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Quarant’anni fa, quella vigilia tricolore…

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Ancora non sapevamo cosa stava per accadere, neanche potevamo immaginare l’euforia che avremmo vissuto di lì a poche ore. La sera del 10 luglio 1982, vigilia della sfida con la Germania, eravamo ebbri di felicità per aver raggiunto la finale della coppa del mondo di calcio, quarantadue anni dopo la conquista della coppa Rimet.

Fantasticavamo chissà cosa, dopo aver sconfitto Argentina e Brasile in maniera inaspettata, e aver domato la Polonia, che la semifinale contro gli azzurri la disputò senza il suo alfiere Boniek.

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Noi, italiani che avevamo ricominciato a scendere in strada per festeggiare gli azzurri, vagheggiavamo la festa. Ma eravamo consapevoli di quanto sarebbe stata difficile quella sfida. Avremmo dovuto giocarci la finale contro la Germania. Che pareva un colosso, al nostro confronto.

E sì, c’era il ricordo piacevole e godurioso della semifinale di Città del Messico, dodici anni prima i panzer li avevamo battuti 4-3 all’Azteca. Ma l’euforia veniva placata presto dai nomi della formazione tedesca. Bastava quello di Karl Heinze Rummenigge, a incutere timore. Provate a leggerlo con enfasi teutonica, quel nome, vi renderete conto che incute davvero timore. Ma pure quello di “compagno” Breitner, già campione del mondo nel 1974, non è che faceva dormire sonni tranquilli.

Reputavamo la Germania fortissima, specie dopo averla vista all’opera in semifinale. Squadra caparbia, tosta, un rullo compressore. Ma, dopo anni di magra e al ricordo che nel 1970 gli azzurri vicecampioni del mondo (sconfitti dal Brasile 4-1) li accogliemmo al rientro in Italia a pomodorate, pensavamo che comunque avremmo festeggiato, sia pure un secondo posto. Quei ragazzi di Enzo Bearzot ci avevano comunque fatto sognare…

Così facemmo le file nelle mercerie per acquistare stoffe bianche, rosse e verdi. Così andammo alla ricerca di introvabili trombette. Così, ci preparammo alla finale, che la sera dopo avremmo vissuto davanti i teleschermi. E mentre Nando Martellini stava studiando la partita per raccontarcela col consueto garbo che lo contraddistingueva, noi sognavamo a occhi aperti…

Massimiliano Morelli

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