Dal 7 al 9 gennaio le lezioni si svolgeranno a distanza, con la didattica digitale, ma è da lunedì 11 che gli studenti delle scuole superiori torneranno in classe con la didattica in presenza al 50%.
E’ quanto prevede il decreto legge del 5 gennaio nel quale si precisa che soltanto nelle regioni che nel monitoraggio di venerdì 8 gennaio dovessero essere rosse – cioè con l’RT, l’indice di trasmissibilità, pari o superiore a 1,25 – le scuole superiori non riapriranno.
Presidi, professori e studenti sollevano però dubbi, chiedono di tornare in classe solo quando la diminuzione della curva dei contagi, la concreta attivazione di un sistema di trasporti dedicato alla scuola e test rapidi messi a disposizione degli istituti renderanno possibile il rientro in sicurezza.
Il fronte del no al rientro del prossimo 11 si allarga di giorno in giorno. A Roma a esprimersi palesemente con lettere aperte sono stati i docenti dei licei Gullace, Tasso, Righi, Plinio Seniore e di numerosi altri istituti.
A Roma Nord, anche i docenti dei due maggiori istituti hanno fatto sentire la loro voce chiedendo di continuare le lezioni a distanza fino a quando non ci saranno le condizioni per il rientro in sicurezza nelle scuole. Dopo quello del liceo De Sanctis, l’ultimo appello in ordine di tempo arriva dal liceo Farnesina.
I docenti del Farnesina
“Precisiamo – scrivono gli insegnanti – che i problemi organizzativi creati dal piano del Governo sono legati alla necessità di una didattica che garantisca una continuità anche operativa, senza la quale si crea un grande danno per l’apprendimento. Noi docenti siamo i primi a voler tornare a scuola, ma appunto in modo più proficuo e continuativo possibile. La decisione presa che si riduce a procrastinare di poco l’apertura della scuola pone ulteriori interrogativi e conferma che le scelte che si stanno prendendo sembrano un maldestro tiro alla fune tra le varie forze politiche ed esulano completamente dalle esigenze didattiche e dai dati epidemiologici oggettivi. Fare scuola non è mera occupazione di uno spazio fisico e di un tempo orario”.
“Chiediamo – incalzano i docenti dell’istituto di via dei Giuochi Istmici – che le lezioni proseguano a distanza, fino a quando non ci siano le condizioni sanitarie che consentano il rientro in sicurezza e non verrà elaborato un sistema organizzativo generale che non sia solo a carico della scuola, e che garantisca coerenza e continuità necessarie sia al lavoro dei docenti sia all’apprendimento degli studenti”.
I ragazzi del De Sanctis
Dal De Sanctis, dopo i professori sono gli studenti a esprimere forti perplessità sul riavvio delle lezioni il prossimo 11 gennaio. In particolare sulle lezioni nel fine settimana e sullo spostamento dell’ingresso in classe alle 10.
In una lettera firmata da quasi tutti i 1800 studenti del liceo, i ragazzi esprimono inoltre preoccupazione sull’assenza di indicazioni chiare per il prossimo esame di maturità (“Leggiamo che alcuni sostengono ci sia tempo per decidere, ma forse sfugge loro che a noi serve altrettanto tempo per prepararci”).
“Desideriamo tornare a scuola – scrivono i ragazzi – ma non nelle condizioni di rischio di aumento dei contagi e conseguente pericolo per la nostra salute, quella dei professori e del personale Ata” lamentando anche la mancanza di infrastrutture adeguate.
Sulla didattica a distanza spiegano: “preferiamo anche noi la normale didattica piuttosto che stare sei ore davanti a un computer e interagire con uno schermo e non è stata affatto una fortuna, non è più facile”.
Ora si rientra ma “ci viene richiesto di andare a scuola anche durante il fine settimana, di entrare alle 10 e di terminare la giornata nel pomeriggio, in alcuni istituti e Licei persino tra le 16 e le 17. Ciò significherebbe non solo mettere in difficoltà tutti coloro che la mattina alle 8 sono accompagnati dai genitori, costringendo un maggior numero studenti a utilizzare i mezzi pubblici e provocando conseguentemente un aumento del flusso”.
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