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Nasce sulla Camilluccia “La ragazza con l’Europa in tasca”

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Giovedì 14 luglio esce in libreria e negli store online “La ragazza con l’Europa in tasca” romanzo d’esordio di Lavinia Monti che racconta la storia di Ludovica, “generazione Erasmus”: le sue avventure partono e tornano a Roma in un viaggio alla ricerca di sé e del proprio posto nel mondo, tra nuovi amori e grandi amicizie.

Nel libro il racconto parte dalla Camilluccia e sono tante le descrizioni del quartiere e di Roma Nord. Per averne un assaggio ecco un breve estratto dal primo capitolo:

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“Mi chiamo Ludovica Giglioli e sono nata a metà degli anni Settanta, a Roma, a via della Camilluccia, “con due elle, due ci e una sola emme”, come mi ripeteva pazientemente mio padre quando imparai a scrivere da sola il nostro indirizzo. “Camilluccia viene dal principe Camillo Filippo Ludovico Borghese che, oltre al palazzo romano, aveva anche una dimora in campagna e per raggiungerla a cavallo passava proprio da qui: la Camilluccia, la piccola strada di Camillo” si premurava di aggiungere ogni volta, e a me sembrava un fatto importante, di cui andar fieri, anche perché uno dei tanti nomi di questo fantomatico principe era uguale al mio.
Sulla strada del principe Camillo, le automobili, grazie alla quasi totale assenza di traffico, sfrecciavano a una velocità spaventosa, tanto che mio padre, con il suo humor nero e il suo adorabile catastrofismo, mentre ci esortava ad adottare la massima attenzione e destrezza nell’attraversarla, sentenziava preoccupato “Altro che via della Camilluccia! Sarebbe da chiamarla via della Morte!”. In realtà, la nostra strada non aveva nulla di funereo, anzi. Semplicemente non era una via per pedoni, né per individui senza auto o senza autista.

Nell’immaginario collettivo degli anni Ottanta, la Camilluccia richiamava piuttosto ambasciate (come quella olandese e di alcuni Paesi del Medio Oriente), ville con piscina e comprensori di lusso, tra cui quello di Renato Zero. Da qui le reazioni ammirate quando, nei primi contatti con il mondo esterno, dichiaravo di abitare proprio lì.
In realtà, il nostro rispettabilissimo condomino, seppur signorile e ben tenuto, non aveva nulla di sfarzoso. Era una graziosa palazzina arancione, con una dozzina di appartamenti tutti provvisti di ampi terrazzi, cui si accedeva tramite un bel giardino condominiale, con il suo pratino all’inglese, che in primavera si riempiva di margherite, e dei begli alberi. Pieno zeppo di libri (per dirla con le parole di un fattorino loquace “prima o poi i libri vi cacceranno”), di dipinti antichi e moderni, sculture e soprammobili, il salotto di quella casa è, a onore del vero, a tutt’oggi tra i più belli che abbia mai frequentato. Dalle grandi vetrate non si scorgono altro che i rigogliosi alberi di Villa Tre Colli, il parco prospiciente.
È  questo, ancora oggi, l’orgoglio di mio padre: “Vedi, sembra di stare a Cortina” ironizza spesso. E in effetti, oltre all’innata e inguaribile tendenza a procrastinare qualsiasi cambiamento, credo che a far rimanere i miei genitori nella stessa casa per oltre cinquant’anni sia stato proprio quel salotto, pieno di luce e di verde, a una manciata di chilometri dal centro di Roma…

Pagina dopo pagina, la protagonista percorre un viaggio su e giù per il Vecchio Continente, arricchendosi del valore delle persone conosciute e delle situazioni vissute, incorniciate da riferimenti letterari, cinematografici e musicali.

Una narrazione brillante e ironica, ricca di dialoghi e situazioni ben pennellate in cui potersi immedesimare, avvolti dal filo delle emozioni e dei ricordi.
Un libro (autobiografico) che invita i giovani a scegliere ancora esperienze all’estero per aggiungere valore alla propria formazione e aumentare opportunità per la carriera.
(red.)

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