Home CRONACA Violenza sulle donne, “Io, Sonia, schiavizzata per 26 anni”

Violenza sulle donne, “Io, Sonia, schiavizzata per 26 anni”

tatoo Sonia
ArsBiomedica

Una donna uccisa ogni due giorni. La frequenza è la stessa con cui si fanno azioni scontate, quotidiane, come fare la spesa, avviare una lavatrice, prendere un caffè al bar. Ma qui parliamo di donne: ogni 48 ore in Italia ne viene ammazzata una per mano del proprio marito o compagno.

Una strage silenziosa che avviene tra le mura domestiche, un urlo strozzato in gola, uomini che diventano aguzzini delle proprie compagne: mogli, madri, amanti uccise come mosche, a volte davanti ai figli, altre in completa solitudine, massacrate di botte, seviziate, bruciate.

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Femminicidi triplicati causa lockdown

I numeri del 2020 parlano chiaro, durante il lockdown i femminicidi sono triplicati e le cifre riportate dal Viminale fanno paura: solo negli 87 giorni della prima chiusura per l’emergenza coronavirus (9 marzo – 3 giugno 2020) si sono contate 44 vittime in ambito familiare-domestico. Lo chiamano “effetto Covid”, quello che ha fatto calare gli omicidi di altro genere e impennare quelli tra le mura domestiche.

Una carneficina a cui si sommano tutte le donne che la morte l’hanno vista in faccia tante volte ma scampata ma che quotidianamente subiscono violenza fisica, psicologica e sessuale da parte dei propri conviventi, piegate dal dolore fisico a cui si somma quello morale, che spesso fa ancora più male.

Oggi, 25 novembre, ricorre la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, non è una data casuale ma ricorda l’assassinio nel 1960 di tre sorelle della Repubblica Dominicana torturate, massacrate e infine strangolate perché considerate rivoluzionarie. Sono passati sessant’anni da quel brutale omicidio ma non è cambiato nulla.

Sonia Di Giuseppe: “Libera di vivere dopo 26 anni”

VignaClaraBlog.it ha incontrato Sonia Di Giuseppe, 26 anni trascorsi tra soprusi e violenze subite da un marito che la picchiava, violentava e umiliava senza nessuna pietà. Una famiglia che l’ha cacciata di casa e un figlio che alla fine l’ha salvata.

Da 7 anni “Libera di Vivere”, Sonia, che da sempre vive a Prima Porta,  ripete questa frase come un mantra, se l’è addirittura tatuata su un braccio, l’ha scelta per il suo blog personale e non vuole più dimenticarla; un monito per sé stessa ma anche per le altre donne costrette a vivere la sua stessa situazione e che ora lei vuole aiutare, per ricordargli che è possibile uscire dall’incubo, ma bisogna farlo il prima possibile, prima che sia troppo tardi.

Il primo schiaffo me lo ha dato in albergo durante il viaggio di nozze, in pieno viso. Non ha mai più smesso per 26 anni. Sono stati anni di soprusi, insulti, violenze di tutti i tipi; mio marito mi minacciava, mi ricattava e io avevo paura”.

Sonia oggi sorride, “mi sveglio e canto” ripete spesso, “anche se è una brutta giornata”, anche se “mi devo alzare alle quattro per andare a lavorare”. Sonia ce l’ha fatta ma vuole che la sua storia sia di aiuto ad altre donne, perché sa cosa vuol dire vivere con un aguzzino, un uomo che potrebbe ucciderti da un momento all’altro.

Senza via d’uscita

Ero sola, la mia unica amica era la paura, vivevo con lei ogni giorno. La paura ti immobilizza, ti blocca; per tantissimi anni ho pensato che dovevo fare quello che diceva lui perché era l’unico modo per salvarmi. Mi diceva come mi dovevo vestire, cosa dovevo mangiare, come mi dovevo comportare, ero roba sua, aveva il controllo totale sulla mia persona e sul mio corpo; io non sapevo dove andare, cosa fare”.

Calci e pugni ricevuti anche durante la gravidanza, quell’unico figlio per cui Sonia ha prima subito e poi reagito, “la sua forza e salvezza” ripete lei commossa, quel figlio che da piccolo non si è accorto di nulla grazie a una mamma coraggiosa che gli ha nascosto l’orrore e di un padre meschino che taceva le violenze sulla moglie per sembrare ciò che non era.

Quando sei mamma sei disposta a tutto, ero convinta che sarei uscita dalla mia casa da morta ma io avevo un figlio da proteggere. Per lo stesso motivo per tanti anni non sono andata a sporgere denuncia, ero terrorizzata; temevo la reazione di mio marito, avevo paura per mio figlio. Poi un giorno proprio lui mi ha fatto capire che sapeva tutto, che era ora di non nascondere più né i colpi fisici né tantomeno quelli psicologici e allora ho trovato il coraggio di reagire…”

Il 2013, l’anno della svolta

Quando Sonia nel 2013 ha chiesto la separazione dal marito sapeva bene che quello sarebbe stato l’inizio di un nuovo incubo ma anche che nessuno l’avrebbe più fermata.

“Ho iniziato a dire i primi piccoli no, a reagire. Non volevo più essere la sua schiava, non potevo più subire tutte le umiliazioni che mi aveva riservato fino a quel momento. Ma quando dopo oltre 20 anni di violenze inizi a dire no dall’altra parte si scatena l’inferno, a ogni mio rifiuto seguivano altri cazzotti, pugni, schiaffi; peggio di prima e sempre più forti; dormivo con un coltello sotto il cuscino per difendermi”.

Fino a quando il 6 ottobre 2013, dopo l’ennesima lite per l’ultimo tentativo di violenza, Sonia ha chiamato i carabinieri ed è scattato l’arresto.

Quel giorno è arrivato il mio angelo custode, Alfonso Pietrosanto, il carabiniere che è intervenuto, è stato lui a salvarmi la vita. È entrato in casa mia e lo ha portato via, non finirò mai di ringraziarlo”.

L’incubo di Sonia non era ancora finito però perché a due mesi dall’arresto l’ex marito torna sotto casa sua e lei se lo ritrova faccia a faccia.  L’uomo torna a perseguitarla, le telefona tantissime volte al giorno, chiede di incontrarla, le spedisce la spesa a casa, staziona sotto casa.

“’È stato un periodo terribile, avevo paura che tornasse a farmi del male, era un incubo nell’incubo. Poi un anno fa ha smesso di perseguitarmi. Ora sono più sollevata ma non ho ancora smesso di avere paura perché non è in carcere, però ho deciso che non voglio più vivere con questo sentimento addosso”.

La nuova vita di Sonia, che lei descrive come unica vita, è quella cominciata pochi mesi fa, un nuovo percorso da donna libera.

L’appello di Sonia: “dobbiamo chiedere aiuto ma dovete ascoltarci”

“Posso dire di essere nata e non rinata perché prima non ho vissuto. Questo tipo di relazioni ti annullano; il mio ex marito mi violentava, io non so cosa voglia dire essere amata da un uomo perché è una sensazione che non ho mai provato; ha persino tentato di farmi prostituire. Posso dire di avercela fatta, sono grata a me stessa per aver trovato la forza di reagire, anche se ci ho messo tanto tempo”.

È questo il messaggio che Sonia ripete a chi come lei è vittima di violenze domestiche: “Non bisogna arrendersi, chiedete aiuto, rivolgetevi ai centri antiviolenza, denunciate. Anche se è difficile, anche se la paura è più forte di tutto. Per 26 anni ho taciuto, nessuno sapeva della mia condizione, ho fatto in modo che nessuno se ne accorgesse, lui mi diceva anche quando dovevo sorridere in pubblico, invece bisogna gridare e pretendere di essere ascoltate. Le donne non devono sentirsi sole, è il primo passo verso la salvezza”.

Un grido di denuncia che non deve cadere nel vuoto ma concretizzarsi in azioni rapide ed efficaci: “Una donna che denuncia un uomo violento deve essere seguita da subito, non c’è tempo da perdere, è proprio il tempo a diventare nemico in queste situazioni”.

“Molte donne sono state uccise proprio mentre erano in attesa che si prendessero provvedimenti per i loro aguzzini, non hanno fatto in tempo. Tante non denunciano perché temono di non essere ascoltate o per paura: l’uomo denunciato ha reazioni ancora peggiori e se la donna non viene aiutata subito rischia la vita. Dobbiamo impedirlo, bisogna intervenire immediatamente per metterla al sicuro”.

L’ex marito di Sonia oggi ha una condanna a sette anni e dieci mesi. Lei invece è libera. Libera Di vivere.

Ludovica Panzerotto

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2 COMMENTI

  1. Grazie di avermi ascoltata e di avermi dato la possibilità, ancora una volta,di far sentire non solo il mio grido ma il grido di tantissime altre vittime ancora prigioniere. Vorrei ricordare a tutti che l’indifferenza fa più male dei pugni e spesso UCCIDE,ascoltateci….solo questo chiediamo grazie a tutti

  2. Brava Sonia mamma e donna coraggiosa, non sei sola e non sei la sola. Il tuo racconto e’ di conforto e sprone per tante donne come te, vittime della violenza più atroce, quella domestica.

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