Otto mesi dopo Cittadinanzattiva è tornata a misurare la temperatura della salute nel Lazio. A cominciare dalle liste d’attesa, il vero tallone d’Achille per la sanità laziale.
Un servizio che non funziona, incompatibile con la salute dei cittadini costretti – chi può – a rivolgersi alla sanità privata che incassa circa 40 miliardi di euro l’anno per le inefficienze del sistema pubblico.
La rilevazione d’autunno di Cittadinanzattiva registra un 36,4 per cento di utenti che hanno segnalato difficoltà a prenotare prestazioni sanitarie – a febbraio era il 36,5%- ; il 17,2 – era il 17,6 – che ha denunciato il mancato rispetto dei codici di priorità previsti; il 15,2 per cento ha constatato lunghi tempi di attesa al CUP per parlare con gli operatori.
C’è da dire che su questo fronte la situazione è in sensibile miglioramento: a febbraio il 17,6 per cento aveva segnalato difficoltà. In crescita – pari all’11,1 per cento – invece la percentuale di coloro che lamentano la scarsa disponibilità del medico a prescrivere successivi controlli. A febbraio era il 10,8 per cento.
Secondo il monitoraggio, gli esami diagnostici sono quelli che destano le maggiori preoccupazioni nei pazienti: il 40.8 per cento lo indica come un serio problema. Era il 42,5 a febbraio. In miglioramento anche la situazione per le prime visite specialistiche.
Risultano sistematicamente non rispettati i tempi delle quattro tipologie di prescrizioni, comprese quelle urgenti.
Ma il dato più preoccupante è quello relativo alle persone che non hanno avuto la prestazione: il 22,6 per cento in aumento del 2,6 per cento rispetto a febbraio.
Il pubblico ha assorbito il 40,9 per cento delle prestazioni; il 20,4 % in intramoenia.
E talvolta anche fuori regione. Lasso di tempo minimo sette mesi, anche fuori dalla propria ASL. Costretti a ricorrere il tempo che in medicina è scarso da Roma a Latina e da Tivoli al San Filippo Neri.
E in questa situazione Cittadinanzattiva denuncia le posizioni vacanti – dal 2021 – ai vertici degli osservatori aziendali, e di quello regionale, per il governo delle liste d’attesa.
Ogni cittadino che rinuncia alle cure per le liste d’attesa fuori tempo per la sua patologia oppure per i costi troppo alti del privato, è una sconfitta per il sistema della salute nazionale.
Rossana Livolsi
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