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Manziana e la sua Caldara

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VignaClaraBlog.it questa volta vi porta a Manziana, cittadina di 6mila abitanti a Nord di Roma, che ha la prerogativa di essere al centro di un vasto territorio, quello del Parco Regionale di Bracciano-Martignano, ricco di storia e di luoghi da visitare: dal bosco di Macchiagrande alla Caldara, nei pressi del centro abitato, fino al lago di Bracciano; da Canale Monteranno ai suggestivi Monti della Tolfa. Non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Manziana si raggiunge facilmente percorrendo la Cassia e poi la Braccianese fino al grande incrocio dove sorge la Scuola di Artiglieria: da quel punto è sufficiente seguire le indicazioni e in pochi chilometri si arriva al paese.

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L’origine del nome ha diverse teorie: da quello di una pietra locale (lapis anitanium) alla discendenza da “mansum”, fondo agricolo per l’allevamento; dalla “silva mantiana”, il bosco che circondava l’abitato, a “manza”, riferito alla presenza della vacca maremmana.

Antico insediamento etrusco divenne successivamente proprietà del S.Spirito e come tale il borgo venne risistemato a cura dell’architetto Ottavio Nonni discepolo del Vignola, che realizzò il palazzo baronale (detto palazzo Tittoni) e la “fontana del mascherino”.

Semplice ma molto bella anche la chiesa di San Giovanni Battista con l’austero campanile che sovrasta i tetti delle antiche abitazioni che gravitano intorno alla piazza.

Luogo di antichi sapori e tradizioni Manziana ha i suoi punti di forza nel bosco di Macchiagrande e nella cosiddetta “caldara”, set di numerosi films a sfondo storico-mitologico.

Il bosco, alle porte del paese, si estende per oltre 500 ettari ed è una delle ultime testimonianze delle grandi selve che dai monti della Tolfa arrivavano sino al mare; all’interno del bosco, costituito prevalentemente da maestosi cerri, ci sono numerosi sentieri e aree pic-nic.

Il cerro è un albero con tronco diritto che raggiunge i 35 metri ed essendo la più ornamentale delle querce, per la sua bellezza, è molto diffuso anche nei parchi: le ghiande, amare, sono poco appetibili dal bestiame e il suo legno duro, pesante e compatto veniva usato un tempo per le traversine ferroviarie.

La “caldara” si raggiunge invece in pochi minuti percorrendo la strada che da Macchiagrande porta al Sasso; a metà percorso, sulla sinistra, c’è una grande tabella che indica dove svoltare. Percorse poche centinaia di metri si raggiunge un piccolo parcheggio da dove è possibile accedere all’area protetta.

La caldara è un luogo di grandissima suggestione perché tutto è talmente inusuale da lasciare a bocca aperta anche il più smaliziato degli escursionisti: il panorama che si presenta ricorda un cratere lunare oppure un lembo di deserto o meglio ancora un tratto di steppa. Ad accrescere il suo fascino il bosco di betulle che circonda l’antico cratere.

La caldara è probabilmente un piccolo cratere facente parte del più ampio Vulcano Sabatino e la palude con l’acqua che gorgoglia è un tipico esempio di “vulcanismo secondario”: le acque piovane scendono in profondità riscaldandosi e arricchendosi di sostanze chimiche per poi tornare, per effetto della pressione, in superficie dove generano il caratteristico “bollore” e liberano gas dal particolare odore.

Per raggiungere la palude è sufficiente seguire uno dei sentieri che attraverso la conca portano alla pozza d’acqua: attorno alle acque ribollenti (ma a temperature di 18-20 gradi) è possibile trovare le carcasse di animali, istrici, tassi o cinghiali, che forse a causa delle esalazioni di zolfo rimangono storditi.

Proprio in questo punto negli anni 70 furono realizzate alcune pellicole con Ercole e Maciste quali protagonisti.

Dalla conca paludosa, attraverso un bellissimo sentiero che attraversa un bosco di secolari lecci, si raggiunge la torbiera dove sopravvive un lembo di bosco costituito da betulle bianche: il bosco di betulle più a sud d’Europa.

Due le ipotesi circa la presenza di questo fantastico albero: un residuo di una passata post-glaciazione oppure, teoria meno romantica, la possibilità che le betulle siano state piantate nei secoli passati e che siano sopravvissute grazie al particolare micro-clima.

La betulla è una delle piante caratteristiche dell’emisfero settentrionale ed è facilmente riconoscibile per la corteccia liscia, sottile, dall’inconfondibile colore bianco-argento: simbolo di vita, fertilità e giovinezza per i popoli nordici, il suo legno oggi viene usato per la costruzione di mobili, timoni, oggetti di artigianato e per i manici dei coltelli finlandesi chiamati “puukko”.

La caldara è attraversata da un percorso ad anello che si snoda nei circa 90 ettari di territorio con ambienti diversissimi e di enorme fascino: tante le specie vegetali e quelle animali anche se la maggior parte di questi (istrici, volpi, tassi, donnole, cinghiali) ha abitudini notturni. Una serie di bellissime tabelle, di cui una in rilievo, aiutano a conoscere le varie specie e a mettere in risalto la straordinaria biodiversità di questi luoghi.

Manziana, il bosco e la Caldara: tre luoghi da visitare in qualsiasi giorno dell’anno.

Francesco Gargaglia

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