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Ponte Milvio, sgomberata la bidonville di via Flaminia

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Galvanica Bruni

Oggi, mercoledì 11 settembre, è avvenuto lo sgombero della bidonville di via Castelnuovo di Porto, una traversa di via Flaminia a quattrocento metri da Ponte Milvio. Annunciato da tempo, temuto da alcuni e sperato da altri: in una manciata di ore si sono chiuse porte e valigie al civico 36.

Attorno alle 6 di questa mattina, la Polizia Locale di Roma Capitale, la Polizia di Stato e alcuni operatori del servizio di assistenza alloggiativa del Comune di Roma, seguiti da carroattrezzi e pulmini, hanno avviato le procedure di sgombero dell’insediamento abusivo datato oltre un ventennio.

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Le direttive dell’ordinanza erano state date da Paola Chiovelli, Assessore al Sociale del XV Municipio, e notificata agli interessati ad aprile di quest’anno, in quanto la baraccopoli era “Fatiscente e pericolosa, oltre che abusiva”.

L’insediamento era sorto molti anni prima che Ponte Milvio diventasse un cuore pulsante della movida romana ed era diventato noto alla cronaca a seguito di diverse denunce per traffico di droga, rissa, produzione di fumi sospetti e combattimenti clandestini tra galli.

Dai censimenti svolti negli ultimi tempi dal XV Municipio, vi abitavano 40 persone, di cui cinque minorenni, di nazionalità filippina, rumena e italiana. Nuclei di seconda o terza generazione, che vivevano stretti sotto tetti in lamiere, tra elettrodomestici arrugginiti o mobili fatiscenti, ma che provavano “l’angoscia di dover lasciare tutto da un giorno all’altro”, come avevano recentemente raccontato a VignaClaraBlog.it.

Nell’area sono stati trovati 15 moduli abitativi, realizzati prevalentemente con pannelli di legno e lastre di lamiera, ed in alcuni casi in muratura. Nel corso dell’operazione sono state riscontrate alcune anomalie sugli allacci della luce e sono quindi scattate denunce nei confronti due persone. Riscontrata anche la presenza di un ingente quantitativo di materiale accatastato, rifiuti vari e bombole del gas esauste, oltre a due veicoli in stato di abbandono, per i quali gli agenti hanno provveduto ad avviare la rimozione. Tre invece le auto poste sotto sequestro in quanto prive di assicurazione.

Alle 12 tutte le baracche erano state sigillate. Poche le resistenze, quasi assenti i clamori. Poche anche le persone che hanno accolto l’aiuto degli assistenti sociali e sono andate via con i pulmini, tutte le altre invece hanno rifiutato l’accoglienza e cercheranno sistemazioni in altre zone della città.

Ora cosa succederà in questo luogo che parrebbe essere di proprietà del Comune? Al momento si sa solo che nelle prossime settimane si procederà alla demolizione delle abitazioni e che nel frattempo verrà presidiato H24 dalla Polizia Locale di Roma. Ulteriori dettagli saranno resi noti nella conferenza stampa indetta dal Municipio XV alle 13 di domani, giovedì 12 settembre.

La storia in pillole

Nel cuore di Ponte Milvio, molti anni prima che la zona diventasse meta della movida romana, nasceva una delle tante realtà dimenticate di Roma, seppur sotto gli occhi di tutti. Al civico 36 di via Castelnuovo di Porto, nascosto da basse mura, una famiglia senza dimora iniziò a costruire una casa con materiali rimediati qua e là.

Col passare degli anni, le baracche cominciarono ad aumentare – fino a diventare un vero e proprio insediamento abusivo – e a farsi notare. Alcuni degli abitanti ricevettero diverse denunce per traffico di droga, rissa, produzione di fumi sospetti e abuso edilizio.

La prima ordinanza di sgombero risale al febbraio del 1999. A firmarla, sulla base di un parere dell’ASL, fu l’allora sindaco Francesco Rutelli, ma poi non fu mai eseguita.

Nel 2003 la baraccopoli salì agli onori della cronaca a seguito di due blitz di Carabinieri che portarono alla luce una vicenda atipica nel contesto romano: quel luogo era diventato un ritrovo per combattimenti fra galli che si svolgevano il fine settimana e attiravano centinaia di spettatori e scommettitori.

Furono sequestrati numerosi rostri d’ acciaio, affilati e acuminati come sciabole, e in totale 79 pennuti, tra pulcini e galli dalle creste recise affinché “non intralciassero nel duello”. Si scoprì che gli organizzatori erano dei filippini con a capo una donna, madre di undici figli.

Qualche anno dopo, spariti i galli, l’insediamento dopo divenne luogo di ritrovo e abitazione per trans brasiliani, che in seguito si spostarono a Via Gradoli e in zona via Due Ponti, altra storia ben nota alle cronache locali.

Nel 2013, con la nostra inchiesta, raccontammo del degrado e precarietà in cui vivevano gli abitanti della baraccopoli. Ad accompagnarci fu Anna, giovane donna dell’est con tre figli e che si districava tra diversi lavori poco remunerativi. “Fummo i primi a costruire in questo spazio abbandonato e il comune ci concesse la residenza. Oggi siamo una ventina di famiglie, viviamo senza regole, senza aiuti e in balia della prepotenza degli zingari”, ci raccontò tra le tante cose.

Dal 2013 ad oggi la situazione in cui versava questo luogo non era molto cambiata. I suoi abitanti non sono più andati sulle prime pagine ma continuavano a vivere nella precarietà, come abbiamo documentato nel nostro servizio dello scorso giugno.

Giulia Vincenzi

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1 commento

  1. Un’ordinanza di sgombero che viene eseguita dopo 20 anni. E ci si domanda come mai nessuno rispetta più regole e leggi?

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