Home CRONACA Giovanni Manna, i figli: “Tutto è in mano agli avvocati”

Giovanni Manna, i figli: “Tutto è in mano agli avvocati”

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Galvanica Bruni

Poche righe comparse su facebook scritte da uno dei figli di Giovanni Manna, il 73enne ritrovato senza vita sabato 20 novembre nel Parco dell’Insugherata, dopo che quattro giorni prima si era allontanato dal Pronto Soccorso del Policlinico Gemelli.

Il messaggio del figlio

Una scritta bianca su uno sfondo nero, poche gelide parole contro l’ospedale, accusato di non aver avvisato la famiglia, o di averla avvertita troppo tardi della scomparsa del padre dalla struttura, dopo che a figli e moglie era stato impedito di accompagnarlo e restare con lui.

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Se il Gemelli, come dice e fa scrivere sul Messaggero, ci ha avvertito e ha avvertito le autorità appena si sono accorti che mio padre non c’era – scrive Nicola Manna su Facebook – saremo lieti di vedere i tabulati e sentire le registrazioni di queste telefonate. Forza, tutto è in mano agli avvocati” – conclude.

Un avviso che raccoglie tutta la disperazione di una famiglia a lutto, ma anche di un’intera comunità fatta di amici, volontari, cittadini che a poco a poco si sono uniti alle ricerche e che per quattro giorni e quattro notti hanno scandagliato passo passo interi quartieri alla ricerca dell’uomo.

Dalla sera della scomparsa non si sono più fermati, lo hanno cercato ovunque, ma di Giovanni, che soffriva di Alzheimer, nonostante qualche segnalazione di avvistamento, dalle 19.30 di martedì 16 novembre non si è mai più saputo nulla.

In questi giorni abbiamo ricevuto delle chiamate da parte di cittadini che dicevano di averlo visto, ma ogni volta che ci precipitavamo sul posto non trovavamo nessuno – raccontava due giorni fa un volontario della Protezione Civile, impegnato nelle ricerche. Inghiottito nel nulla, o forse no, forse come ora teme la famiglia, semplicemente Giovanni è stato vittima di mala gestione ospedaliera, oltre che della sua malattia.

I fatti

Quando la sera di martedì 16 l’uomo si è sentito male a casa sua, è stato trasportato in ambulanza al Pronto Soccorso del Gemelli. Dai racconti dei figli, nessuno ha potuto accompagnarlo, né entrare con lui. A quel punto, preoccupati per lo stato di salute del padre, e consapevoli del rischio che l’uomo si sarebbe potuto allontanare dall’ospedale, uno di loro ha chiamato il 118 per assicurarsi di fare attenzione.

Dopo poco ecco però che arriva la prima telefonata di Giovanni alla famiglia, che dice di voler tornare a casa. I figli cercano di tranquillizzarlo, invitandolo a non muoversi. Ma poco dopo arriva la seconda e a quel punto, l’uomo è già fuori dall’ospedale. Vana la corsa dei figli che si precipitano al Gemelli, come inutili sono anche le prime ricerche all’esterno del Pronto Soccorso e nelle vicinanze dell’elisuperficie, punto in cui sembra trovarsi l’uomo dai racconti dell’ultima telefonata.

Giovanni Manna sparisce. Ha con sé il cellulare che dopo poco però si scarica. La famiglia si attiva immediatamente nelle ricerche, certa che il 73enne, viste le sue condizioni di salute, non sia in grado di tornare a casa da solo, né di restare per ore senza assistenza né medicine.

Dopo poche ore a cercarlo sono in tanti che grazie al passaparola sui social, e tra conoscenti, si attivano nelle ricerche. Addirittura nella mattinata di sabato scorso viene organizzata una maxi squadra di ricerche con i cani molecolari, ripartendo proprio dall’uscita dell’ospedale.

Proprio nella stessa giornata però, arriva la notizia che nessuno avrebbe mai voluto ricevere: a metà pomeriggio  l’equipaggio di un elicottero della Polizia, in volo sulla capitale, nota un corpo senza vita su un prato del Parco dell’Insugherata, e purtroppo le pattuglie delle forze dell’ordine che accorrono sul posto, non possono far altro che confermare le generalità dell’uomo: è Giovanni Manna.

Ora, in attesa che l’autopsia possa far chiarezza sul giorno e le cause della morte, la famiglia non ci sta e intende vederci chiaro su quello che è successo quella sera al Pronto Soccorso del Gemelli.

Ludovica Panzerotto

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1 commento

  1. Dalla narrazione pare che il signor Giovanni sia stato accompagnato dai parenti al Pronto Soccorso del “Gemelli” e che ai parenti non sia stato concesso di entrare nelle sale di visita ( cè una pandemia in corso!). Ma pare che poi i parenti anzichè rimanere ad aspettare il padre in sala d’attesa siano tornati a casa dove hanno ricevuto le due telefonate del sig.Giovanni. Se così è stato a mio parere i parenti del sig. Giovanni sono stati a dir poco “superficiali”. Il buon senso insegna che quando si accompagna una persona cara al Pronto Soccorso si attende il responso medico e non si torna a casa. In ogni caso ( sia se dimesso, sia se allontanatosi volontariamente) come sarebbe dovuto tornare a casa il sig. Giovanni, forse con un taxi?

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