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Il Tevere dovrebbe diventare “sicuro, pulito e da vivere”

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Galvanica Bruni

Il “biondo Tevere” torna a far parlare di sé e questa volta lo fa con il convegno “Tevere Nostrum. Sicuro, pulito, da vivere. Un fiume parco naturale.”

L’incontro, che si è tenuto il 17 giugno nella Sala Funzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato organizzato dall’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale con il Dipartimento della Protezione Civile e Ispra, l’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, alla presenza di  esperti regionali e rappresentanti di associazioni ecologiste.

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Tevere Parco Nazionale tra degrado e rischio esondazione

Obiettivo condiviso è quello di far diventare il terzo fiume più lungo d’Italia il 26esimo Parco Nazionale Italiano, come ha annunciato ieri durante il convegno proprio Erasmo D’Angelis, Segretario Generale dell’Autorità.
“Il Tevere è il nostro più antico monumento fatto di storia e natura, e può candidarsi a diventare parco nazionale perché è un ecosistema fluviale dall’immenso valore ambientale. E’ necessario porre fine alle condizioni di degrado che insistono su buona parte dei suoi 405 km di percorso, e in particolare nell’attraversamento di Roma e fino alla foce.”

L’idea è quella di fare un passo avanti per la sicurezza e la vivibilità del Tevere, risolvendo le condizioni permanenti di degrado e rafforzando la sicurezza idraulica, anche a difesa dalle alluvioni.

Il fiume infatti, che nasce nel comune di Verghereto in Emilia Romagna e prosegue prima in Toscana e poi in Umbria, per sfociare nel Mar Tirreno nei pressi di Fiumicino, per ben 235 chilometri è soggetto a esondazione. Questo significa che per la metà del suo percorso tutte le aree edificate e abitate da circa 250.000 persone sono a rischio alluvione.

Il fiume che attraversa (e esonda) a Roma Nord

I temi al centro degli interventi di ieri, orientati su opere strutturali e non strutturali necessarie per la difesa delle piene, la gestione della risorsa idrica e i controlli di qualità, potrebbero rappresentare un punto di svolta per il XV Municipio, attraversato dal fiume per un lungo tratto che va da Prima Porta e Labaro, passando per il Salario  fino a Ponte Milvio, e da sempre teatro di degrado e ancor peggio esposto al rischio esondazione.

Abbiamo raccontato più di una volta le condizioni in cui versano numerose sponde del Tevere nei quartieri nord di Roma: l’area golenale di Via di Tor di Quinto, abbandonata dal 2012 dopo lo sgombero del campo nomadi e trasformata in un gigantesco bacino di rifiuti e materiali di ogni genere, le condizioni in cui versa Ponte Flaminio, da anni in completo stato di abbandono e diventato un vero e proprio deposito di immondizia, la situazione di Ponte Duca D’Aosta trasformato in una latrina a cielo aperto. Per non parlare della situazione della pista ciclabile che costeggia il fiume.

Ma se sul degrado, seppur a fatica si potrebbe chiudere un occhio, lo stesso non si può fare con il rischio esondazioni che da sempre interessa questo il Municipio XV.

L’ultima grossa alluvione che ha messo in ginocchio i residenti e i commercianti di Roma Nord risale infatti solo a 5 anni fa, quando il 31 gennaio 2014, Prima Porta, ricolma d’acqua, sterpaglie e detriti è stata inondata da una marana straripante, che ha investito impetuosa tutto quello che ha trovato lungo il suo passaggio, danneggiando abitazioni e persone.

Stessa sorte è toccata con le alluvioni storiche del 2005 e indietro fino al 1965 quando a Prima Porta e Labaro l’acqua raggiunse i primi piani delle abitazioni provocando tredici vittime, quattromila senzatetto e tantissime case pericolanti e instabili, alcune addirittura da abbattere.

Stessi rischi anche a Ponte Milvio dove, ogni qual volta c’è emergenza maltempo su Roma, il livello del Tevere cresce a vista d’occhio e minaccia residenti e commercianti della zona.

In caso di forti piogge e maltempo prolungato infatti i problemi maggiori si verificano proprio in corrispondenza di Piazzale di Ponte Milvio, perennemente soggetto ad allagamenti e dove le onde di piena del Tevere, che proprio in quel punto si restringe, mettono a rischio alluvione il quartiere Flaminio e le aree di Tor di Quinto, del Foro Italico e della Farnesina.

Il Tevere altrove

Stessa cosa avviene in altri quartieri di Roma, e in numerose altre aree interessate dal fiume. Come ricorda D’Angelis “Non solo le opere idrauliche per scopi idroelettrici di traverse e sbarramenti sono ferme agli anni ’50 e ’60 come a Castel Giubileo, Nazzano, Ponte Felice e Corbara, ma a questo si aggiunge un vecchio reticolo idraulico di scolo, composto per almeno 700 km di fossati e canali a cielo aperto, che da due decenni risulta senza manutenzione e  destinato a sversamenti illegali di rifiuti di ogni tipo.”

Fanno paura i numeri che il Segretario Generale dell’Autorità di bacino Appennino centrale snocciola durante il suo intervento: 120 ettari di golene cementificate da Castel Giubileo alla foce di Ostia, 1.135 ettari a rischio piena, 9 km di sponde ricoperte da vegetazione infestante, 2,7 km di banchine con smottamenti e crolli, circa 60 installazioni galleggianti in parte non conformi alle norme, 22 relitti di imbarcazioni mai rimossi, vie d’acqua tombate e diventate discariche.

Prevenire è meglio che curare

Anche per il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Angelo Borrelli, intervenuto ieri durante il convegno, il progetto “Tevere Nostrum” è appunto “Un’ulteriore passo in avanti rispetto al concetto di sicurezza e vivibilità del fiume Tevere. Ma bisogna lavorare senza sosta, serve una normativa che consenta di mettere in sicurezza i nostri fiumi e i nostri territori” –  ha spiegato Borrelli segnalando i possibili danni che deriverebbero da una piena analoga ad altre già registrate nella storia.

In sostanza, quello su cui Autorità di Bacino, Protezione Civile, Ministero dell’Ambiente e quello dei Trasporti e Lavori Pubblici hanno intenzione di insistere sono le opere di prevenzione del fiume che, oltre a tutelare i cittadini di Roma da degrado e emergenze alluvionali, porterebbero un grande risparmio alle casse dello Stato.

Facciamo i conti

I numeri presentati ieri durante la conferenza parlano chiaro: per esempio, a fronte di circa 28 miliardi di euro, spesi per riparare i danni della piena del Tevere a Roma del 1937, ne basterebbe uno soltanto per prevenire i danni causati da una piena, realizzando circa 48 opere di messa in sicurezza.

Il primo passo da oggi sono 10 milioni del Ministero dell’ Ambiente  che l’Autorità di Bacino metterà a gara per le manutenzioni sul reticolo idraulico del Tevere.

E’ arrivato il tempo di dare risposta alle condizioni di rischio e di degrado riguardanti il Tevere con opere strutturali e manutenzioni” – ha detto ieri Erasmo D’Angelis, specificando anche che –  “Proteggere il fiume non significa farne un museo, ma riportarlo al centro dell’attenzione pubblica, valorizzarlo come via d’acqua e infrastruttura ecologica dell’Italia centrale e come merita il nostro più antico monumento fatto di storia e natura”.

Il Tevere si fa bello

La candidatura a diventare il 26esimo Parco nazionale italiano ne è la dimostrazione: è arrivato il momento di vivere il Tevere proprio come  fanno le grandi capitali europee con i loro fiumi, dalla Senna a Parigi al Tamigi di Londra, o come  il Danubio che attraversa  Vienna e Budapest. 80mila ettari di parco  destinati a diventare la sesta area protetta nazionale per dimensione.

Ludovica Panzerotto

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