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Che fine ha fatto il cinghiale di Villa Borghese?

Galvanica Bruni

Il cielo azzurro e la temperatura che nel primo pomeriggio sfiora i trenta gradi smentiscono decisamente le funeste previsioni che hanno mandato su tutte le furie gli albergatori di mezza Italia; e allora, troppo tardi per il mare, non resta che fare una bella passeggiata in uno dei tanti parchi di Roma. Usciamo sotto un caldo sole estivo, macchina fotografica a tracolla, diretti a Villa Borghese: oggi però non vogliamo documentare le macchine in doppia fila o le montagne di rifiuti che, si sa, nel fine settimana abbondano ovunque, ma più semplicemente fare qualche scatto in uno dei luoghi più amati dai romani.

Il gran numero di auto parcheggiate a Valle Giulia non ci preoccupa; da assidui frequentatori della villa dirigiamo sulla rampa che ci porta all’Accademia di Egitto dove troviamo un bel posticino, all’ombra.

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Le gradinate che salgono al giardino del lago sono letteralmente ricoperte di nailon bianco e da pannelli con enormi gigantografie; le statue in bronzo e le fontane con le tartarughe fanno capolino attraverso le grandi strutture di una mostra che ricorda i 150 anni dell’Unità d’Italia. Solo ora ci accorgiamo che ai piedi dei gradini sono state piazzate due enormi locomotive: il passato e il presente.

Scavalchiamo tubi e cavi elettrici e tutto sommato pensiamo che un secolo e mezzo di ritrovata “unità” giustifichi qualche lieve disagio

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Costeggiamo il bel laghetto diretti a Piazza di Siena; sulla destra il basamento in marmo che per anni ha ospitato la statua di un cinghiale continua a rimanere vuoto. Chissà che fine ha fatto il simpatico animale che per decenni si è fatto cavalcare da intere generazioni di piccoli romani? Tolto per essere restaurato, a Villa Borghese non ci è più tornato.

I viali sono affollati di turisti e lo sguardo ci cade involontariamente su di una fontanella dove la gente, per bere senza inzaccherarsi le scarpe, fa delle vere e proprie acrobazie. Cose che possono capitare in un assolato pomeriggio di quasi-estate

Al termine del giardino una serie di barriere metalliche impediscono il passaggio: qualcuno chiede spiegazioni, altri protestano gentilmente fino a quando si apre per un paio di minuti un piccolo varco. Un giovane sorvegliante, con fare severo, ci avverte che tra poco la zona sarà off-limits.
Un distinto signore consiglia di mettere un cartello che avvisi della chiusura all’ingresso dei giardini.

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Tandem e risciò cercano a fatica un qualche passaggio tra le imponenti strutture rimaste sulla piazza dopo il Concorso Ippico: soltanto ora ci viene in mente che dal 26 al 29 maggio si è tenuta la settantanovesima edizione di Piazza di Siena, l’evento equestre più glamour del pianeta!

Si va be’, ma oggi è il 4 di giugno e la spettacolare sfilata di cavalli e abiti d’alta moda dovrebbe essere finita da un pezzo!

In fin dei conti però si tratta di una manifestazione sportiva e mondana che tutti ci invidiano e allora bando alle polemiche su chi vorrebbe, per salvaguardare la piazza, cavalli e cavalieri altrove.

Tra barriere metalliche, gazebo e containers cerchiamo una via di fuga dirigendo verso il castelletto che ospita il Museo Canonica; le imponenti strutture del concorso sono ancora tutte sulla piazza che ospiterà domenica la festa dei Carabinieri.

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Qualcosa ci dice che forse era meglio andare a Villa Ada o al Parco dei Daini ma come si fa a dire di no alla “benemerita”, l’istituzione più amata dagli italiani?

Scavalchiamo tubi e cavi che come grossi serpenti escono dal terreno; aggiriamo interminabili file di bagni chimici; cerchiamo un varco tra le innumerevoli strutture e mezzi che circondano la piazza.

Alla fine raggiungiamo la sommità della “valletta dei cani” dove, a pochi passi da un finto tempietto voluto dai Borghese, si apre una voragine dalla quale fuoriescono cavi rossi e neri in quantità.

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Un po’ stufi di questa estenuante gimkana decidiamo di tornare alla macchina ma lo sguardo ci cade su di un cartello colorato; si tratta di una bella iniziativa sponsorizzata da Toyota Italia: la piantumazione di 123 ippocastani che tra qualche anno ingoieranno anidride carbonica e pomperanno ossigeno.
Un importante intervento di recupero per riqualificare le aree verdi in sintonia con quelli che sono i protocolli previsti con gli accordi di Kyoto. Nel frattempo però i piccoli alberelli se la dovranno vedere con l’Unità d’Italia, il Concorso Ippico Internazionale e perfino con la “benemerita”.

Francesco Gargaglia

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