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Mauri e Sturno, due giganti per un enigma

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foto di Manuela Giusto
ArsBiomedica

Nella serata di martedì 8 marzo, la premiata ditta Mauri-Sturno – più di quarant’anni di sodalizio artistico – ha debuttato al Teatro Parioli (via Giosuè Borsi, 20) con «Variazioni enigmatiche», l’opera più brillante e complessa del drammaturgo e filosofo francese, poi naturalizzato belga, Èric-Emmanuel Schmitt.

Lo spettacolo – novanta minuti più l’intervallo – è un thriller psicologico senza esclusione di colpi e di carezze, un incontro-scontro fra due uomini legati alla figura di una donna, un’alternanza e una fusione di crudeltà e dolcezza, un raffinato contenitore in cui si mescolano la commedia e il dramma, dove coesistono un’ironia affilatissima e una commozione profonda e nel quale la menzogna si rivela più autentica della verità.

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Abel Znorko (Glauco Mauri) è un premio Nobel per la letteratura che, per sfuggire dagli uomini e dalla volgarità del mondo, si è rifugiato in un’isola sperduta del mare della Norvegia. Erik Larsen (Roberto Sturno) è, invece, un reporter che ha chiesto e ottenuto un’intervista con lo scrittore. Ma qual è il vero motivo dell’incontro? Perché Znorko, solitario e misantropo, ha accettato di ricevere uno sconosciuto giornalista?

Appoggiata sulle parole di Schmitt, che scintillano come diamanti, ora ferendo l’anima ora rinfrancandola, la rappresentazione – che sarà in scena fino a domenica 13 marzo – è tenuta costantemente viva da due giganti del teatro. Mauri e Sturno padroneggiano il testo, ne esaltano tutte le sfumature, rendendo alla perfezione ogni singolo cambio di tono e di registro, preparando con cura i colpi di scena e le variazioni nella gamma di emozioni che trasmettono al pubblico.

Merito, indubbiamente, anche della regia – inesorabile e senza sbavature – di Matteo Tarasco, della pregevole scenografia allestita da Alessandro Camera e disegnata mirabilmente, ora con calore ora con ostilità, dalle luci di Alberto Biondi.

Lo spettacolo, che si muove sul territorio misterioso della ricerca del senso della vita e del significato dell’amore, è come una partita a scacchi fra il campione in carica e un perfetto sconosciuto.

L’esito appare scontato o, magari, il detentore del titolo decide di complicarsi un po’ l’esistenza perché ha in mente un suo scopo preciso. Eppure, non va così, se i pezzi si possono muovere anche a prescindere dalle regole e al di fuori delle sessantaquattro case e se l’outsider ha in serbo qualche mossa imprevedibile.

Come è lecito e naturale attendersi, poi, ciascun giocatore intende scoprire il gioco dell’altro. Ma chi è il bianco e chi è il nero? Chi è l’avversario? Capita, pure, nell’incontro a cui stiamo assistendo, che quella strategia riveli le proprie intenzioni più che svelare i propositi altrui, che entrambi approdino a case sconosciute e si ritrovino, persino, a muovere i pezzi dell’altro. Allora, le mosse, le variazioni di questo gioco possono essere infinite e, alla fine, ci si accorgerà che esse rispondono tutte a un tema, o a una regola, che però, pur governando tutto e tutti, resta sempre un enigma.

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Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Parioli (via Giosuè Borsi, 20) fino a domenica 13 marzo. I biglietti possono essere acquistati online o al botteghino del teatro (martedì, mercoledì e venerdì 10-13.30 e 14.30-19, giovedì 10-19, sabato e domenica 12-19).

Giovanni Berti

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