Il coronavirus colpisce anche i centri di cura e le strutture per la terza età di Roma, dove sono ricoverati pazienti anziani, il più delle volte con patologie pregresse e quindi molto più a rischio contagio di altri.
E’ quel che è accaduto nel Centro Santa Maria della Pace della Fondazione Don Carlo Gnocchi, in via Maresciallo Caviglia 30, a due passi da Ponte Milvio.
La struttura, inaugurata nel 1950, è articolata in un Centro di riabilitazione e in una Casa di cura, dove si trovano soggetti fragili, cioè persone che per età, o perché affette da malattie croniche o invalidanti, richiedono cure e assistenza specifiche.
Lì, a quanto si apprende dal quotidiano La Repubblica nell’edizione di mercoledì 8 aprile, “si contano almeno 15 contagi e 2 vittime tra i pazienti, tutti in là con gli anni. L’infezione non ha risparmiato nemmeno i sanitari: 2 operatori socio- sanitari sono stati ricoverati e risultano positivi anche due fisioterapisti e un radiologo“.
VignaClaraBlog.it ha chiesto conferma al dottor Enrico Di Rosa, dirigente del Servizio Igiene Sanità Pubblica della ASL Roma 1, che “non smentendo né confermando” i numeri citati da La Repubblica ci ha spiegato che la scoperta dei contagi non è avvenuta casualmente ma dopo un controllo a tappeto fatto dalla struttura del Don Gnocchi di concerto con l’ASL e che ha coinvolto tutti i ricoverati e tutto il personale impiegato nel Centro Santa Maria della Pace.
“A seguito del capillare controllo – riferisce il dr Di Rosa – i pazienti trovati positivi sono stati immediatamente trasferiti in strutture ospedaliere attrezzate dove poi, purtroppo, alcuni di loro sono deceduti. Il personale sanitario risultato positivo, di cui nessuno è grave, è invece in quarantena domiciliare”.
“Ad oggi – conclude – nel Centro Santa Maria della Pace non è presente alcun contagiato, né fra i pazienti né fra gli operatori, ed è attivo un sistema di monitoraggio costante per evitare nuove diffusioni di contagio”.
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La domanda però è:
il “capillare controllo” a tappetto di concerto con la asl che ha portato alla scoperta non casuale dei casi positivi quando è avvenuto, visto che la regione dopo i primi casi di contagi in rsa e case di riposo, in particolare dopo Nerola, ha chiesto alle asl di controllare tutte le strutture di questo tipo nel Lazio?
Il controllo è stato concertato prima con l’asl o in seguito alle indicazioni della Regione?
E’ una differenza non di poco conto.
Fino ad allora che misure e che dispositivi per la sicurezza di ricoverati e lavoratori si erano prese?