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Phil Palmer, session man a Ponte Milvio

Phil Palmer a Ponte Milvio
Phil Palmer a Ponte Milvio
Galvanica Bruni

Ponte Milvio. In una soleggiata domenica di aprile incontriamo il chitarrista inglese Phil Palmer,  session man, uno dei più grandi chitarristi e turnisti al mondo. Ha suonato in più di 450 album, è stato in tournée con tanti grandi artisti internazionali oltre ad aver fatto parte della band di Eric Clapton.

A Ponte Milvio lui è di casa, ci sediamo e chiacchieriamo partendo proprio dal concerto che terrà domani. Domani (oggi per chi legge), lunedì 15 aprile, i Dire Straits Legacy (“una concept band che celebra la musica di Mark Knopfler”) si esibiranno nuovamente all’Auditorium.

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Phil Palmer ci racconta le differenze tra questo concerto e quello precedente di circa sei mesi fa.
“Suoneremo nella sala grande. La scaletta è cambiata rispetto alla scorsa volta. Proporremo canzoni nuove, meno sentite, in un concerto diverso dal solito. Non temano, però, i fan dei Dire Straits. Immancabili anche questa volta saranno le canzoni più amate, come Telegraph Road, Sultans of swing, Money for nothing. L’atmosfera sarà caratterizzata da belle canzoni (“nice quite songs”) grazie alla presenza della chitarra acustica e della tecnica della slide, utilizzata spesso da Mark Knopfler, frontman dei Dire Straits”.

Che cosa rappresenta la “legacy” per lei?
 “L’eredità è qualcosa che viene lasciato alle generazioni future. È ciò che stiamo cercando di fare. I Dire Straits esistevano fino al 1993; dopo vent’anni di tentativi di riportare insieme quella band, siamo giunti alla formazione odierna, grazie a Marco Caviglia”.

“Inizialmente, eravamo scettici: non sapevamo se avrebbe avuto successo. Una della prime occasioni per testarlo fu un piccolo festival fuori Roma, non ricordo il nome. Vennero 8mila persone, senza che avessimo fatto promozione alcuna, soltanto tramite passaparola. Quindi, ci rendemmo conto che il progetto era interessante e abbiamo continuato a suonare come band fino ad oggi, ormai da dieci anni”.

“Oggi siamo nel bel mezzo di un tour mondiale di successo e la reazione del pubblico alle canzoni dei Dire Straits è ancora oggi molto sentita, forte. Veniamo da 16 date in Brasile in cui ogni sera il pubblico ha amato questi pezzi di storia senza tempo”.

Se dovesse suonare una canzone soltanto, quale sceglierebbe?
“Senz’altro, Telegraph road. La canzone è un viaggio musicale, in cui ritmi calmi si alternano a passaggi più movimentati. Racconta una storia meravigliosa, ambientata negli anni ’30, sulla famosa Route 66, (USA), detta telegraph road.

Discografia e collaborazioni

Cercando tra la discografia di Phil Palmer, è difficile stabilire in quanti album e brani abbia suonato, da 50 anni a questa parte. Si può stimare più di 500.

Senza contare i nomi con i quali ha collaborato. Frank Zappa, Paul McCartney Tina Turner, Eric Clapton, David Bowie solo per citare alcuni dei tanti artisti internazionali, e venendo agli italiani, Lucio Battisti (suo è il noto assolo in Con il nastro rosa), Riccardo Cocciante, Francesco De Gregori, Claudio Baglioni Patty Pravo, Anna Oxa, Pino Daniele, Roberto Vecchioni e tanti altri ancora.
Per non parlare delle diverse colonne sonore alle quali ha contribuito.

Gli chiediamo se ha trovato difficoltà nel cambiare spesso ambiente lavorativo,  musicisti diversi con i quali suonare.
“Conoscere altre culture è sempre stato affascinante. Un luogo di apprendimento di diversi tipi di musica. Il session man interpreta in musica i suggerimenti e le idee di musicisti. Poi, c’è bisogno di un po’ magia”.

Lucio Battisti e il nastro rosa

È il 1980 quando Geoff Westley, produttore del progetto di Lucio Battisti, lo chiama un lunedì mattina, poiché ha bisogno di un assolo per la canzone Con il nastro rosa. Il resto è già tutto pronto. Palmer è interessato, ma quel giorno ha un appuntamento dal dentista; quindi, potrà dedicare all’assolo una o due ore al massimo.

Verso mezzogiorno è pronto nello studio di registrazione a West London. Nonostante non sapesse nulla della struttura del brano inizia a suonare, spontaneamente, istintivamente, mentre veniva registrato tutto. Due registrazioni, dall’inizio della canzone alla coda lunga due minuti, prima di andare dal dentista.

“Non sapevo che fosse diventato un successo. L’ho saputo dieci anni dopo, mentre mi trovavo su un taxi a Milano: la radio passò una canzone in cui mi sono riconosciuto. Il tassista mi ha confermato che ero proprio io, nella canzone di Lucio Battisti. Il brano era stato primo in classifica per tre mesi, nel 1980”.

Gli esperti musicali dicono che quello che ha disegnato Phil Palmer può esser considerato il più bell’assolo di chitarra della musica pop italiana. Riascoltarlo (come può essere fatto in questo video cliccando qui) è sempre emozionante.

Ponte Milvio seconda casa di Phil Palmer

Torniamo a Ponte Milvio, gli chiediamo da quanto tempo vive qui.
“Sono dodici anni, da quando mia moglie Numa ed io ci siamo sposati. Erano i patti! Lei voleva vivere a Roma…e non è affatto male!”

Cosa le piace di Ponte Milvio?
“Mi piace Ponte Milvio perché è come un villaggio. È bello scendere in piazza ogni mattina e prendere il caffè da Pallotta; conosco tutti, come se fossero vecchi amici. È un posto in cui mi sento a casa. Mi ricorda un piccolo villaggio di Londra, Highgate, dove ho vissuto da giovane. Mi ricorda molto quell’atmosfera, in cui tutti si conoscono, si aiutano e sono amichevoli. Questa è la caratteristica che amo di più!”

Qual è la cosa che meno ama qui, gli chiediamo. Ma lui non cede. Con grande gentilezza sostiene di non trovare nessun lato negativo. Al nostro incalzare risponde che l’unica cosa che gli manca ogni tanto è “peace and quiet”. Non stentiamo a credergli.

Torniamo alla musica

Qual è il suo rapporto con gli studenti ai quali insegna chitarra?
“Durante il covid eravamo tutti a casa, nel mondo, e così ho pensato di dare lezioni di chitarra online, a chi ne avesse voglia. Al mio annuncio hanno risposto in tanti e da allora non ho più smesso, stabilendo legami con persone alle quali insegno ancora oggi. Ho addirittura un allievo a Seattle, incontrato l’anno scorso per la prima volta. Ci sono anche studenti di chitarra più giovani. Uno di questi, Escander, è molto talentuoso: ha un grande orecchio e spiccate abilità naturali: diventerà un musicista!”

Session man. Una vita da chitarrista è il titolo del libro scritto da Phil Palmer e dedicato anche a coloro che gli avevano detto di abbandonare il sogno di diventare chitarrista.

Quando è il momento giusto per non ascoltare chi ci dice di rinunciare ai nostri sogni?
“Bella domanda. Credo che sia una questione variabile da individuo a individuo. Se si ha una vera passione, si sa ascoltare e memorizzare velocemente, allora bisogna continuare. Io credo che si nasca musicisti, con abilità naturali. Da bambino, a 5-6 anni suonavo la chitarra con il mio amico Brian. Facevamo a gara. La sua bravura mi ha stimolato ed è stata di prezioso aiuto per me”.

E prosegue: “Suonare per me è una questione di anima, si tratta di esprimere le emozioni come faceva Pino Daniele, un musicista unico, che ha studiato tanto: jazz, flamenco, blues, classica, i chitarristi del passato. Eppure, era una persona umile, per questo mi piaceva tanto. Uno dei più bravi chitarristi italiani”.

E Clapton?
“È stata un’esperienza fantastica suonare con Eric Clapton e la sua band per tre anni. Credo fosse la migliore band di sempre. Tra gli altri, cito Steve Ferrone e il percussionista Ray Cooper. Un incontro casuale, quello tra me ed Eric Clapton, che si è trasformato in una grande fortuna. Mi sento grato per ciò che ho ottenuto”.

Ahò!

Non vorremmo lasciar andare via Phil Palmer, avremmo ancora tante cose da chiedergli. Ma il tempo è tiranno e lui domani ha il concerto e tante cose ancora da fare. Per ora dobbiamo salutarci e lo facciamo come nel suo libro: “See you on the road”.

Lui ci risponde con un perfetto “ahò”. Dimenticavamo l’ultima perla: il dialetto romanesco per Phil Palmer non ha misteri.

Giuliana Pallotta

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