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Quanto c’è di etrusco a Roma Nord?

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Gli Etruschi sono stati la più importante popolazione dell’Italia preromana. Le loro origini sono però ancora avvolte nel mistero soprattutto a causa della difficoltà che hanno riscontrato gli studiosi nel comprendere i testi scritti in etrusco: questa lingua, infatti, non offre punti di contatto con nessun’altra lingua conosciuta.

All’inizio della loro storia, la monarchia era la forma di governo delle città; esse erano rette da un re o lucumone che fondava il suo potere su una classe aristocratica di ricchi proprietari terrieri. La ricchezza e il lusso caratterizzavano il loro modus vivendi, visibile nelle tante immagini che ci hanno lasciato dipinte su vasi, affrescate sui muri delle tombe o scolpite nella pietra.

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Si affermarono in un’area denominata Etruria, corrispondente alla Toscana, all’Umbria fino al fiume Tevere e al Lazio settentrionale. E la loro è una storia avvolta ancora nel mistero, un mistero di cui troviamo ampie tracce anche a Roma Nord.

Per una visione d’insieme i romani hanno a disposizione, lungo viale delle Belle Arti alle pendici dei monti Parioli, Villa Giulia, il museo più rappresentativo della civiltà etrusca che accoglie alcune delle più importanti creazioni di questa civiltà. Ma venendo a Roma Nord, quanto c’è di etrusco lungo l’asse urbano Cassia-Flaminia? 

Nel parliamo con Alessandro Mandolesi, archeologo e professore di Etruscologia e Antichità italiche all’Università di Torino per conto della quale, dal 2008 al 2014, ha diretto gli scavi nella necropoli etrusca della Doganaccia di Tarquinia. Ha inoltre coordinato il progetto “Via dei Principi”, promosso dalla Regione Lazio, destinato alla valorizzazione dei tumuli principeschi etruschi. Ha scritto numerosi testi sul tema. Un etruscologo a tutto tondo quindi, ed uno dei più preparati sull’organizzazione del territorio etrusco.

Professore, cosa l’ha spinta ad interessarsi di questo popolo?

Sicuramente il mio luogo di crescita, la Tuscia viterbese, ricca di testimonianze etrusche inserite nel suggestivo paesaggio del tufo che rende unica e ancora incontaminata questa area. E poi gli studi universitari romani, dove ho potuto trasformare la mia passione in ricerca scientifica e lavoro.

Lei ha coordinato una campagna di scavi che ha portato alla luce il più grande tumulo funerario di Tarquinia, la tomba di un personaggio di rango probabilmente reale. Cosa si prova in tali frangenti?

Beh, quando si muove il terreno in una regione come la nostra ti devi sempre aspettare delle sorprese: non c’è dubbio, l’archeologia qui dà tanta soddisfazione. Il Tumulo della Regina di Tarquinia si è rivelato strepitoso perché segnala con la sua monumentalità, oltre all’elevata importanza del personaggio sepolto, anche l’intervento di maestri provenienti da lontano, da Cipro, che grazie alle loro conoscenze si erano messi a servizio della nobiltà locale.

Questi artefici hanno portato l’esperienza di un impianto architettonico e un intonaco di rivestimento in gesso alabastrino usato in Oriente e fino ad allora – pieno VII secolo a.C. – sconosciuto in Italia.

Il tumulo, peraltro, è stato costruito nella stessa epoca in cui le fonti latine ci raccontano dell’arrivo a Tarquinia del ricco Demarato di Corinto, considerato il padre del futuro re di Roma Tarquinio Prisco. Insomma forti emozioni anche in chiave storica.

Si dice che la lingua etrusca sia ancora un mistero: è un problema di comprensione o di decifrazione?

Un falso mistero. L’etrusco era una lingua ostica per i Latini, diversa in quanto non indouropea rispetto alle altre parlate in Italia, e per questo cadde presto in disuso nel I secolo a.C.

Ha un alfabeto di 24 lettere derivato da quello greco, pertanto leggibili, e prevede l’uso di più morfemi, quali singolare, plurale, caso; ha una struttura molto diversa da molte lingue mediterranee e comunque fu influenzata dagli idiomi dei popoli confinanti come quelli sabina e umbri.

Le bilingui etrusco-latine si sono rivelate fondamentali per lo studio della lingua, perché hanno permesso di  capire come andava letto l’etrusco e come funzionava il sistema onomastico.

Gli Etruschi furono una grande civiltà letterata e molto alfabetizzata ma quasi tutta la loro letteratura è andata persa. Come mai?

Proprio per il motivo che dicevo poc’anzi, lingua difficile da comprendere nei meccanismi e nella stessa lettura. Una lingua agglutinante che mette insieme più morfemi.

Chi ha avuto modo di studiarlo e di conoscerlo è stato certamente l’imperatore Claudio, autore di un’opera in greco (una specie di enciclopedia) tutta dedicata al mondo etrusco, purtroppo scomparsa anche per la difficoltà nelle trascrizioni tardo-antiche e alto-medioevali di comprendere gli “strani” segni etruschi.

Sarà per questo che la cinematografia ha attinto a piene mani dall’antica Roma mentre neanche un film è stato dedicato ai nostri antenati etruschi?

Certo. Le poche pellicole dedicate agli Etruschi sono ormai un ‘cult’ , fortemente connesse alle loro origini “misteriose” e “crudeli”, come l’horror degli anni 1970 ‘L’etrusco uccide ancora’; oppure vi invito a guardare l’esilarante spezzone dal film “Le Vacanze Intelligenti” con Alberto Sordi (NdR: cliccando qui) che racconta alla pingue moglie di un probabile contributo ciociaro alla formazione degli Etruschi.

E veniamo a Roma Nord

A nostro giudizio le tracce etrusche a Roma Nord non sono poche. Ad esempio, il Monte delle Grotte in via Flaminia (il cui nome è legato alla presenza di antiche tombe rupestri); l’Arco del Pino nel Parco di Veio (un antichissimo arco scavato nel tufo per creare un collegamento con la Via Veientana), l’antica galleria sotto la Flaminia (della cui scoperta abbiamo dato ampio conto in un articolo del 2015).

Per non parlare della Tomba delle Anatre (una delle sepolture più prestigiose, risalente al VII secolo a.C), della Tomba dei Leoni Ruggenti (la più antica tomba dipinta d’Etruria, databile tra il 700 e il 690 a.C.), del Ponte Sodo, straordinaria opera dell’ingegneristica idraulica, e della antica città di Veio;  peraltro si trovano tutte nei pressi di quel delizioso borgo sulla Cassia che risponde al nome di Isola Farnese.

Professore, abbiamo dimenticato altro? E cosa ci raccontano questi siti?

Roma Nord anticamente insisteva sulla sponda etrusca e non latina. Quindi in pieno territorio dell’opulenta città di Veio. Veio e Roma, un rapporto di amore/odio che viene tramandato dalle fonti latine sin dalle origini di Roma stessa.

Le dispute fra Romolo e i Veienti per controllare la bassa valle del Tevere e le saline poste alla sua foce: si sconfina così in lunghe lotte che vedono predominare prima gli uni poi gli altri, almeno così traspare degli archivi romani. Ma Veio in epoca arcaica era ben più potente di Roma, con alleata la comunità di Fidene.

Nel VI secolo a.C. Veio ha un’attiva scuola di artisti, fra i quali spicca Vulca, ricordato come l’autore della prima immagine di Giove Capitolino per il grande tempio sull’omonimo colle romano. E poi anche la pianta e le decorazioni del tempio principale voluto dai re Tarquinii è attribuito da alcuni studiosi ad architetti veienti.

Roma in età arcaica, stando alle fonti di parte, avrebbe preso a Veio almeno sette insediamenti dislocati lungo il corso del Tevere. Mentre attorno al 480 a.C. i Veientani raggiunsero il Gianicolo, mettendo Roma in serio pericolo, ma furono poi vinti a Porta Collina e obbligati a ritirarsi. Roma infine conquista definitivamente Veio nel 396 a.C., dopo un assedio decennale paragonato a quello di Troia, grazie alla guida del console Furio Camillo.

Oggi il Parco Regionale di Veio offre, attraverso la sua organizzazione, la possibilità di scoprire tutti quei luoghi legati alla storia della città etrusca e al suo paesaggio tiberino che costituisce la cornice ambientale ideale dove immaginare i passaggi degli eserciti e i luoghi degli scontri fra Veio e Roma.

Per iniziare un viaggio conoscitivo sugli etruschi a Roma Nord, lei consiglia un ordine preciso o basta andare di tomba in tomba senza darsi delle priorità?

Per conoscere da vicino luoghi e materiali di Veio e del suo territorio, oltre a consultare il sito del Parco Regionale, vi invito a visitare il bel Museo dell’Agro Veientano di Formello ospitato nel prestigioso Palazzo Chigi situato nel cuore del centro storico, all’interno del quale troverete tante informazioni sull’organizzazione antica e sulla visita del territorio della città etrusca, e quindi dati archeologici anche sull’area di Roma Nord.

Oltre alla galleria scoperta sotto la Flaminia pochi anni fa, secondo lei Roma Nord potrebbe nascondere dell’altro? E verso quale parte del territorio lei indirizzerebbe nuove ricerche?

Si tratta si un ambito che gravitava fortemente sul Tevere, quindi ci dobbiamo aspettare in futuro scoperte legate alla viabilità antica, alle cave di tufo e all’organizzazione delle campagne, ma anche piccoli insediamenti che avevano all’epoca una funzione sia tattica-militare che strategica-economica, evidentemente ispirati e controllati da Veio fino alla sua conquista.

Poi Roma supera il Tevere, sfondando la secolare frontiera fra Etruria e Lazio antico,  e si apre così la via per la conquista della ricca terra etrusca, da cui aveva preso tanti insegnamenti, fra cui l’organizzazione urbana e il vivere civile.

Ci può indicare qualche testo dove saperne di più su quanto c’è di etrusco a Roma Nord?

Non c’è una guida specifica per scoprire i siti archeologici di Roma Nord, dobbiamo così rivolgerci a edizioni generali: oltre ai siti-web del Parco Regionale, del Museo di Formello e dell’Università Sapienza di Roma che ha condotto importanti scavi nell’area di Veio, suggerisco per praticità la “Guida archeologica del Parco di Veio” scaricabile cliccando qui e “Il nuovo museo dell’Agro veientano a Palazzo Chigi di Formello” di I. Van Kampen, edizione Quasar.

Edoardo Cafasso

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3 COMMENTI

  1. Vorrei aggiungere che a Formello sull’intero territorio incidono decine e decine di condotti idraulici o cunicoli riferibili all’epoca etruschi. Probabilmente scavati dagli stessi veientani. Se Ponte Sodo rappresenta la più gigantesca opera di ingegneria idraulica il cunicolo cosiddetto Olmetti è censito come il più lungo mai realizzato, intorno ai 5 km. Aggiungo che sono visitabili molti tratti e che la parte terminale in località la Selvotta con tanto di stagno colorato, grazie alla presenza di una piantina della famiglia delle Azolla ne rappresenta un unicum. Va ricordato che due ricercatrici della British School hanno mappato quasi la maggior parte dei condotti idraulici etruschi presenti nell’area nord di Roma.

  2. Le origini degli Etruschi non sono avvolte nel mistero, non più avvolte nel mistero di tante altre civiltà della penisola italica e degli stessi Latini. Non è vero che la lingua etrusca non offra punti di contatto con nessun’altra lingua conosciuta. La lingua etrusca è considerata imparentata con le lingue preindoeuropee parlate nelle Alpi: lingua retica, lingua camuna. Il mistero delle origini degli Etruschi è una invenzione della storiografia greca, e che viene alimentata oggi per motivi commerciali. Gli Etruschi discendevano dalla cultura villanoviana, e questo è confermato dall’archeologia.

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