Home ATTUALITÀ Teatro Olimpico: con Vincenzo Salemme un astice al veleno allunga la vita

Teatro Olimpico: con Vincenzo Salemme un astice al veleno allunga la vita

Galvanica Bruni

In scena fino al 23 gennaio al Teatro Olimpico di Piazza Gentile da Fabriano, L’Astice al Veleno è la nuova commedia brillantemente scritta ed egregiamente interpretata da Vincenzo Salemme. Ritmo serrato, battute a raffica, tempi comici perfettamente congegnati, sette canzoni originali incastonate nei momenti giusti e spazio anche per l’improvvisazione: sono queste le carte vincenti dello spettacolo, unitamente alle  efficaci performances del mattatore napoletano, di Domenico Aria e Nicola Acunzo.

Siamo a Napoli, all’interno del teatro Dei Martiri, è il 23 dicembre e la giovane attricetta Barbara (interpretata da Benedetta Valanzano), volubile e sognatrice, sta cercando di convincere il suo amante diversamente ammogliato Matteo (Maurizio Aiello), regista e proprietario del teatro, a trascorrere insieme a lei la serata dell’antivigilia di Natale.

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I due si accordano per una cena anticipata alle sei del pomeriggio, dato che Matteo tiene famiglia e sembra avere una consorte nuovamente incinta. Mentre all’interno del teatro si aggira il tuttofare Angelo Vicedomini (lo strepitoso Domenico Aria), Barbara dialoga con le quattro statue raffiguranti altrettanti personaggi dell’iconografia napoletana (una lavandaia, uno scugnizzo, un poeta e un “munaciello”), che soltanto lei è in grado di sentire e che, rappresentando il suo inconscio, si animano quando si sente sola.

L’attricetta, romantica e passionale, ha in serbo per il suo amante una cena molto particolare, tra un astice che non vuole morire e una bottiglia di vino addizionata con il cianuro, quando sulla scena irrompe Gustavo, un pony express  – dipolomato perito elettrotecnico nel 1976! – vestito da Babbo Natale (Vincenzo Salemme) che deve consegnare un pacco dono…

C’è subito da mettere in chiaro che nella nuova commedia di Vincenzo Salemme si ride molto e si ride di gusto, soprattutto nella prima parte. Un brillante lavoro di scrittura costituisce la solida base per dialoghi freschi, rapidi e leggeri, inseriti in un meccanismo farsesco ingegnoso ed incalzante.

Grandi tessitori di giochi di parole e di equivoci linguistici, macinatori indefessi di tormentoni e di continui batti e ribatti in un italiano venato, intriso, “musicato” di scoppiettante napoletanità, sono, oltre al bravissimo e coinvolgente Salemme naturalmente, attori di prim’ordine  come lo strepitoso Domenico Aria, l’esilarante Nicola Acunzio (un “munaciello” irresistibile scolpito a Catanzaro!) e il puntualissimo Giovanni Ribò (il poeta dal frasario ridondante che giammai desidera che si voli basso), volendosi anche rilevare l’ottimo contributo di Antonio Guerriero (lo scugnizzo) e dell’amabile Antonella Morea (la lavandaia).

La venticinquenne Benedetta Valanzano (che nella conferenza stampa di presentazione dello spettacolo ha definito il suo personaggio come una donna “amareggiata e delusa dagli uomini, come una sognatrice che vive in un mondo tutto suo“) va in crescendo e si fa notare specialmente  nella seconda parte, soprattutto durante le canzoni e nella scena del tango, mentre Maurizio Aiello non ci convince più di tanto. Da encomiare anche il cast tecnico, in particolare ci piace evidenziare che le luci “disegnate” da Umile Vainieri conferiscono suggestioni e profondità alle belle scene create da Alessandro Chiti.

Salemme, indiscusso protagonista che riempie la scena con la sua presenza, grazie alla sua cifra stilistica ben definita e con la sua capacità di improvvisare, riprende (ci pare) con garbo ed originalità l’idea che sta alla base del soggetto di un film che amiamo molto – Fantasmi a Roma di Antonio Pietrangeli – nel quale il personaggio interpretato da Eduardo, con cui il mattatore napoletano ha iniziato la sua carriera, è il solo a vedere gli spassosi spettri che amabilmente infestano la sua decadente casa nobiliare.

E ci sembra pure che, nella scena in cui  Gustavo legge la lettera che Barbara ha scritto al suo amante, si strizzi affettuosamente l’occhiolino a Totò.

Capocomico, interprete, scrittore, autore dei testi delle canzoni, attore e regista anche al cinema, Salemme ha ribadito in conferenza stampa che questa sua frenetica e variegata attività artistica in realtà consiste sempre nel fare la medesima cosa, ossia “dialogare con il pubblico“, sottolineando, con parole di accorata ironia, il suo amore viscerale per il teatro che per lui “non morirà mai, che deve essere per molti e non per pochi, essendo impareggiabile e alla ricerca del sole. L’attore di teatro cerca la luce, il big bang non era nient’altro che un buco nero che si è detto: ma perchè devo essere un buco nero?!?!

Tornando allo spettacolo, nella seconda parte c’è più spazio per le canzoni (musica di Antonio Boccia e parole di Salemme) e meno per lo sviluppo della storia, il ritmo diventa meno sostenuto e più rilassato, abbattendosi anche la cosiddetta “quarta parete” (il muro immaginario che separa la scena dagli spettatori) con gli attori che dialogano con il pubblico in un momento di improvvisazione potenzialmente esplosiva la cui efficacia dipende anche e soprattutto dalle risposte degli interlocutori della platea.

Ci piace, in ultimo, sottolineare che la storia termina con un finale coraggioso e sorprendente, che chiaramente non sveliamo, ma in cui c’è la chiave di lettura profonda della comicità, soprattutto di quella napoletana.

Giovanni Berti

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1 commento

  1. Ieri, 26 dicembre, ho visto lo spettacolo con gli occhi della napoletana che, vivendo a Roma, non dimentica quel tesoro di sentimenti unici che la città partenopea sa esprimere, nonostante tutto.
    Vincenzo Salemme rappresenta una commedia esilarante, anche quando affronta tematiche difficili che ogni giorno offuscano l’immagine di un popolo che, come tutti ,oltre ai difetti, ha tante qualità.
    La recitazione si alterna a momenti di canto di vere poesie che l’autore sente dal profondo, che trasmettono la voglia di sognare cambiamenti positivi di una realtà che tutti vorrebbero trasformare se potessero.
    Ma ahimè non siamo, tante volte, esseri pensanti ma pensati, proprio come le statue che prendono corpo e si confondono con la vita reale.
    Consiglio questo spettacolo a tutti coloro che si vogliono regalare un momento di piacere, che tra una risata ed un’altra, lascia spazio a tanti momenti di sana riflessione!!

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