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Vigna Clara, quando don Gianni arrivò a S.Chiara

Esplorando il quartiere di Vigna Clara. Continuano i ricordi di Michele Chialvo al suo terzo appuntamento...

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Galvanica Bruni

Nel ’54, quando siamo arrivati a Vigna Clara, non solo non c’era Santa Chiara; non c’erano né chiese né cappelle. Don Vittorio, il viceparroco di Ponte Milvio, saliva su la domenica mattina per celebrare un paio di messe all’ultimo piano del palazzo commerciale di Piazza Jacini dove c’era un locale abbastanza ampio che era stato riservato alla Chiesa.

Soltanto verso la fine degli anni ’50 fu costruita un’ampia cappella sulla collinetta di fronte alla chiesa di oggi, nel piazzale che il nome di ‘Giochi Delfici’ lo prese ai tempi delle olimpiadi, come tutte le strade dei Due Pini, lì attorno.

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Ora non c’è più nemmeno la collinetta. Dicevano che la contessa Clara Stelluti non l’avesse voluta vendere all’Immobiliare per ragioni sentimentali di famiglia. So che è vivo un nipote della contessa, chissà se si ricorda…? Ora c’è un palazzone di parecchi appartamenti il cui garage ha l’ingresso accanto ad Elvezia, la ‘boutique’ di fiori che è lì da sempre. Di fronte all’ex benzinaio Tonino. Arrivarono più o meno insieme.

Santa Chiara in embrione

Nel giro di poche settimane su quella collinetta vedemmo crescere un prefabbricato ottagonale, che poi fu la prima sede della parrocchia. Parroco, proprio Don Vittorio, e viceparroco un brillante giovane ‘romano de’ Roma’, laureato in teologia e appassionato di calcio, Don Antonino.

Quei locali del palazzo commerciale me li ricordo bene. Erano ancora gestiti dalla parrocchia ai tempi della mia adolescenza. La sala era grande e l’Auditorium non c’era ancora. La struttura parrocchiale non era stata completata. Don Antonino ce li affidò per le feste di Natale non mi ricordo di quale anno per organizzare una rappresentazione teatrale. Ci diede anche dei copioni stampati tra i quali scegliere cosa volevamo fare.

A noi, non ce ne piacque nessuno e allora ci mettemmo a scrivere una sorta di ‘non sense’ molto surreale, mettendo insieme battute a caso dei vari copioni. Ne venne fuori una cosa esilarante. Mi ricordo poco. Solo che uno dei protagonisti che avevamo immaginato si chiamava Betto di Pomata. E ogni volta che qualcuno si rivolgeva a lui, doveva esclamare “Ehi tu, betto di pomata”. Non se ne fece nulla. Che meraviglia avere la vita tutta davanti, piena di speranze e di progetti e con pochissimi ricordi.

Poi arrivò Don Gianni

Don Gianni arrivò poco dopo la costruzione della Chiesa. Quella vera. Rotonda, rossa, grandissima… Primi anni ‘60. Don Antonino rimase il vice. Allora ci dispiacque. Avevamo dato per scontato che toccasse a lui. Poi però abbiamo conosciuto Don Gianni.

Non è stato immediato. Don Gianni non era un prete da adolescenze. Quello era Don Antonino. Non era nemmeno facile stargli appresso quando parlava. Mi ricordo che le sue prime omelie mi sembrarono noiose.

Ma gli anni ‘60 furono anche quelli del Concilio. Oltre che della nostra crescita. Non mi ricordo di aver mai letto niente sul rapporto tra le riforme conciliari e le contestazioni studentesche. Ma secondo me quel rapporto ci fu e fu importante.

La sensazione che avevamo noi ragazzi, allora, era che finalmente si vedesse all’orizzonte la nascita di un mondo migliore, quello sognato nell’Ottocento. Liberté, égalité, fraternité.  In tutto. Dalla vita sociale alla religione. Dalla politica ai rapporti generazionali. Dal progresso tecnico al benessere diffuso. Vi ricordate ‘Indovina chi viene a cena’? E comunque c’era una certezza: domani sarebbe stato meglio di oggi.

Ecco, Don Gianni, in tutto questo, cominciammo a vederlo un po’ come il capitano della nave sulla quale stavamo abbandonando gli ultimi residui di un mondo vecchio che non ci apparteneva.

La Risacca

Dentro Santa Chiara nacquero l’auditorium, la sala rossa, dove si riunivano gli scout, la palestra, una serie di stanze dove si svolgevano riunioni continue piene di parole, ma anche di sogni. Dove poteva nascere anche un giornale parrocchiale. ‘La Risacca’. Ovviamente in ciclostile. La macchina ce la procurò mio padre e ce l’ho ancora. E scrisse lui anche l’editoriale del primo numero. “La Quadratura del Circolo”.

Quanti numeri sono usciti? Mah, forse nemmeno una decina. Ma non erano importanti i risultati. Quello che contava era la passione. Don Antonino si era assunto la parte del nostromo. A Don Gianni e a lui quella passione piaceva molto. E non soltanto per tenerci nell’ambito della chiesa.

Don Gianni ci ha sposato tutti

Don Gianni ha sposato me e mia moglie, oltre a quasi tutti gli adolescenti vignaclarini degli anni ’60 che frequentavano la parrocchia. Ed è stato con noi, accanto a noi, e a tanti altri, con la mente e le braccia aperte. E con la sua vastissima cultura dove sapeva trovare risposte a quasi tutto.

Per un suo compleanno gli scissi un sonetto un po’ goliardico su quello che lui chiamava ‘il fatto fisico’. Ci abbiamo sorriso insieme a lungo. Ha sposato anche mia sorella, qualche anno dopo, in una di quelle stanze che stavano lungo il corridoio circolare del piano di sotto, che era diventata una sorta di cappella privata, e dove c’era un altare smontabile che avevo costruito io. Di legno, pensato e costruito per poter essere trasportato sul tetto di una macchina.

I nostri sogni erano creativi

La mia generazione ha preteso molto, ha sognato tutto e ha dato poco. Basta guardarsi attorno. Il mondo che ci hanno lasciato era sicuramente meglio di quello che lasciamo noi.

Però i nostri sogni erano così creativi che la nostra musica e i nostri film la ascoltano e li guardano anche i nostri nipoti. A noi la musica dei nostri padri sembrava preistoria. Forse proprio perché i sogni non ammettono confini di spazio o di tempo. Anche Beethoven era un sognatore.

Michele Chialvo

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2 COMMENTI

  1. Mi avete mandato indietro nel tempo di parecchi anni con grande emozione .Sono nato a via dei Malvezzi nel maggio del 1946 dentro una casetta fatta da mio nonno qualche anno prima , accanto vi era un prato abbandonato poi da un gruppo di soldati americani , a cento metri dalla via Cassia.Quando ho visto vignaclarablog mi sono commosso per i tanti tanti ricordi il primo asilo, la scuola elementari Merelli , le prime case di un nuovo quartiere ….Vigna Clara……

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