A David Tobini, il militare di Osteria Nuova morto in Afghanistan il 25 luglio 2011 mentre partecipava a un’attività del contingente internazionale “Peace keeping mission”, sono state conferite, alla Memoria, la “Croce d’Onore” e la “Medaglie d’Argento al valor militare”. Inoltre, dopo alterne vicende burocratiche, il 18 aprile 2013, in via dei Casali di S.Spirito, sulla Camilluccia, un piccolo parco è stato intitolato alla sua memoria.
Ma sulle cause della morte aleggiano i misteri e oggi c’è un nuovo elemento a complicare la vicenda: l’ultimo, secondo sua madre Annarita Lo Mastro, di una lunga lista di fatti, depistaggi, verità nascoste, che in dieci lunghi anni le hanno negato di fare luce sulla morte di suo figlio, un giovane di 28 anni caduto in missione.
Come ha raccontato alla nostra redazione la mamma del Caporal Maggiore Scelto dell’183° Reggimento Paracadutisti Nembo della Brigata Folgore – e come anche riporta l’edizione de Il Messaggero di martedì 22 giugno – nell’indagine su David Tobini ora emerge una lettera, scritta dal ragazzo per la madre ma mai consegnata alla donna.
La lettera sparita
“Non mi do pace al pensiero che mio figlio mi avesse scritto qualcosa di importante e che mi sia stata negata la possibilità di leggerla; sappiamo che questa lettera esisteva e che ora è sparita. Lì sopra c’erano le ultime parole che David aveva scritto per me; quella lettera potrebbe contenere verità importanti anche sulla sua morte e qualcuno l’ha fatta sparire” – ha raccontato la signora Annarita a VignaClaraBlog.it.
L’esistenza di una missiva indirizzata alla madre di David non è solo un’ipotesi; a confermare la sua presenza ci sarebbe infatti il verbale stilato da una commissione nel momento del recupero degli effetti personali del giovane.
Ma andiamo per ordine. Tre mesi dopo la morte del parà si procede all’apertura del suo armadietto; al suo interno vengono rinvenuti alcuni oggetti di proprietà del ragazzo, trascritti successivamente su un verbale. Tra questi anche la lettera, recuperata e consegnata da un soldato – che poi lo confiderà ad altri colleghi –ma mai recapitata a sua madre.
Cosa aveva scritto David? Perché la lettera è stata fatta sparire? Quali informazioni conteneva? Annarita continua a farsi queste e tante altre domande, certa però che la morte di suo figlio sia legata anche a quella missiva.
“Finora i PM di Piazzale Clodio hanno indagato per omicidio colposo, ma quello della lettera è un elemento che le due procure, ordinaria e militare, non possono trascurare. Quella era una missiva privata, indirizzata a me e io non l’ho mai ricevuta. In dieci anni mi hanno negato verità e giustizia e ora anche le ultime parole di mio figlio.”
Il mistero della lettera però è solo uno dei tanti fatti accaduti nel corso di tutti questi anni sul caso Tobini, una morte archiviata come conseguenza di un conflitto a fuoco ma su cui invece secondo i familiari c’è ancora molto da chiarire.
Un’inchiesta durata solo sei mesi
A Roma per pochi giorni di licenza, dopo aver festeggiato il suo compleanno, il 24 luglio 2011 David riparte per tornare in missione, ma dopo solo ventiquattrore viene ucciso. Appena dopo sei mesi dalla sua morte le indagini si chiudono: Tobini è caduto vittima a Murghab, nella provincia di Badghi nel tentativo di salvare i suoi compagni durante uno scontro a fuoco.
La signora Annarita Lo Mastro però non si arrende e sente che dietro la morte del suo giovane figlio c’è ancora dell’altro, tant’è che quel primo fascicolo viene archiviato incompleto senza relazione del Ris sui reperti.
Annarita allora va avanti, contro tutto e tutti perché lei la verità pensa di saperla già, ma vuole anche venga a galla e soprattutto lei, madre di David, pretende giustizia per suo figlio.
“Da subito è stato chiaro che sulla morte di David ci fosse qualcosa che non tornava; in tutto questo tempo sono rimasta lucida e, nonostante il dolore immenso, ho messo in fila tutti gli elementi; ho cercato aiuto e sostegno ma ben presto mi sono ritrovata sola davanti una montagna enorme” – ha raccontato la mamma di David alla nostra redazione.
David è stato ucciso dal fuoco amico?
Annarita sa bene che per trovare la verità deve rimanere vigile, “in queste situazioni trovi anche chi si approfitta del dolore e spera di farti passare per pazza” e prosegue la sua missione affinché venga fatta giustizia.
Quello della madre di David è una dura e lunga battaglia, caratterizzata per quasi dieci anni da porte chiuse in faccia, udienze negate, archiviazioni affrettate e gesti ignobili, come la targa in ricordo del ragazzo affissa nel piccolo parco di Via dei Casali di S.Spirito alla Camilluccia, sfregiata per ben due volte, ma alla fine, nel novembre del 2019, riesce a far riaprire l’inchiesta dalla Procura di Roma.
“Quel giorno, il 25 luglio 2011, durante quell’operazione nella valle di Khame Mullawi, qualcosa è successo, qualcosa è andato storto – prosegue la signora Lo Mastro – a cominciare per esempio da chi avrebbe autorizzato l’operazione; ma soprattutto, è probabile che David sia rimasto vittima del fuoco amico”.
Quello che la mamma di Tobini teme è che non siano stati considerati fino in fondo tutti i possibili rischi di quella missione, pericoli che, a detta de il Messaggero del 16 agosto del 2020, erano stati comunque evidenziati da alcuni soldati coraggiosi prima di uscire. Non era stata predisposta per esempio la copertura aerea, come invece prevede il protocollo in queste occasioni, ma soprattutto David potrebbe essere stato raggiunto da un colpo sparato a distanza ravvicinata e non da minimo 300 metri come sempre ipotizzato.
Il giallo sul colpo sparato da vicino
Sempre Il Messaggero infatti, nell’agosto scorso, basandosi su notizie trapelate dal nuovo fascicolo d’inchiesta, sosteneva che “a ferire a morte il militare non sarebbe stato un proiettile sparato da un ribelle talebano durante il combattimento come si era ipotizzato fino a ora ma qualcuno che, mentre David era intento a contrastare l’azione nemica rispondendo alla minaccia con la sua arma in dotazione, a distanza ravvicinata avrebbe puntato l’arma sul suo capo e aperto il fuoco”.
A dimostrarlo una perizia tecnica redatta dall’esperto balistico e già consegnata in procura: le tracce riscontrate sull’elmetto che indossava Tobini, al momento sotto sequestrato, parlano di ustione e combustione, segni che indicano l’esplosione di un colpo sparato da vicino.
“Anche su questa vicenda ci sono indicazioni contrastanti – continua la mamma di David – nonostante le relazioni portino la stessa firma, nel 2013 ci venne comunicato che il colpo che aveva ucciso mio figlio era posteriore, nel 2020 anteriore; sono passati dieci anni ma quello che sembra chiaro è che si stia tendando di archiviare il caso ancora una volta.”
Ora infatti il timore più grande di Annarita, è quello di una nuova archiviazione delle indagini, proprio ora che a pochi giorni dal decimo anniversario, è comparso il nuovo mistero della lettera sparita.
“Nonostante tutte le difficoltà andrò avanti, non intendo fermarmi fino a che non sarà fatta giustizia. Ci sono dei responsabili sulla morte di mio figlio e devono essere individuati, sono passati dieci anni ma non mollerò, non lo farò fino a che non si arriverà alla verità” – ha concluso la signora Lo Mastro.
Ludovica Panzerotto
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La lettera potrebbe essere stata smarrita (non sarebbe la prima volta) e i dettagli delle operazioni non sono sempre gli stessi. I protocolli esistono ma esistono anche situazioni contingenti, immediate, improvvise, non preventivabili che inducono un cambio di tattica e strategia per ottenere il risultato prefissato. Il colpo sparato da vicino: perchè, non si può essere avvicinati all’improvviso dal nemico e giustiziati a freddo? Troppe cose vengono date per scontate e dubbi sollevati dubbi, spesso andando a casaccio. Solo una cosa è certa: niente e nessuno restituiranno il ragazzo alla propria madre, così come accaduto a tante altre famiglie. Una preghiera