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Omicidio Piscitelli: Gaudenzi e le mani su Ponte Milvio dei “fascisti di Roma Nord”

Diablo
Galvanica Bruni

Un mese fa l’omicidio di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, l’ex capo ultrà della Lazio freddato la sera del 7 agosto con un colpo di pistola alla testa al Parco degli Acquedotti. Un agguato in piena regola, colpito alle spalle su una panchina da un assassino sconosciuto travestito da runner, Piscitelli non ha avuto scampo.

A trenta giorni dall’omicidio, che resta ancora irrisolto nonostante il lavoro incessante degli inquirenti, restano molte ombre e poche verità.

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Le indagini sull’omicidio di Diabolik

Da subito le piste seguite, entrambe legate alla criminalità organizzata della Capitale, erano state quella della camorra e del clan di Michele Senese e quella della mafia albanese a cui Diabolik, come si apprende dalle carte di Mafia Capitale, era profondamente legato essendo a capo della ‘Batteria di Ponte Milvio’, una banda di picchiatori-italo albanesi.

La stessa mafia albanese era stata implicata anche in traffici di droga internazionale per cui Piscitelli nel 2013 era stato indagato e successivamente condannato.

Il video shock di Gaudenzi e “I fascisti di Roma Nord”

Pochi giorni fa la svolta nelle indagini: i video pubblicati su youtube da Fabio Gaudenzi, detto Rommel. Già condannato per usura nel processo di Mafia Capitale e arrestato per detenzione di armi da guerra dopo pochi minuti dalla registrazione del messaggio, Gaudenzi, lo scorso 2 settembre, dalla sua casa a Le Rughe, registra due messaggi. Incappucciato e con una pistola revolver calibro 357 in mano, seduto su una sedia davanti a una parete bianca, tra le altre cose, annuncia di conoscere la verità sull’omicidio di Fabrizio Piscitelli.

“Buongiorno a tutti, ho pochi minuti perché stanno venendo ad arrestarmi, vorrei fare delle dichiarazioni. Mi consegnerò come prigioniero politico. Dal 1992 appartengo a un gruppo elitario di estrema destra denominato I fascisti di Roma nord” con a capo Massimo Carminati e di cui fanno parte Fabrizio Piscitelli, Luca e Fabrizio Caroccia, Maurizio Boccacci, Riccardo Brugia e Massimo Carminati” – dichiara Gaudenzi in uno dei due messaggi.

Tra poche ore finirà tutto –continua l’uomo – mi sto consegnando alla polizia di Stato ho deciso di arrendermi visto che sono rimasto solo. Tutti i miei amici sono morti o in galera. Veniamo a voi, infami. Ho iniziato 30 anni fa la mia carriera politico-criminale, come dicono, con la morte eccellente di un amico e per un segno del destino si chiude oggi con un’altra morte eccellente – intendendo quella di Diabolik – Faremo di tutto per vendicarti, Fabrizio” – continua Gaudenzi.

Nei minuti di registrazione definisce il suo gruppo fascista ma non mafioso, “A Massimo Carminati la mafia fa schifo, la droga fa schifo e anche a me fa schifo tutto questo, ma ne parleremo presto” – spiega.

Nonostante in molti passaggi del video Gaudenzi sembri quasi delirare, gli inquirenti sono convinti che non si tratti di un messaggio di uno squilibrato. Non è dello stesso parere l’avvocato Giosuè Bruno Naso, che nel maxi processo su Mafia Capitale difese Massimo Carminati e Riccardo Brugia e che accusa Gaudenzi di “farneticare”. Addirittura secondo Naso il gruppo “I Fascisti di Roma Nord” non esisterebbe proprio.

Gaudenzi nel video annuncia che si consegnerà al Questore di Roma e chiede di poter parlare esclusivamente con il Dottor Gratteri, il procuratore capo di Catanzaro, noto per le sue inchieste contro la ‘ndrangheta.

La pista della criminalità calabrese

Anche dopo l’arresto, durante l’udienza di convalida del 4 settembre, Rommel, non ha voluto rispondere alle domande del Gip di Tivoli, chiedendo di voler parlare soltanto con Gatteri e scegliendo la strada del silenzio. Con questa richiesta, strada non percorribile per assenza di competenza territoriale, e perché non ci sono elementi comuni di indagini, il braccio destro di Carminati potrebbe far pensare di voler collegare l’assassinio di Piscitelli alla pista della criminalità organizzata calabrese, una pista ancora tutta da appurare ma che nel frattempo ha convinto il procuratore vicario Michele Prestipino a delegare l’inchiesta sulla morte di Piscitelli anche al pm Giovanni Musarò, magistrato esperto nel contrasto alle ‘ndrine.

La “Batteria di Ponte Milvio” e Mafia Capitale

Resta in piedi però l’ipotesi italo – albanese della “Batteria di Ponte Milvio”: già nelle intercettazioni del 2012 sull’inchiesta Mondo di Mezzo, si faceva esplicito riferimento all’operatività della banda albanese, che con a capo Piscitelli e al servizio dei napoletani insediati nel quadrante nord della Capitale, con il tempo erano arrivati al controllo e alla spartizione di diversi esercizi commerciali e della movida di Ponte Milvio.

Non solo, dalle trascrizioni degli inquirenti comparivano nomi e cognomi di alcuni dei protagonisti albanesi, con cui Gaudenzi sembrerebbe avesse rapporti stretti. E’ da questo che gli investigatori sono ripartiti, scavando tra questi legami, in alcuni casi molto stretti, tra Rommel e gli albanesi e che potrebbero essere la chiave di svolta per l’omicidio di Piscitelli.

Dopo due giorni di silenzio e dopo aver cambiato avvocato affidandosi a Marcello Petrelli, legale di grande esperienza, Gaudenzi ora si dice pronto a collaborare e a raccontare la sua verità sull’omicidio di Piscitelli ai pm, ma chiede tutele.

Gli inquirenti, visto il passato di Rommel e i suoi legami con la criminalità organizzata si aspettano importanti rivelazioni sul caso Piscitelli, ma si riservano di sottoporre a valutazione eventuali dichiarazione dell’arrestato e non escludono di sottoporlo a perizia psichiatrica.

Ludovica Panzerotto

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