. Tutti uniti nel dire “vogliamo giustizia”, “ridateci le nostre case”.

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Noi di VignaClaraBlog.it siamo stati testimoni di questa mattinata che racchiudeva una precisa speranza: cercare di ottenere un po’ di attenzione, dai media ma soprattutto dalle Istituzioni, e di conseguenza la meritata giustizia.

Perché una manifestazione

Il signor Sabatino D’Emidio, uno dei residenti di via Volusia che si è trovato costretto ad abbandonare la propria abitazione, ci ha spiegato: “Manifestiamo perché stiamo subendo questa situazione”. Parole amare, ma che ben rendono l’idea di ciò che ormai da tempo questi cittadini si trovano ad affrontare.

Non risposte o mezze risposte. Cause civili. Spese su spese. I residenti coinvolti vorrebbero veder finalmente sbloccata la situazione con l’Anas. Speranza lecita, ma che sembra avere più i contorni di un’utopia.

Perché? Presto detto. Per i lavori di realizzazione della galleria Cassia sul GRA, l’Anas si è rivolta a ditte appaltatrici, queste a loro volta a ditte subappaltatrici. E poi ci sono le assicurazioni. Il risultato? Un lungo “scaricabarile” che, al momento, non ha fatto altro che ingolfare le cause, allungare i tempi e determinare ancora più costi.

Lo stesso signor D’Emidio ci ha detto: “Secondo gli avvocati, prima di dieci anni la situazione non si sbloccherà”. E così, in qualche modo, i cittadini hanno pensato di farsi notare e sentire. Con striscioni e cartelloni dal chiaro messaggio – “Anas ripaga le case che hai distrutto!!!”, “E’ una vergogna!!! 2 anni senza casa”, “Vittime del Raccordo”.

manifestazione via volusia 10.12.2011

Le persone che hanno preso parte all’iniziativa hanno attraversato più volte la via Cassia al grido: “Vogliamo le case”. Qualche piccolo disagio al traffico è stato registrato. Sebbene in questi giorni, complice la festa dell’8 dicembre, la città sia meno caotica del solito, i manifestanti di via Volusia hanno fatto arrabbiare qualche automobilista.

Se qualcuno, infatti, ha mostrato solidarietà, c’è chi ha prepotentemente suonato il clacson ed inveito contro la piccola folla. Tanto che ad un certo punto è arrivata una vettura della Polizia e poco dopo una dei Carabinieri. Se da una parte gli sguardi tradivano comprensione, dall’altra si è voluto far notare che non era quello il modo di far valere le proprie ragioni.

Ma quale altro modo è possibile? Sembravano chiedersi quelle persone assetate di giustizia. C’è chi ha detto: “Ci hanno buttato in mezzo a una strada e ora ci tocca anche pagare le cause”. E ancora: “Pagando le tasse il paradosso è che noi stessi stiamo sovvenzionando gli avvocati da cui ci dobbiamo difendere”.

manifestazione via volusia 10.12.2011

Scarsa attenzione

Purtroppo l’attenzione cercata non sembra esserci stata. Ridicolo il numero dei giornalisti presenti e a rappresentare le Istituzioni abbiamo notato solo il consigliere PD del XX Municipio Daniele Torquati. Troppo poco anche solo per sperare che da domani qualcosa possa cambiare.Perché la certezza che un giorno qualche tipo di risarcimento arriverà sembra essere presente in qualcuno. Ma quando? E quanto?

Mentre i giorni passano e le spese aumentano, tutti quei cittadini che sono stati costretti ad abbandonare le proprie abitazioni si trovano ancora con niente in mano. In molti casi si tratta di case costate sacrifici.

E il risultato qual è? Non essere più padroni del proprio, trovarsi a pagare spese legali per cercare di ottenere una qualche forma di giustizia, dover pagare l’Ici su case nelle quali non si può più abitare ed essere costretti a cercare una nuova sistemazione, il che ovviamente si traduce in altre spese. In tutto ciò le Istituzioni latitano e i media sembrano aver spento i loro riflettori.

E’ curioso, ad esempio, il fatto che il servizio registrato dalla trasmissione “Striscia la Notizia” lo scorso settembre ad oggi non sia ancora andato in onda. Viene proprio da domandarsi come mai dei cittadini in difficoltà, e non per propria negligenza, si trovino ad essere completamente abbandonati.

manifestazione via volusia 10.12.2011

La vicenda

Se per gli automobilisti lo scorso giugno è arrivata una bella notizia con l’apertura al traffico della galleria Cassia, per i residenti degli edifici danneggiati di via Volusia non c’è stata alcuna lieta novella. Chi ha trascorso una vita in quelle case e si è improvvisamente trovato costretto ad abbandonarle sta ancora cercando giustizia.

Le prime segnalazioni, per far sapere che qualcosa non stava procedendo correttamente, i residenti di via Volusia le hanno cominciate a fare nel 2005, quando sono stati aperti i cantieri per i lavori di ampliamento del GRA. Ma nulla è stato fatto, almeno fino al maggio 2010, quando diverse abitazioni sono state dichiarate inagibili in quanto danneggiate da fenomeni di slittamento del terreno dovuti ai lavori di realizzazione della galleria Cassia, avviati nel novembre del 2008.

Le famiglie che vi risiedevano sono state quindi costrette ad abbandonarle. E’ poi arrivata una determinazione dirigenziale del Comune di Roma con la quale è stato comunicato ai privati di provvedere alla messa in sicurezza degli edifici. Con tale provvedimento l’Amministrazione ha detto ai cittadini che era compito loro provvedere ad “eliminare ogni pericolo per l’incolumità delle persone attraverso adeguati interventi sul piano di fondazioni, sulle strutture portanti e sul terreno di fondazione”.

Ma per fare ciò l’esborso economico sarebbe stato enorme e, tra l’altro, un intervento privato sarebbe risultato insufficiente.

I cittadini, quindi, si sono subito opposti sostenendo che a provocare i danni alle abitazioni fossero stati i lavori avviati sul GRA e che quindi spettava all’Anas o al Comune intervenire. Intanto l’indagine della magistratura, avviata in seguito ai numerosi esposti presentati dai residenti, ha portato al sequestro dei cantieri Anas disposto su richiesta del Pubblico Ministero Bice Barborini, secondo cui il proseguimento dei lavori avrebbe potuto causare ulteriori danni alle abitazioni e determinare crolli e danni alle persone.

Una volta bloccata la galleria, che stava per essere inaugurata, è arrivata anche l’ipotesi di reato di disastro colposo a carico di dieci persone. Le famiglie residenti in via Volusia hanno fatto ricorso al TAR del Lazio, che lo scorso gennaio ha accolto tre ricorsi su quattro e condannato il Comune al pagamento delle spese processuali.

A questo punto è iniziata una sorta di battaglia tra cittadini e Comune. E se i residenti dell’edificio maggiormente danneggiato non sono stati costretti a provvedere alle spese di messa in sicurezza della propria abitazione, così non è stato per gli altri. E’ seguito un ricorso al Consiglio di Stato, secondo cui il Comune deve effettuare la messa in sicurezza delle abitazioni, ma poi può rivalersi sui cittadini.

L’ultimo atto risale a venerdì 30 settembre 2011, quando il TAR ha annullato la determinazione dirigenziale del Comune di Roma con la quale era stato intimato ai proprietari delle abitazioni, danneggiate dai lavori di realizzazione della galleria Cassia sul GRA, di effettuare a proprie spese la messa in sicurezza degli alloggi.

manifestazione via volusia 10.12.2011

Non per fare retorica, ma in un momento storico in cui si sente tanto parlare di “equità” trovandosi poi davanti a fatti che di equo hanno ben poco, viene proprio da chiedersi: “Se via Volusia si fosse trovata in un altro quartiere della città, magari uno più “blasonato”, le cose sarebbero andate allo stesso modo?”

Stefania Giudice

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