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Vigna Clara, la quarta età secondo Fausto Bertinotti e mons.Paglia

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Derattizzazioni e disinfestazioni a Roma

Lunedì 4 novembre solo posti in piedi nell’Auditorium Due Pini, in via Zandonai, per assistere al dibattito moderato da don Andrea Manto, parroco di Santa Chiara, sul tema della ‘quarta età’ affrontato da due personaggi di indubbio spessore: l’arcivescovo Vincenzo Paglia, Presidente della Pontificia Accademia per la vita, e Fausto Bertinotti, politico di razza, Presidente emerito della Camera dei deputati.

La lotta di classe non è finita, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo”. La citazione è da Warren Buffet. Nella classifica degli uomini più ricchi del mondo è al sesto posto. Ce l’ha ricordata Fausto Bertinotti, a margine del dibattito; gli avevo chiesto se non fosse stata proprio la nostra generazione a fare del mondo quella miseria inquietante che adesso ci circonda.

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Il dibattito

Due considerazioni prima di tutto sul dibattito. Il livello: stratosferico rispetto a quello a cui da anni ci hanno abituato. E la partecipazione. Da anni Settanta, verrebbe da dire. L’auditorium ha quasi quattrocento posti – 361 ha precisato Don Andrea Manto – e c’era gente in piedi.

Ma veniamo alla serata. Don Andrea Manto, il parroco, puntualissimo, ha introdotto col garbo del padrone di casa e con la competenza che gli deriva dal suo passato di geriatra e gerontologo un dibattito di un interesse e di uno spessore che da soli sarebbero bastati a dare riposta a quasi tutte le domande sulla vecchiaia, che era il tema dell’incontro.

L’84enne Presidente Emerito della Camera, Fausto Bertinotti, e il quasi 80enne Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, Vincenzo Paglia, hanno affascinato, divertito e conquistato una sala attenta, partecipe e dall’età media un po’ più bassa di quello che ci si sarebbe aspettato.


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Il pensiero di Bertinotti

Rispettando le gerarchie anagrafiche, ha aperto Bertinotti. In estrema sintesi – hanno parlato per un ‘ora e mezza – nei suoi interventi, ha rammentato quanto la vecchiaia sia stata vittima della transizione dalla civiltà contadina a quella industriale e poi ancora da quella industriale a quella postindustriale.

Cioè da quando i vecchi avevano un ruolo ed un rispetto riconosciuto – naturaliter, parole sue –  come era universalmente riconosciuto nella società ancora ottocentesca, a quando l’operaio specializzato anziano era ancora considerato un punto di riferimento anche a livello sociale, tanto che quando smetteva il lavoro dipendente gli veniva concessa una pensione che era l’80 per cento della suo stipendio medio degli ultimi 5 anni – fate il confronto con oggi e vi rendete conto della differenza, ha aggiunto – alla società che ci circonda dove ineditamente si è cominciato a parlare di generazione di scarto.

Però poi si è posto due interrogativi ai quali ha detto di non aver trovato mai una risposta. Che cosa ha causato la distanza incolmabile tra i sogni, le speranze, i progetti che hanno animato gli anni incredibili della ricostruzione, della rivoluzione giovanile, della rivalsa delle donne, e la realtà nella quale viviamo oggi. E da dove bisognerebbe cominciare per riprendere a dare consistenza a quei sogni e a quelle speranze.

La quarta età vista da mons. Paglia

Mons. Vincenzo Paglia si è soffermato prima di tutto su ‘vecchio è bello’, affermando di non vedere l’ora di compiere i suoi ottant’anni.  Perché la quarta età è il compimento di una vita e perché proprio ai vecchi sono ormai demandati una serie di compiti e di incombenze che la seconda e la terza età pare non riescano a svolgere.

E non si tratta soltanto del ruolo pratico e insostituibile del nonno e della nonna. Ma della missione di compiere una sorta di rivoluzione culturale di cui non devono essere oggetti, almeno non solo, ma soprattutto soggetti.

In tutte le parrocchie del mondo – ha ribadito – esiste un prete che si occupa dei giovani. In nessuna è mai stato incaricato un prete di occuparsi dei vecchi. Eppure, sono i vecchi quelli che frequentano più assiduamente la chiesa, quelli che si danno più da fare per dare una mano. “Sapete – ha detto – che tutti i farmaci vengono testati su campioni di individui di età compresa tra i 20 e i 50 anni? Ma sono i vecchi che ne sono i maggiori consumatori… A loro rischio e pericolo”. “E nessuno se li fila – ha aggiunto – “.

Ma, soprattutto, i vecchi sono anche portatori consapevoli dei valori di cui quella rivoluzione ha bisogno. Poi ha ricordato la sua battaglia perché ai vecchi sia consentito di vivere la propria vita nella propria casa fino all’ultimo e quindi contro la segregazione nelle case di riposo, che dovrebbero essere considerate delle prigioni.

La legge 33 del 2023 sulla necessità di cercare di risolvere i problemi connessi all’invecchiamento, di cui è stato promotore, è stata approvata da tutti, nessuno escluso. “Peccato – ha aggiunto di nuovo – che poi però nessuno ha pensato di dotarla dei fondi necessari”.

Infine, dopo aver ricordato l’egolatria indicata dal sociologo De Rita come male del nostro tempo, ha aperto il capitolo della resurrezione, ricordando gli ultimi righi del Credo che recitiamo in chiesa ogni domenica. “Resurrezione della carne, non dell’anima – ha precisato – Ricordatevi che Gesù risorto preparava anche la colazione”. In realtà è proprio la fede nella resurrezione della carne quello che distingue il cristiano dal non credente e quello che gli deve dare la forza – ha concluso – di vivere la vita con la pienezza che merita fino alla fine.


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Ritorneranno

A conclusione di ogni intervento sono stati tanti gli applausi, molte anche le battute partite dal pubblico e recepite dal palco.

Don Andrea, alle venti, non ha potuto non ricordare la famosa tirannia del tempo, ma ha promesso di richiedere ai due protagonisti di questa straordinaria serata di tornare a Santa Chiara per continuare ad affascinarne la platea e per ascoltare, magari quella volta, anche quello che la platea ha da dire. Questa volta dovendosi limitare, lui, a leggere qualche nota lasciata sul tavolino della segreteria.

In una si suggeriva che i pensionati, visto il livello dei presenti, si dessero più da fare, tornando alla politica. Bertinotti ha lapidariamente risposto che non esistono uomini per tutte le stagioni.

Un bel dibattito dunque, al termine del quale il parroco Don Andrea si è augurato, guardando la sala strapiena, che l’Auditorium Due Pini torni ad essere luogo di incontro e fucina di idee come è stato per tanti anni.

A colloquio con Bertinotti

Terminato il dibattito, abbiamo chiesto a Fausto Bertinotti qualche minuto per Vignaclarablog.it.

E gli abbiamo domandato, appunto, se non vedesse una grave responsabilità della nostra generazione in quello che ci circonda.
“No – ha detto – per ogni generazione ci sono quelli che comandano e quelli che subiscono il comando. Quelli che protestano e quelli hanno il potere di decidere. C’è stata una prima fase in cui l’ascesa delle classi subalterne, dei giovani, della donne ha cambiato l’Europa aprendo la stagione di una grande speranza. E una seconda in cui le classi dominanti hanno vinto.

Con l’ascesa di un capitalismo che, come diceva il filosofo tedesco Walter Benjamin, sta diventando una religione, quella dell’individualismo mercantilistico. La nostra generazione è quella che ha fatto il ’68. Ha cambiato il volto dell’Europa e forse del mondo intero. Abbiamo combattuto ma, come ha detto Gaber, alla fine, abbiamo perso”.

Forse non senza qualche colpa, aggiungerei io, a partire da quel famoso ‘reflusso’, che non è quello gastrico.

“Succederà mai che i ricchi perdano?”
“È successo nella Storia. Quindi può succedere ancora”.

“Lei è vissuto a lungo a Vigna Clara, considerato uno dei quartieri più benestanti di Roma, qual è secondo lei la responsabilità della ricchezza e dei ricchi?”
“In primo luogo, di creare nei quartieri dove vivono una convivenza ricca di qualità e non solo di consumo. Perché questa qualità venga vissuta da tutti, anche quelli che hanno meno risorse”.

“Un ricordo di Vigna Clara?”
“Molta simpatia, molta. L’ho vissuta come un borgo”.

Michele Chialvo

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