Home ARTE E CULTURA La pandemia e il teatro a Roma Nord: facciamo il punto

La pandemia e il teatro a Roma Nord: facciamo il punto

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I teatri resteranno chiusi almeno fino al 5 marzo: questa è l’unica certezza di una situazione che si protrae da quasi un anno e che determina reazioni a catena nel mondo dello spettacolo e della cultura.

Il settore, in fortissima difficoltà a causa della pandemia, è una galassia composita nella (e attorno alla) quale orbitano lavoratori difficilmente inquadrabili e figure professionali non considerate adeguatamente. Oltretutto, l’infelice definizione di “lavoratori non necessari” – arrivata da più parti e in più fasi – non è stata certo d’aiuto in questo periodo tanto lungo quanto problematico.

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Per cercare di fare il punto della situazione abbiamo parlato con i vertici dei due teatri privati più importanti di Roma Nord, con il direttore artistico del Teatro Le Sedie di Labaro, con gli uffici stampa e le professioniste della comunicazione radicate ed operanti sul territorio, e con gli artisti che hanno portato sul palco quella bellezza che Vittorio Gassman definiva non “un optional, ma come un’esigenza, un irrinunciabile elemento dell’alimentazione” di tutti noi.

Teatro Olimpico: “C’è bisogno di un’iniezione di fiducia e speranza!”

Direttore artistico e amministratore delegato del Teatro Olimpico, Lucia Bocca Montefoschi ripercorre rapidamente quest’anno durissimo: “abbiamo ricevuto aiuti per gli anticipi della cassa integrazione, ma prima o poi finiranno… Quando, lo scorso ottobre, eravamo pronti a riaprire, avevamo predisposto le operazioni necessarie alla sanificazione del teatro”.

Al telefono la professoressa Bocca dice con la voce incrinata che “non sarà facile ricominciare”, per poi rievocare quel 22 gennaio 2016, quando il crollo parziale dello stabile sul lungotevere Flaminio impedì le attività del teatro per tre mesi e quando, dopo, si ricominciò con una grande festa: “ora è più dura, si tratta di ripartire tutti insieme, sperando che le varianti del virus siano sotto controllo, la campagna vaccinale proceda speditamente e, poi, non si esageri con la limitazione dei posti”.

Ma non è del passato che il direttore artistico dell’istituzione culturale di piazza Gentile da Fabriano ha voglia di parlare. Dopo averci raccontato della sensazione inedita e straniante di recarsi in ufficio di tanto in tanto, guardare le locandine degli spettacoli precedenti e aggiornare continuamente un cartellone che al momento si può scrivere (cancellare e riscrivere) solo a matita, Lucia Bocca ci tiene moltissimo a mandare un messaggio al pubblico del Teatro Olimpico e dell’Accademia Filarmonica Romana: “c’è tantissima voglia di ricominciare in tutta sicurezza, c’è un grandissimo entusiasmo da parte nostra e c’è bisogno di un’iniezione di speranza e di fiducia da parte degli spettatori”.

Teatro Ciak: “Il Ministero non tutela i teatri privati”

Michele Montemagno, che insieme a sua moglie, l’attrice Linda Manganelli, gestisce il Teatro Ciak (via Cassia, 692) ci racconta di “un anno di attesa, false ripartenze e aspettative mancate”, evidenziando che “i proprietari del teatro ci sono venuti incontro con il costo dell’affitto e che ci siamo dovuti reinventare lavorando esclusivamente con i corsi di recitazione”.

A questo proposito, Linda Manganelli ci dice: “credo di essere una privilegiata perché in quest’anno di lontananza dal palcoscenico mi sono dedicata ai laboratori di recitazione e questo mi ha permesso di continuare a vivere il teatro”.

Insegnare ai ragazzi mi riempe di gioia” – continua Linda – “però non compensa questo enorme vuoto. Manca tutto. Mancano le prove, le insicurezze, le emozioni, la sensazione di vuoto allo stomaco che ti prende appena prima di entrare in scena. Manca il pubblico”.

E la sensazione attuale? “È quella di vivere sospesi, fuori dal tempo in attesa di sentire di nuovo ‘signori, chi è di scena?’”.

Siamo arrivati ad ottobre 2020 con tutti i contratti stipulati con varie produzioni” – riprende Montemagno – “eravamo pronti per partire con la stagione dopo aver investito molti soldi per le barriere in plexiglas, da mettere fra una poltrona e l’altra, e per la sanificazione, fatta pochi giorni prima dell’improvvisa chiusura”.

E sul “fronte ristori?”. “La situazione è stata molto complicata! La Regione Lazio è stata fondamentale per la sopravvivenza di tutti i teatri della nostra regione, aiutandoci con contributi erogati a circa sessanta teatri”.

“Purtroppo, invece” – aggiunge Montemagno – “abbiamo patito il Ministero dei Beni Culturali, che ha riconosciuto ricchissimi contributi solo a 69 teatri in tutta Italia. Questo perché il Ministero, anziché tutelare le realtà più fragili del nostro settore, ha voluto sostenere i teatri pubblici, quelli già sovvenzionati con i fondi FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo, ndr), e introdotto paletti che escludono il 90% dei teatri privati italiani”.

E ora? “Sarà davvero complicato salvare qualcosa di questa stagione, il nostro lavoro è basato sulla programmazione. Non auspico la riapertura dei teatri ad ogni costo perché è una grande responsabilità gestire la sicurezza del nostro pubblico quando siamo ancora in una fase critica della pandemia”, risponde Montemagno.

Qual è la vostra speranza?Che si sfruttino questi mesi per fare i vaccini in modo da poter iniziare la prossima stagione in sicurezza, supportati, si auspica, da un diverso atteggiamento del Ministero”, è la replica.

Avevamo già dato disponibilità ai medici di base del XV Municipio per poter utilizzare il teatro per tamponi e vaccini. Poi ci siamo scontrati con la burocrazia ed è diventato tutto più complicato”, conclude Montemagno.

Stabile del Giallo: “ci lasceremo questo momento terribile alle spalle”

La regista Anna Masullo, una delle colonne portanti dello Stabile del Giallo, le cui rappresentazioni sono nel cartellone del Ciak fin dalla sua apertura del novembre 2018, ci dice che “la compagnia, nel corso della sua attività più che trentennale, ha superato molti momenti bui, non ultimo quello di rimanere intrappolata nelle maglie della tristissima e famosa delibera 140 (che all’inizio del 2017 determinò lo sfratto del Teatro dalledificio di via al Sesto Miglio, ndr)”.

Abbiamo imparato a navigare in acque tempestose” – dice ancora l’artista nata a Potenza – “che in un modo o nell’altro ci hanno portato sempre a reinventarci. La costanza del pubblico nel seguirci ed ‘inseguirci’ durante tutto questo tempo ci ha dato sempre, insieme alla nostra passione, la forza e la leggerezza di non mollare mai. Il Teatro Ciak ci ha adottato, una collaborazione che si rivelerà sempre più fruttuosa, una volta che avremo alle spalle questo terribile momento”.

La speranza” – dice ancora Anna Masullo – “è quella di ritornare quanto prima ad assaporare la magica esperienza del teatro dal vivo. Non solo nel farlo, ma anche – ed è questo che mi manca di più ora – nel goderne.

Ciò che accade tra il pubblico e gli attori, in questi contesti, è irripetibile. Quando lo spettacolo funziona, il luogo che ospita una tale esperienza si trasforma in una cassa di risonanza, creando un atto di comunione potentissimo tra il pubblico e tra questo e gli attori”.

La prospettiva” – conclude la regista – “è di attendere che tutto questo accada, molto probabilmente non nell’immediato. Ciò che ritengo importante ora, in tutto quello che stiamo affrontando, è di riuscire a capire quando la ‘parola’ è necessaria, e quando, altrettanto necessario, è il momento di fare silenzio. Ritrovarci. Fuori e dentro di noi”.

Teatro Le Sedie: “cos’è una società senza cultura?”

Il Teatro Le Sedie (via Veientana Vetere, 51) è l’unico presidio culturale di Labaro. Con i suoi sessanta posti il luogo trasmette l’idea di uno spazio aperto ad ogni individualità all’interno di una visione di insieme.

Il direttore artistico Andrea Pergolari ci dice che “la nostra situazione è comune a quella dell’intero mondo teatrale. La giusta e doverosa lotta contro la malattia non può prevedere come soluzione la cancellazione a tempo indeterminato di un intero settore sociale. Non è solo un problema economico” – conclude Andrea – “ma anche sociale, antropologico, politico: cos’è una società senza cultura?”.

Gli uffici stampa: “meritiamo considerazione e rispetto”

Maya Amenduni, che vive a Roma Nord e cura uno fra i più prestigiosi ed autorevoli uffici stampa della capitale (e non solo) sottolinea che “chiudere teatri, cinema e musei ha provocato un disastroso effetto domino nella lunga filiera dell’arte e della cultura”.

Non dico che non fosse necessario chiudere” – precisa subito Maya – “perché l’emergenza sanitaria deve avere la priorità, ma non si devono e non si possono dimenticare, ignorare e avvilire intere categorie di lavoratori”.

Sul “fronte ristori”, lufficio stampa del Teatro della Cometa, del Teatro Basilica e del Teatro Le Maschere (per citarne alcuni), evidenzia che “sono state previste diverse misure che supportano aree molto specifiche, ma nel settore della cultura sono tante le figure professionali, di elevata competenza, situate in una zona di mezzo, difficilmente inquadrabile e, per questo, scarsamente tutelate.

Queste realtà si trovano in difficoltà già da marzo 2020 e, in molti casi, non si parla di perdite economiche del 30%, ma c’è anche chi ha perso fino all’80% del fatturato” – prosegue Maya, per poi considerare: “personalmente ritengo che il nostro ordine dei giornalisti non abbia fatto il necessario per sostenere i nostri diritti: siamo giornalisti iscritti all’albo e ancora oggi non godiamo della piena considerazione di persone che esercitano una professione fondamentale nel mondo della comunicazione della cultura e dello spettacolo!”.

In altre parole, in questa seconda ondata della pandemia, non vi è stato alcun bonus,  nessuna agevolazione per chi lavora negli uffici stampa” – afferma ancora Maya, prima di concludere con un auspicio e una constatazione amara: “spero che il nuovo governo si renda conto di questa lacuna enorme che ha messo in ginocchio migliaia di professionisti della comunicazione, che vivono ormai da un anno in questo doloroso limbo fatto di stanchezza emotiva e dei sentimenti”.

Conosciutissimo ufficio stampa che si occupa di teatro, artisti e spettacoli fin da ragazza, Silvia Signorelli va dritta al punto: “a ottobre, alla Sala Umberto, nonostante il distanziamento e la sanificazione, abbiamo interrotto dopo soli quindici giorni di repliche. Siamo fermi con un’incertezza totale sulla ripartenza. Gli aiuti sono stati pochi e non rivolti a tutti”.

Io personalmente non ho avuto e non avrò nulla dal governo– prosegue Silvia – “e, come me, tantissime persone che, non essendo attori ma consulenti a partita IVA, non possono usufruire della cassa integrazione”.

Battagliera e diretta come sempre, l’ufficio stampa di Lillo & Greg (fra gli altri) stima che, a causa dello stop degli spettacoli, sono andati in fumo almeno trentamila euro, ma ciò nonostante continua a lavorare perché non vuole saperne di starsene ferma.

I teatri aspettano di poter riaprire, le compagnie di ripartire, gli attori di tornare a lavorare”- conclude Silvia – “nel frattempo qualcuno fa televisione, qualche altro affitta la sala e le produzioni riprogrammano per il 2022: quanti potranno sopravvivere? Quanto sarà penalizzata la qualità?”.

Alessia Ecora, oltre a curare la comunicazione del Ciak, collabora saltuariamente anche con l’ufficio stampa del Teatro Sistina e ha seguito diverse produzioni teatrali e alcuni progetti musicali andati in scena, non solo in vari teatri romani, ma anche in molte città italiane.

Il Covid ha interrotto tutto!” – esordisce Alessia, per poi aggiungere che “la nostra categoria ha subito molti danni: lo stop generale ha messo in estrema difficoltà tutto l’indotto e quindi, ovviamente, anche noi uffici stampa”.

Abbiamo vissuto, e purtroppo stiamo vivendo ancora, un momento di crisi che non si verificava dal dopoguerra” – dice ancora Alessia – “speriamo che questo virus allenti la presa al più presto perché non vediamo l’ora di rialzare il sipario!”.

Responsabile di un ufficio stampa tanto importante quanto consolidato, Fabiana Manuelli ci dice (anche lei) che “oggi la sensazione dominante è la totale incertezza del domani: fermano il tuo lavoro, senza preavviso e senza darti una prospettiva!”.

“Allora” – argomenta Fabiana – “confidi nei ristori, che nel mio caso sono arrivati solo a marzo e aprile e poi nulla più. Per fortuna, nella mia agenda lavorativa c’è stato tanto streaming, soprattutto di spettacoli teatrali, ma pochissimo di musica. La musica deve essere vissuta dal vivo, molto di più del teatro, e i numeri delle visualizzazioni lo dimostrano.

La scorsa estate abbiamo visto uno spiraglio di luce con la riapertura degli spazi” – ricorda Fabiana, che fra gli altri, cura anche la comunicazione dei Pink Floyd Legend – “a Roma tutto è stato organizzato molto bene, tutte le disposizioni del DPCM venivano rispettate e abbiamo potuto riassaporare il piacere di andare ad un concerto o ad uno spettacolo dal vivo”.

“Ci siamo illusi per un po’ che la stagione non sarebbe stata così male” – continua Fabiana – “pensando che, adottando le varie precauzioni, avremmo potuto proseguire le nostre attività anche al chiuso. E, invece, l’impennata dei contagi a fine ottobre ha azzerato il nostro futuro”.

Come tutti gli altri, Fabiana Manuelli sottolinea che allo stato attuale è impossibile la progettazione: “possiamo solo sperare nella vaccinazione di massa, perché solo con la certezza di un minor contagio potranno riprendere gli spettacoli dal vivo”.

È l’unica soluzione per salvare tutto un settore, dall’artista al tecnico luci, dal fonico di sala al local promoter, dai management agli uffici stampa”.

Facciamo luce… 

Ieri sera, in diverse città italiane, molti teatri, aderendo all’iniziativa “Facciamo luce”, promossa dall’UNITA (Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivi), hanno simbolicamente acceso le luci di sale e insegne, per ricordare che le persone che lavorano nel mondo dello spettacolo e della cultura non possono essere ancora ignorate.

Giovanni Berti

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