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    Massimo Troisi, non ci resta che… il ricordo

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    Non ci resta che sorridere, altro che piangere, al ricordo di Massimo Troisi che oggi avrebbe compiuto 70 anni. Un genio che è rimasto troppo poco con noi qui, sulla terra. Ci avrebbe regalato altre perle di saggezza, ironiche ma realiste, fra pensieri che viaggiano in maniera diversa dagli stereotipi ma che arrivano sempre al centro del bersaglio.

    Un figlio se lo chiami Ugo è più rispettoso d’un Massimiliano, che se devi fargli una ramanzina prima che snoccioli tutto il nome già è scappato via. E se qualcuno ti ricorda a più riprese che “devi morire”, annotalo su un foglio.

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    Quante gag, quante risate, ma soprattutto quanta intelligenza nel far ragionare il pubblico con una semplice battuta. E poi la capacità di sapersi trasformare, partendo da una verve comica come quella iniziale della “Smorfia” a ruoli interpretativi di grande spessore, basti semplicemente pensare a “Il postino”.

    Morire a quarantuno anni, Massimo è passato a miglior vita in maniera improvvisa, anche se quel cuore ballerino che si ritrovava, più d’una avvisaglia l’aveva già data. E chissà quale congettura astrale si sarà innescata già con la sua seconda regia, realizzata dopo lo straordinario successo di “Ricomincio da tre”. Scrisse e diresse “Morto Troisi, viva Troisi!”, un finto film-reportage sulla sua morte, realizzato con interviste e funzione religiosa. Ecco, venne proposto in TV la sera della sua morte, dodici anni dopo, nel 1994.

    L’arguzia nelle risposte, la semplicità di un uomo nato nell’hinterland napoletano, la velocità di un intelletto apparentemente lento, l’intuito di saper far ridere anche solo con un battito di ciglia.

    Che se ne sia andato via troppo in fretta è già stato scritto. I “grazie Massimo” che continuano a piovere come applausi a scena aperta sono la testimonianza di chi sia stato, sul palco e nella vita.

    A Napoli, all’indomani della conquista dello scudetto, scrissero sulle mura del cimitero una frase tipo “non sapete che vi siete persi”, rivolto ai cari estinti del luogo.
    Ecco, anche Massimo Troisi, meriterebbe una frase del genere. Magari rivolta a quelle nuove generazioni alla continua ricerca di effimeri idoli da prendere come esempio.

    Massimiliano Morelli

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