“C’è chi la solitudine della montagna la cerca, c’è chi la sopporta, c’è chi la annega nel vino e chi la subisce fino ad esserne schiacciato. La solitudine è fatta per chi sa di non essere mai solo per davvero”
Dal giorno 26 aprile è in edicola, per l’iniziativa letteraria della GEDI ‘Storie di montagna’ , “Il pastore di stambecchi” di Louis Oreiller con Irene Borgna (170 pag., Euro 9,90), lo straordinario e avventuroso racconto di un uomo di montagna.
In questi ultimi decenni la montagna è diventata una delle mete turistiche preferite dagli italiani; in montagna si va per sciare, arrampicare o semplicemente per camminare. Si alloggia in splendidi alberghi e si mangiano cibi genuini e a volte sofisticati. Un luogo da favola dove trascorrere le vacanze a stretto contatto con la natura.
Niente a che vedere con la montagna raccontata da Louis Oreiller, quella del passato; un luogo ostile, durissimo, spesso al limite della sopravvivenza dove la fatica, la sofferenza e la solitudine sono la normalità.
Oreiller valdostano originario di Rhemes-Notre Dame, classe 1934, nel “Il pastore di stambecchi” ci racconta in prima persona la sua esperienza di montanaro a contatto con una natura tanto bella quanto spietata che spinge spesso, i meno forti, ad abbandonarla per sopravvivere
Oreiller nella sua lunga vita ha affrontato ogni genere di esperienza e di lavoro senza per questo odiare mai l’ambiente in cui è vissuto: pastore, boscaiolo, manovale, cacciatore di frodo, contrabbandiere e poi, nella maturità, guardiaparco e guardacaccia.
Una intera esistenza condotta a stretto contatto con la montagna, il suo difficile ambiente, i suoi animali; una durissima scuola di vita che lo ha portato ad apprezzare le dure condizioni di vita ma anche le gioie che la montagna sa regalare a chi è capace di accettare le sue implacabili condizioni.
Nella sua vita Oreiller ha avuto spesso quali compagni il gelo, la sofferenza fisica, la solitudine e la fame; eppure non ha mai abbandonato, se non per brevissimi periodi, le montagne di Rhemes che ha attraversato a piedi in lungo e in largo arrivando a conoscere ogni luogo e ogni segreto.
Nella solitudine dell’alta montagna ha avuto quali compagni cani, manze, caprioli o altri animali che dopo aver smesso i panni di cacciatore di frodo ha incominciato a rispettare profondamente.
Quale guardiaparco e guardiacaccia ha trascorso infine molti anni a proteggere la fauna selvatica che proprio grazie all’opera infaticabile di uomini come Oreiller è tornata oggi a frequentare le Alpi.
“Il pastore di stambecchi” è lo straordinario, sincero e avvincente racconto di una vita trascorsa nella montagna non del turismo, ma in quella delle slavine, dei venti selvaggi, delle temperature polari dove la libertà è assoluta.
Qualcuno ha scritto che “nel paese nel quale viviamo la vita non è abbastanza dura o abbastanza pericolosa da richiedere grandezza d’animo agli individui”: una affermazione che in nessun modo può essere riferita al montanaro Louis Oreiller.
Francesco Gargaglia
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