E per terza volta in quasi due anni e mezzo il GIP ha bocciato la richiesta di archiviazione della Procura. Per la famiglia Lamma che non ha mai mollato la presa è un risultato che premia l’insistenza e la volontà di arrivare ad emettere un verdetto completo sulla morte di Leonardo, il diciannovenne che il 7 aprile del 2022 franava con la sua moto sull’asfalto di Corso di Francia, impattando sullo spartitraffico.
Per lo studente romano non ci fu nulla da fare. Su quell’asfalto malamente rattoppato Leonardo perse la vita.
Per due volte il PM ha chiesto l’archiviazione del caso e delle relative imputazioni: la prima a carico di due funzionari Acea; nella seconda erano coinvolti anche agenti del XV Gruppo della Polizia Locale. Per due volte il precedente GIP ha bocciato le richieste fino allo scontro istituzionali tra i due uffici giudiziari con il procuratore che si rivolse alla Corte di Cassazione per chiedere la rimozione del giudice che gli aveva chiesto di indagare i caschi bianchi.
La risposta di piazza Cavour fu la sostituzione del giudice. Ma la sostanza della decisione non è cambiata. La dottoressa Rosalba Liso, attuale GIP, “ritiene che la richiesta di archiviazione non vada accolta” e chiede approfondimenti sul caso.
E l’ordinanza che rinvia a ulteriori indagini spiega il perché. “Il quadro delle vicenda risulta ancora nebuloso” e ordina agli investigatori di esaurire tutti gli spunti d’indagine – segnalati meticolosamente, uno per uno – offerti dalla famiglia.
L’ elenco degli spunti sin qui ignorati dalla Procura nonostante le insistenze della famiglia Lamma, sono diversi: accertamenti tecnici, ascolto di testimoni, analisi della messaggistica whastapp dei dipendenti della ditta appaltatrice, rilievi sulla rimozione delle transenne.
Una storia giudiziaria interamente da riscrivere, compresa la sostituzione del consulente della procura, giudicato in probabile conflitto di interessi, appartenendo egli alla Polizia Locale di Roma.
Il Gip pretende che la dinamica del sinistro venga ricostruita in modo puntuale, senza nulla tralasciare, dicendosi poco convinta della tesi della Procura per cui l’incidente sia da attribuire all’alta velocità della moto.
“Inspiegabile”, poi, risulta alla giudice l’immediato rifacimento del manto stradale, effettuato intorno alla mezzanotte, a poche ore di distanza dal mortale incidente. Lo ha giudicato un errore perché ha cancellato delle possibili prove, annullando la “fotografia” dello stato dei luoghi al momento del sinistro.
Adesso la Procura dovrà svolgere tutte le indagini indicate dalla famiglia, assolutamente “degne di pregio”. E dovrà fare il tutto in sei mesi.
Rossana Livolsi
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