Home AMBIENTE Progresso e degrado, a Roma un pessimo binomio

Progresso e degrado, a Roma un pessimo binomio

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Foto di Cristina De Paoli
Duca Gioielli

Se è vero che il progresso, fondamentale per  una migliore condizione di vita, è anche una componente della civilizzazione è logico interrogarsi come mai, specie nelle grandi città, per quanto riguarda almeno il decoro urbano poche sono le tracce  di educazione e civiltà.

La città di Roma è un esempio tangibile di come il progresso, anziché risolvere il problema del degrado cittadino, lo abbia se non incrementato quantomeno mantenuto su una soglia di intollerabilità.

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Sappiamo che il progresso ha avuto nel XX  e XXI secolo un grandissimo sviluppo che ha portato nel campo della scienza a cambiamenti epocali con la conseguenza di una migliore qualità della vita; ha perfino generato correnti filosofiche che  vedevano una soluzione ottimistica ai tanti problemi che gravavano sull’esistenza umana.

A prescindere, è un dato di fatto che il progresso è intervenuto in ogni campo della scienza dando soluzione, con la tecnologia, ad una infinità di gravi problemi.

Anche a quelli legati al degrado che al primo posto vede la problematica dei rifiuti solidi urbani: inceneritori, termo-valorizzatori, trituratori, impianti di essiccazione,  forni, turbine a rendimento antropico, teleriscaldamento… la scienza nel trattamento ed eliminazione dei rifiuti ha fatto passi da gigante. Non  a Roma però che a quanto pare sembra ferma alla preistoria:

cassonetti sgangherati, veicoli vetusti, discariche a cielo aperto, isole ecologiche che sembrano strutture degli anni ‘6O dell’ex Unione Sovietica (anche se il personale che vi opera è sempre disponibile e gentile).

Alle soglie del 2024  per quanto riguarda la “monnezza”  a  Roma non c’è traccia di tecnologia. Autocarri dotati di bracci robotici, cassonetti che si aprono automaticamente dopo aver riconosciuto la voce  dell’utente o le sue impronte digitali, bidoni dotati di trituratore automatico, aspiratori e sterilizzatori stradali, droni per la sorveglianza, tracciabilità dei rifiuti ingombranti… nulla di tutto ciò, il solo progresso intervenuto sembra quello della scopa: dalla saggina alla plastica.

Tornando alla questione delle “correnti culturali” si potrebbe azzardare che la mancanza di tecnologia, nel campo dei rifiuti, abbia prodotto nella Capitale un deficit di civilizzazione. Una teoria affascinante: meno tecnologia più inciviltà. Tralasciando la banale teoria dei “vetri rotti” non è  sbagliato affermare che l’inciviltà di molti sia il prodotto della indifferenza e sciatteria che viene posta in quelle che sono le soluzioni moderne ad un problema vecchio.

Anticamente a Roma quando ancora non c’erano le fogne i rifiuti venivano gettati al mattino dalle finestre; liquami e avanzi di cibo (pochi in verità) si andavano accumulando nella via fino a quando un provvidenziale acquazzone non ripuliva il tutto. Non siamo certo a questo punto ma l’antica abitudine di sbarazzarsi dei rifiuti lasciandoli in strada a quanto pare sopravvive ancora ed è  molto diffusa.

Alla mancanza di tecnologia e di conseguenza di civiltà c’è anche l’assenza nei nostri amministratori pubblici di quello che potremmo definire il senso della realtà: sembra quasi che assessori e consiglieri non abbiano ancora compreso l’oggettività del fatto che la città che amministrano è desolatamente sporca, sciatta e trascurata.

I nostri antenati avevano invece ben compreso l’importanza di avere una città dotata di acqua corrente e servizi fognari e pertanto dimostrando una eccezionale modernità realizzarono a Roma una capillare rete di acquedotti e fogne.

Quando con il passare dei secoli la modernità e tecnologia dei nostri avi andò a farsi benedire si dovette ricorrere alle pene corporali per mantenere pulite le strade.

Oggi sembra quasi di essere tornati indietro nel tempo: mancano giusto  le targhe in marmo che avvisano che “per ordine di Messer Gualtieri, illustrissimo presidente delle strade, si vieta di fare immondezzaro pena Euro 100 per volta e altre pene corporali”.

Francesco Gargaglia

 

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