Home TEMPO LIBERO Monte Mario, tre giorni di jazz in ricordo di Massimo Urbani

Monte Mario, tre giorni di jazz in ricordo di Massimo Urbani

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Galvanica Bruni

Sarà una tre giorni a tutto jazz quella che si terrà da venerdì 7 a domenica 9 luglio a Monte Mario, nel parco Santa Maria della Pietà e precisamente nella piazzetta antistante il padiglione 32.

Il “Festival del Jazz di Monte Mario”, giunto alla quarta edizione, promosso dal XIV Municipio e organizzato dalla società Pirene, anche quest’anno sarà dedicato al famoso sassofonista romano Massimo Urbani, morto nel 1993 all’età di 36 anni, che proprio a Monte Mario era nato e cresciuto.

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Un weekend in note a ingresso libero e con un cartellone interessante. Tutti i concerti inizieranno alle 21; si parte venerdì 7 con Lorenzo Simoni 4Tet, sabato 8 sarà il turno del Danilo Blaiotta Trio mentre domenica sera, a chiudere la kermesse, sarà il Jacopo Ferrazza 5Tet.

Massimo Urbani, orgoglio di un quartiere

Massimo Urbani è stato uno dei maggiori interpreti del jazz a livello nazionale. Il suo immenso talento fu riconosciuto ed apprezzato dai più grandi maestri italiani ed internazionali. In Italia suonò nei più importanti festival jazz e collaborò con moltissimi artisti. Inoltre la sua interpretazione di Everything Happens To Me, dall’album The Blessing, è considerata la migliore mai realizzata.

Fin da giovane, però, iniziarono a manifestarsi in lui i primi sintomi di quel disagio esistenziale che lo avrebbe condotto lentamente all’autodistruzione. Consumato da alcool e droghe, morì il 23 giugno 1993 per un collasso cardiocircolatorio.

In suo onore fu istituito nel 1996 il Premio internazionale Massimo Urbani, riconoscimento sacrosanto a colui che aveva contribuito ad aprire una strada imponendosi come protagonista di un genere che a partire dagli Anni ’70 iniziò ad essere apprezzato anche dal grande pubblico e studiato nei conservatori da una generazione di ragazzi che in esso vedeva un canale di sfogo più colto del rock per manifestare la propria protesta giovanile. Forse perché già allora il rock aveva perso la sua spinta propulsiva e iniziava a ripiegarsi su se stesso. E allora c’era bisogno di nuovi sbocchi.

Urbani fu uno dei precursori e Monte Mario uno dei laboratori in cui quella rivoluzione veniva sperimentata. Il sassofonista era solo la punta dell’iceberg di una scena in costante fermento e il quartiere, quell’anima jazz non l’ha mai smarrita. Così come non ha mai smarrito il patrimonio di storie, percorsi, aneddoti e personaggi che a quell’anima erano e sono legati. Quanto forte ancora lo vedremo nel weekend ma è lecito aspettarsi che, ancora una volta, passato e presente si rincorreranno per ritrovarsi uniti in un solo istante.

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