
E’ caccia agli stupratori della ragazza etiope di 21 anni violentata da tre uomini nella notte fra sabato 18 e domenica 19 maggio in uno sgabuzzino a pochi metri dal Factory Club, il noto locale in piazzale dello Stadio Olimpico all’angolo con via Edmondo De Amicis. La Procura di Roma ha avviato un’indagine per violenza sessuale di gruppo basata sul racconto della vittima che ha ricostruito quanto avvenuto quella notte. il caso è nelle mani del procuratore aggiunto Maria Monteleone.
A quanto si è appreso nelle ultime 24 ore, è stato accertato che la ragazza, che vive a Roma da quasi 15 anni, è arrivata nel locale con alcuni suoi amici per trascorrere qualche ora in allegria e sentire musica. Lì, dopo un un po’, fa conoscenza con un ragazzo dai modi garbati, simpatico.
Parlano per un po’ e poi escono dal locale per fare due passi. E’ a quel punto che quella che sembrava una normale serata in allegria si trasforma in un dramma. Il ragazzo viene raggiunto da altri due, i tre trascinano la giovane in uno sgabuzzino attiguo alla discoteca e lì la violentano a turno. Poi fuggono.
Sotto choc e in lacrime la ragazza rientra nel locale dove a prestarle soccorso è la titolare. “Quando è rientrata in lacrime io e mio fratello l’abbiamo soccorsa. Piangeva disperata, non riusciva a parlare. L’abbiamo fatta sedere e le abbiamo dato un bicchiere d’acqua prima di chiamare 118 e polizia“. Così ha dichiarato all’Adnkronos la titolare della discoteca. Arriva l’autoambulanza e la giovane viene accompagnata al Pronto Soccorso dove i medici appurano la presenza di ferite compatibili con una violenza sessuale.
A quanto si è appreso nelle ultime ore pare che il locale fosse sprovvisto di telecamere all’ingresso e questo complica il lavoro degli investigatori. Uno dei proprietari avrebbe detto che l’impianto di videosorveglianza sarebbe stato sequestrato quando, nel febbraio 2017, il corpo di un poliziotto fu scoperto all’interno di un’auto nel posteggio davanti al locale. L’uomo fu trovato sul sedile di guida con la pistola incastrata tra le gambe e con il “cane” aperto. Il caso venne etichettato come suicidio e subito scese un velo sulla vicenda. Da allora i responsabili del Factory rimasero in attesa che venisse loro restituito l’impianto senza sostituirlo.
Gli inquirenti stanno quindi concentrando la loro attenzione sulle oltre ottocento foto scattate nel corso della notte all’interno del Factory dal fotografo del locale. Un lavoro minuzioso, aiutati dall’identik ricostruito sulla base dei ricordi della vittima, che il viso di chi l’ha violentata non lo dimenticherà tanto facilmente.
In una o più di quelle ottocento foto potrebbe essere riconosciuto chi l’ha corteggiata, chi l’ha blandita inducendola ad uscire, chi poi ha abusato di lei. Se rintracciato, dargli un nome non dovrebbe essere poi difficile. Degli altri due invece la giovane non ricorda nulla, solo le violenze subite. La speranza degli investigatori è che anch’essi fossero nel locale, magari erano clienti abituali, magari nelle foto sono accanto al primo ragazzo e, una volta individuatolo, non sarebbe difficile dare un nome anche agli altri due violentatori.
Edoardo Cafasso
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