Home CRONACA Campo nomadi River, sarà “uno sgombero in guanti bianchi”

Campo nomadi River, sarà “uno sgombero in guanti bianchi”

intervista a Carlo Stasolla, presidente dell'Associazione 21 Luglio, che ha qualcosa da dire su come sta procedendo la vicenda del River...

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Galvanica Bruni

Si comunica che in data 30 settembre 2017 avrà termine il progetto di accoglienza finanziato da Roma Capitale nel villaggio attrezzato River gestito dalla cooperativa sociale Isola Verde pertanto, entro tale data, tutte le persone attualmente ospitate dovranno lasciare liberi da persone o cose gli spazi affidati”.

Così recitava la lettera inviata ai primi di luglio dal Dipartimento capitolino alle Politiche Sociali alla comunità rom del campo nomadi River di via Tenuta Piccirilli, sulla Tiberina, per notificare l’avvio delle operazioni finalizzate al suo superamento e conseguente chiusura.

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Manca dunque un mese all’epilogo della vicenda e, stando sempre alla lettera, le persone in condizioni di bisogno accederanno alle misure di sostegno previste dal piano di superamento dei campi nomadi che, avviato inizialmente per i soli campi La Barbuta e Monachina, lo scorso 28 giugno è stato esteso anche al River.

Gli interessati ad accedere a tali misure “dovranno presentare – specificava la lettera – apposita domanda di ammissione corredata dall’ISEE e sottoscrivere con il Campidoglio un patto di responsabilità solidale che prevederà quale principale impegno a carico delle famiglie la fuoriuscita dal villaggio entro la data ultima del 30 settembre“.

Ed infatti, giorni dopo, a ogni famiglia veniva consegnato il modulo da firmare che però suscitava subito perplessità: “Come facciamo a sottoscriverlo – dicevano gli interessati – se non sappiamo che tipo di contributo il Comune intende elargire per sostenere la fuoriuscita di quanti non sono in condizione di farlo? Perché il Comune parla di “moduli abitativi” e non di case?” hanno scritto anche in una lettera aperta.

Sarà uno sgombero “in guanti bianchi”

Non ci saranno idranti né schieramenti delle forze dell’ordine, sarà un sgombero tranquillo, “in guanti bianchi“, perché alla fine i rom hanno firmato. Con riserva, ma hanno firmato.

E’ quanto scrive Carlo Stasolla, presidente dell’Associazione 21 luglio, in un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano lunedì 28 agosto.

In materia, Stasolla non è certo l’ultimo arrivato: nato a Roma cinquant’anni fa, da quasi trenta frequenta la comunità rom all’interno della quale ha vissuto in maniera stabile e continuativa con la moglie per 15 anni. Laureato in teologia, a partire dal 2001 ha fondato e gestito 4 strutture socio-assistenziali per richiedenti asilo e minori a Roma. Nel 2000 ha scritto I figli di Abele, una ricerca storica sulla condizione delle comunità rom in Italia tra il Cinquecento e il Seicento. Nel 2010 ha fondato l’Associazione 21 luglio di cui è presidente.

Gli abbiamo chiesto chiarimenti sulle affermazioni contenute nell’articolo.

La firma con riserva

Stasolla, qual è il clima che si respira in questi giorni nel campo River?

Il clima è surreale, si è sospesi in un tempo che sembra cristallizzato. Nessuno sa nulla, né le famiglie rom, né gli operatori di Isola Verde. Corrono tante voci ma una cosa è certa: nessun intervento è stato attivato e nessun progetto individuale è stato redatto.

Si contano i giorni che separano dalla scadenza in attesa che succeda qualcosa. I rom sono all’oscuro di tutto e quando, in un intervento sociale i beneficiari non sono coinvolti, il rischio del fallimento è dietro l’angolo.

Nel suo articolo lei scrive che le famiglie rom hanno sottoscritto il modulo firmandolo “con riserva”. Vuole spiegarci meglio questa vicenda e questa “riserva”?

Dalla consegna del modulo, avvenuta il 1° agosto e fino al 21 agosto le famiglie si sono legittimamente opposte alla sottoscrizione dello stesso non avendo alcuna contezza di quello che sarebbe stato il sostegno del Comune di Roma.

Da una parte il Comune impegnava i firmatari ad uscire volontariamente dal villaggio il 30 settembre; dall’altra non garantiva alcun sostegno adeguato a quanti fossero stati in condizioni di fragilità.

Poi, dopo il 21, c’è stata una forte pressione da parte degli operatori comunali perché tutti firmassero. Si è così iniziato a parlare di “firma con riserva”, una contraddizione assurda.

E così le famiglie, una per una, si sono messe in fila per firmare. La maggior parte senza neanche comprendere il contenuto. All’atto della firma non c’erano mediatori linguistici e molti rom dell’insediamento sono semi analfabeti.

“La firma con riserva è un obbrobrio giuridico; è l’ultima frontiera della legalità capitolina utilizzata per raggirare un centinaio di famiglie“. Sono sue parole, parole forti, come lo è “raggirare“, che pare pure un calembour. Su cosa si basano?

La “firma con riserva” dal punto di vista giuridico non esiste. O si firma o non si firma. Il fatto che gli operatori comunali abbiano esercitato una forte pressione psicologica perché i rom firmassero e che gli stessi non abbiano avuto alcuna consapevolezza dell’atto che stavano sottoscrivendo mi hanno fatto dire che si tratta di un raggiro, soprattutto quando, a un certo punto, si è iniziato a parlare di “firma con riserva”.

L’intera vicenda mi ha fatto ricordare quella organizzata dal sindaco Alemanno nel gennaio 2010 nei confronti della comunità rom di Casilino 900 per convincerli ad uscire spontaneamente da quell’area. Dopo qualche giorno tutti compresero l’inganno…

Quattro mura o un camper?

Il Campidoglio invia alla Finanza una lista di 250 ospiti del River: è caccia ai finti poveri per scoprire chi ha diritto a 800 euro al mese”. E’ quanto ha scritto Il Messaggero lo scorso 19 agosto. A sua conoscenza sono di più i finti o i veri poveri in via Tenuta Piccirilli?

Non conosco la situazione patrimoniale delle 100 famiglie che abitano a Camping River ma due cose vanno chiarite: non si tratta di “finti poveri” e non si tratta di “800 euro al mese”.

Veniamo al primo punto con una premessa: fino ad oggi quanti abitano nei villaggi rom della Capitale non sono stati collocati in questi spazi perché poveri ma perché rom. Nessun rom quindi ha ingannato l’istituzione. C’è stata piuttosto una discriminazione etnica di stampo istituzionale e non una valutazione legata alle condizioni economiche.

Oggi il Comune vuole fare una distinzione tra chi ha diritto al sostegno e chi no. Mi sembra una cosa giusta e opportuna. Contesto però il criterio troppo generalizzante e che non tiene conto di molteplici variabili.

Per quanto riguarda il contributo, invece, occorre precisare che il sostegno non sarò di 800 euro perché, dice la delibera comunale, non potrà superare quella cifra. Ho sentito più volte dire ai rom che il contributo per Camping River non supererà i 300-400 euro al mese e sarà elargito a fronte di giustificativi.

Nessuno ha tenuto in considerazione il fatto che nell’insediamento ci sono persone che non hanno titoli per locare un’abitazione e che ci sono nuclei con 8-9 figli. Insomma, anche se il diritto venisse esercitato, le risorse risulterebbero totalmente inadeguate.

E in tema di veri poveri,  lei ha scritto:”Chi è privo di mezzi non verrà aiutato per l’inserimento in case normali, ma all’acquisto di moduli abitativi. I soldi non sono dell’Unione Europea, ma comunali“. Sono sue parole stralciate dall’articolo che però dicono l’esatto contrario di quanto sempre affermato dal Campidoglio…

Esattamente. Non sono parole mie ma presenti nella delibera capitolina che ha inserito il Camping River come insediamento da superare insieme a Barbuta e Monachina.

Sarebbe da chiedere all’amministrazione capitolina perché per Camping River si parla di “moduli abitativi” mentre per la Barbuta e Monachina di “civili abitazioni”. Moduli abitativi sono camper, roulotte, container…. E’ questa l’inclusione a 5 Stelle?

Un fake Plan

Lo ha detto il 5 giugno e lo ha ribadito ieri nel suo ultimo articolo: il piano di superamento dei campi nomadi varato dal Campidoglio è un “fake plan, un piano bufala“. Perchè tanta ostilità?

Nessuna ostilità, ci mancherebbe. Si tratta solo di una valutazione tra la distanza che corre tra le parole e i fatti. Le parole sono quelle che abbiamo sentito pronunciare dalla sindaca Virginia Raggi nel corso della conferenza stampa del 31 maggio quando ha presentato il Piano rom.

I fatti li vedremo il 30 settembre quando verrà chiuso il Camping River. La distanza tra parole e fatti dirà se si tratta di un “Fake Plan”.

Nella politica non contano le intenzioni ma i fatti e noi quelli vogliamo giudicare. Sarei di felice di poter dire, un giorno, di essermi sbagliato.

Immaginiamo che oggi sia domenica 1 ottobre: dove sono in questo momento le 120 famiglie rom che ieri hanno lasciato il River?

Ad oggi il rischio che ci sia una diaspora della comunità è molto alto. Nessuno se lo augura, è ovvio, ma purtroppo di situazioni simili ne abbiamo viste tante negli ultimi 10 anni.

A fronte di una chiusura senza un adeguato ricollocamento delle famiglie beneficiarie c’è la forte possibilità che si assista ad una polverizzazione della comunità con fenomeni di occupazione e la creazione di micro insediamenti informali.

Per questo abbiamo attivato da giugno un filo diretto con le principali istituzioni che a livello nazionale e internazionale si occupano di diritti umani. Attendiamo il 30 settembre con un monitoraggio giornaliero dell’insediamento in attesa, come i rom, che qualcosa accada.

Claudio Cafasso

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1 commento

  1. Li stessi guanti bianche che usano loro quando rubano nelle nostre case o chiedono l’ elemosina con bambini neonati in braccio fuori di San Crispino

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