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Roma, maxi operazione Dia antimafia: 18 arresti, sequestri per 130 milioni

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(Adnkronos) – Maxi operazione della Direzione investigativa antimafia, 18 arresti e sequestri per oltre 130 milioni di euro.

Nel corso dell’indagine, avviata nel 2018 dalla Dia di Roma, con il coordinamento della Dda con il procuratore aggiunto Ilaria Calò, sono stati raccolti elementi su due associazioni per delinquere che attraverso una strategia di sommersione riciclavano ingenti profitti, infiltrando progressivamente attività imprenditoriali in apparenza legali in molteplici campi come la cinematografia, l’edilizia, la logistica, il commercio di auto e di idrocarburi.

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Sono state costituite così numerose società ‘fittizie’ per emettere false fatturazioni grazie al supporto fornito, tra gli altri, da imprenditori e da liberi professionisti. Reati aggravati dall’aver agevolato i clan di camorra Mazzarella – D’Amico, le cosche della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e il clan Senese.

Tra gli arrestati anche il figlio del boss Michele Senese, Vincenzo, e dell’ex storico componente della Banda della Magliana Enrico Nicoletti, Antonio. Colpito da misura anche Roberto Macori, legato alla “destra eversiva romana, all’ombra di Massimo Carminati, e divenuto prima l’alter ego di Gennaro Mokbel, per poi legarsi a Michele Senese”.

Sedici in tutto le persone finite in carcere, mentre per due di loro sono stati decisi i domiciliari.

Le accuse contestate, a vario titolo e a seconda delle posizioni, sono di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa, finalizzata a commettere reati di estorsione, usura, armi, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche di proventi illeciti, aggravati dalla finalità di aver agevolato i clan di camorra Mazzarella-D’Amico, delle cosche della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e del clan Senese.

Accusati di essere al vertice della prima associazione, sulla quale si è focalizzata fin dall’inizio l’attività investigativa, sono Antonio Nicoletti, figlio di Enrico Nicoletti, e Pasquale Lombardi, insieme a soggetti come Salvatore D’Amico e il figlio Umberto, e Umberto Luongo.

Secondo l’accusa, avvalendosi della partecipazione di numerosi soggetti appartenenti agli ambienti della criminalità autoctona romana e di matrice camorristica, sarebbe stata creata una complessa rete di società “cartiere” intestate a prestanome attraverso le quali riciclare ingentissime somme di denaro proveniente dai clan campani.

In questo contesto è emersa la figura del produttore cinematografico Daniele Muscariello nella veste di fiduciario degli stessi clan e del manager musicale Angelo Calculli. La prosecuzione delle indagini ha documentato una convergenza di interessi di mafie storiche e nuove mafie, nel settore del commercio illecito degli idrocarburi. Gravemente indiziati quali capi e promotori sono Vincenzo Senese, figlio di Michele, Roberto Macori e Salvatore D’Amico.

Le indagini hanno fatto emergere gravi indizi sull’esistenza di una struttura organizzata che attraverso numerose società cartiere, finanziate dai clan campani e calabresi, avrebbe acquisito il controllo di depositi fiscali di idrocarburi, funzionali alla realizzazione delle attività di riciclaggio.

Insieme ai reati di natura economico-finanziaria, circostanziati anche dalle attività di accertamento fiscale delegate al Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Roma, i componenti delle due organizzazioni sono risultati anche dediti alla commissione di una serie di delitti in qualche modo strumentali ai primi (delitti di estorsione e usura) tanto per regolare partite di dare e avere tra loro o con terzi quanto per legare a sé gli imprenditori indispensabili per alimentare l’illecito profitto.

In questo ambito, è emersa la riserva di violenza delle due associazioni, sia per la forza di intimidazione derivante dagli stretti legami con le organizzazioni criminali mafiose che per l’immediata disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo.

II gip accogliendo la richiesta della Dda di Roma ha disposto il sequestro preventivo ai fini della confisca di tre società attive nel settore cinematografico e il sequestro di oltre 130 milioni di euro nei confronti di 57 indagati.

“Perché la politica là è la mafia… là se vai a Roma politici onorevoli tutti corrotti… perché è proprio la politica di Roma che è così…” parlava così uno degli indagati nella maxi indagine della Dia e della Dda di Roma.

Un’intercettazione riportata nell’ordinanza del gip di Roma che sottolinea come questa sintetizzi “in maniera esaustiva l’essenza del sistema capitolino”. Le accuse contestate a vario titolo e a seconda delle posizioni sono di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa, finalizzata a commettere reati di estorsione, usura, armi, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche di proventi illeciti, aggravati dalla finalità di aver agevoltato i clan.

Tra le persone indagate anche una figlia di Anna Betz nota come Lady Petrolio e già coinvolta in altre indagini, e l’ex calciatore Giorgio Bresciani. Un “sistema amalgamatosi nel tempo” degli interessi delle “associazioni di tipo mafioso che si muovono nell’area metropolitana capitolina. Roma storicamente rappresenta il punto di contatto tra imprenditori a, politica e mafie”, scrive il gip.

Un altro indagato sempre intercettato diceva “… a Roma faccio proprio la carne di porco, faccio proprio lo schifo … ricorda quello che ti dico io… a Roma faccio proprio schifo… mentre qui ho dovuto mettere le pedine, li già sono pronti … ho avuto le licenze in 21 giorni su una società nuova…”.

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Fonte ADN Kronos

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