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Parco della Musica, per arrivarci serve un John Deere

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Galvanica Bruni

Fortuna ha voluto che il grande Renzo Piano nel progettare l’Auditorium di Roma non abbia lesinato sulle dimensioni altrimenti oggi non l’avremmo neppure trovato nascosto com’è dalle erbacce. Più che nel Parco della Musica e a Roma Nord sembra di essere nella periferia di Manaus capitale dell’Amazonas.

Oggi l’intero Parco della Musica soffoca tra l’erba alta e i rifiuti. Niente di nuovo, ovviamente: la politica è quella di curarlo in occasione di eventi mondani, quanto al resto poi, lo si può lasciare anche nell’incuria (il povero Foro Italico insegna). L’importante è che quando occorre VIP, auto blu e auto di lusso riescano ad arrivare indenni al red-carpet.

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Che poi il degrado del parco investa non soltanto l’Auditorium ma anche le aree limitrofe (Viale de Coubertain, il Palazzetto dello Sport, il Villaggio Olimpico, lo Stadio Flaminio) si tratta solo di un “danno collaterale” a cui i romani sono oramai assuefatti.

E i turisti? Loro si stanno abituando;  d’altre parte se vai a visitare un villaggio del Ciad mica ti aspetti luci al neon e bar con la Gaggia o la San Marco.

Un milione e mezzo di visitatori, seicento eventi all’anno e manco i quattrini per un decespugliatore giusto per eliminare quella foresta che sorge proprio nell’aiuola centrale di fronte all’ingresso.
Un po’ di pioggia e qualche giornata di sole hanno trasformato i prati che circondano l’immensa struttura in una impenetrabile cortina di verde con un unico vantaggio: quello di nascondere i rifiuti e le dozzine di bottiglie vuote e lattine. L’Auditorium sembra la brutta copia delle sponde del Tevere sotto Ponte Milvio, o forse è il contrario.

Non parliamo poi del “lato B” dell’Auditorium, quello che sta sotto il naso dei pariolini; forse si tratta dell’opera di qualche accumulatore seriale fatto sta che i vecchi container, i rottami e i detriti farebbero la gioia di qualsiasi rigattiere; ad una “archistar” come Piano invece farebbero venire un infarto.

Per arrivare all’Auditorium a piedi ci vorrebbe un machete, ma di questi tempi non sembra una decisione troppo saggia; meglio allora mettersi alla ricerca di quei sentierini che ricordano il passaggio delle carovaniere dirette alla Mecca. Scansando sacchetti con i resti di un pranzo da McDonald e deiezioni canine si può, con un po’ di fortuna, arrivare ai cancelli: c’è perfino un’oasi lungo il percorso.

Si tratta di un bussolotto metallico che eroga gratuitamente acqua naturale e frizzante. E’ la grande gioia dei tanti pensionati che abitano al Villaggio Olimpico che ridotti a stingersi la cinghia dalla tanto “amata” legge Fornero riempiono dozzine di bottiglie di acqua buona e fresca senza pagare un centesimo. L’Auditorium li ha costretti a vivere rinchiusi nella succursale della Striscia di Gaza ma almeno l’acqua è “aggratis”.

Da ligi cronisti, con un po’ di  magone, abbiamo fatto un giro: con l’erba che ci arriva ai fianchi, scansando bivacchi e piccole baracche arrivate fresche dall’entroterra libico, ci siamo addentrati nelle propaggini misteriose del Parco della Musica tra marciapiedi sgangherati, voragini nell’asfalto, palme ammuffite, mentre una piacevole musica proveniente dall’Auditorium ci rendeva più lieve il passaggio.

A renderci perplessi invece è quella grande struttura in metallo e vetro prospiciente  l’ingresso principale, sporca e inutilizzata (tra il lerciume dei vetri si vede che è in stato di abbandono). Perché non trasformarla in ricovero per i tanti senza tetto che vivono tra le foreste del Villaggio Olimpico?

In questo modo si potrebbe dare dignitosa sistemazione a chi  costruisce capanne nei cespugli e nelle aiuole e allo stesso tempo potremmo impiegare al meglio i quattrini del contribuente. Non si può perché a Ottobre al Parco della Musica ci sarà la 13ma edizione del  Festival del Cinema di Roma? Pazienza.

Speriamo almeno che quella in arrivo sia un’estate molto torrida così le erbacce schiatteranno e stelle e stelline non saranno costrette, per arrivare al red-carpet, ad utilizzare un John Deere.

Francesco Gargaglia

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2 COMMENTI

  1. Purtroppo è tutta l’area del Villaggio Olimpico che versa da tanti anni in un degrado assurdo. Ma è mai possibile che non si riesca a programmare un intervento di bonifica, almeno una volta l’anno? Da quello che vedo certi punti sembrano abbandonati da chissà quanto tempo. Ultimamente sì è aggiunta anche la mega scultura di Mario Ceroli messa per i Mondiali di calcio 1990, ormai fatiscente e transennata, quasi un monumento al degrado di Roma Nord.

  2. È una vergogna vergogna ma gli abitanti del villaggio olimpico non si possono unire per fare qualcosa e per protestare ancora più? Io vado ai concerti come andassi a un a discarica.

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