Home AMBIENTE Piste ciclabili: la teoria delle finestre rotte

Piste ciclabili: la teoria delle finestre rotte

ciclabile ponte milvio
Galvanica Bruni

Pietoso il confronto tra le piste ciclabili di Roma nord e del nord Italia; forse anche ingiusto dal momento che Roma è, con i suoi tre milioni di abitanti, la città più popolosa del paese (anche se non dobbiamo dimenticare che incassa i tributi di tre milioni di residenti). Comunque al di là della piacevolezza dei luoghi (e la capitale resta sicuramente la città più bella del mondo) è indubbio che le nostre piste siano trascurate e a volte  preda del degrado. E qui entra in ballo la “teoria delle finestre rotte”.

Ci siamo trovati, quasi per caso, nell’entroterra di Jesolo, una cittadina balneare che durante i mesi estivi accoglie decine di migliaia di vacanzieri; a poca distanza dalla confusione e la folla abbiamo scoperto un mondo fatto di acqua, di silenzio e di paesaggi infiniti.

Continua a leggere sotto l‘annuncio

In una natura straordinaria, tra canali e lagune dove vivono decine di specie di acquatici (gabbiani, fraticelli, aironi, garzette, nitticore, cigni), c’è un reticolo di piste ciclabili che per decine di chilometri segue il corso di fiumi straordinari come il Piave, il Livenza o il Sele.

Piste curate e ben segnalate percorse da decine di ciclisti che disciplinatamente pedalano in fila indiana  senza impegnarsi in assurde gare di velocità; a nessuno verrebbe in mente di scrivere con una spray o un pennarello su una delle tante tabelle né di sfasciare una panca per accendere il barbecue. Figuriamoci scaricare calcinacci in una delle tante piazzole di sosta.

piste ciclabili JesoloOsservando quello che è il paradiso dei ciclisti ci siamo domandati come mai le nostre piste ciclabili non possono essere, o almeno assomigliare, a quelle. A spiegarcelo  è forse la teoria delle finestre rotte?

Alla fine degli anni 60 un professore di Stanford condusse un curioso esperimento: lasciò due autovetture in due quartieri diversi, uno malfamato e l’altro bene. Nel quartiere malfamato l’auto fu subito vandalizzata mentre nell’altro per settimane l’auto non venne neppure toccata. Le cose cambiarono quando il professore ruppe uno dei finestrini. Fu l’inizio della fine: anche questa autovettura in poco tempo fu letteralmente demolita. Altri esperimenti furono condotti successivamente e nella maggior parte dei casi fu accertato che dove il degrado era maggiore (finestre rotte) il comportamento vandalico delle persone era maggiore.

E’ allora questa la ragione per cui le nostre piste, ma anche i giardini, i parchi, le riserve, prive di manutenzione e delle necessarie cure, diventano poi preda del degrado o oggetto di atti vandalici?

Forse sì,  e a confermarlo ci sono alcuni luoghi che, grazie alle cure dei privati, dei volontari e dei residenti sfuggono alla teoria dei vetri rotti; ne citiamo due (ma ce ne sono ovviamente molti altri): Villa Balestra ai Parioli con i suoi giardini ordinati, puliti e curati e il piccolo giardino che circonda la fontana dell’Acqua Acetosa, sistemato e mantenuto in perfetto ordine dalla Canottieri Aniene. Probabilmente a nessun ragazzo verrebbe in mente di imbrattare con un pennarello i marmi della fontana opera seicentesca dell’architetto Vasanzio.

Ci sembra pertanto scontato che fino a quando chi ha il compito istituzionale di mantenere ordinate, pulite e manutenzionate le piste ciclabili e i parchi  (ma anche le strade, i mezzi pubblici, gli edifici scolastici, la metro) non interverrà con decisione, con investimenti mirati e con onestà, il degrado continuerà ad aumentare nella nostra città.

Alla stampa resta però il compito di documentare e segnalare le tante situazioni di degrado nella speranza che tutte le “finestre rotte” prima o poi vengano riparate.

Francesco Gargaglia

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

inserisci il tuo commento
inserisci il tuo nome