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    La “Destra maldestra” di Alberto Mattioli

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    Galvanica Bruni

    La “Destra maldestra”, un gustosissimo ritratto della destra al potere dalle parti di via del Collegio romano e dintorni.

    Alberto Mattioli acuta penna de “Il Foglio”, ma anche de” La Stampa” non si lascia sfuggire un tic, un vizietto, una debolezza della ciurma che è andata all’assalto delle cittadelle della egemonia culturale della sinistra.

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    Una vera e propria ossessione per il ministro Gennaro Sangiuliano che nonostante lo sgomitare non ha ancora capito come fare a smantellare quel potere che deriverebbe da Gramsci, fino ai giorni nostri.
    Mattioli smonta la credenza dell’improbabile ministro della cultura, fa a pezzi la sua scalata al potere, ironizza sulle gaffe e le incongruenze dell’uomo che adesso punterebbe alla carica di “governatore” della Campania.

    Sangiuliano è solo fra i più pittoreschi “fardelli” di cui si è circondata la ‘donna della Provvidenza’. E fuori dal cerchio dei fratelli, delle sorelle e dei cognati c’è di peggio: i libri di Vannacci, le fiction edificanti costruite sui miti del patriottismo da operetta. Una classe politica mediocre che si è circondata di parvenu del premio.

    Tanti nel mirino di Mattioli. A Sangiuliano spetta il podio, – “perché a gestire il più importante patrimonio culturale al mondo sia finito proprio Genny, è un mistero”- ma ne ha anche per Sgarbi, per gli homini novi della Rai, a cominciare dai vertici e poi per il direttore d’orchestra, Beatrice Venezi, spacciata per una maestra, in realtà modestissima direttrice.

    Eppure, balzata agli onori per via di un’amicizia con la presidente del Consiglio e di ascendenze pare in Forza Nuova, movimento estremista di destra.

    Insomma, fenomeno mediatico più che musicale. Venezi, dunque bacchetta nera, per una strategia di invasione ed occupazione dei poteri che viene spacciata per conquista dell’egemonia culturale, ma in realtà è solo un riequilibrio di poltrone. A vantaggio spesso di immeritevoli.

    Un centinaio di pagine che spaziano da un capo all’altro della politica della Destra al potere; una essenziale ricognizione di un panorama assai desolato di questa conquista che è solo uno sgomitare per le poltrone, senza alcuna riflessione o approfondimento identitario. Non proprio un gran risultato per la Destra intenzionata a ribaltare l’egemonia culturale di gramsciana memoria.

    Rossana Livolsi

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