Il loro atteggiamento è assai enigmatico, una pare cercare qualcosa cadutale di mano l’altra interrogarsi sul contenuto di una tazza. Ma le due statue di Ponte Milvio a guardia della Torretta Valadier una volta erano un tutt’uno…
La loro storia è lunga, inizia intorno al 1630 e finisce nel 2016. Per raccontarla – tranquilli, ci metteremo un po’ meno – ci siamo avvalsi del sapere e del prezioso contributo di Francesco Ricciardi, architetto, giornalista professionista attualmente dedito a iniziative editoriali, residente a Roma Nord da sempre.
Lungo il filone di Ponte Milvio che fu, anche questo è un racconto affascinante che svela come, quando, come e perché quelle due statue, sotto le quali spesso si passa senza degnarle di attenzione, sono state poste a presidio della Torretta, con il viso rivolto alla piazza e soprattutto ai pontemollesi.
L’incongruo posizionamento
Passando, come spesso mi accade, dal piazzale di Ponte Milvio mi aveva sempre colpito l’incongruo posizionamento delle due statue di buona fattura, opera del toscano Francesco Mochi (Montevarchi 1580 – Roma 1654), scultore barocco, poste ai due lati dell’arco da cui si accede al ponte, disegnato in stile neoclassico da Giuseppe Valadier (Roma 1762-1839).
Mi sembrava evidente che le due figure dovessero far parte in realtà di un unico gruppo scultoreo con San Giovanni Battista nell’atto di dare il battesimo al Cristo.
Ebbene, invariabilmente, ogni volta mi chiedevo quale mente e quale criterio fossero stati alla base, a suo tempo, della decisione di separare i due soggetti, condannando irrimediabilmente, da un lato, il Battista a versare acqua benedetta sui sampietrini della pavimentazione, e dall’altro, a una distanza di una ventina di metri, il povero Cristo a chinarsi non tanto per ricevere quell’acqua sul capo (secondo le ovvie intenzioni dello scultore) ma piuttosto per guardare in terra, dando l’impressione di essere alla ricerca di qualcosa di non meglio specificato.
E allora approfondiamo
Insomma mi è sempre sembrato grottesco: forse che il gruppo scultoreo non poteva trovare posto da un solo lato dell’ingresso al ponte? Si doveva proprio, certo per un malinteso criterio di simmetria, forzare la natura delle cose separando i due soggetti? Misteri della psiche umana…
Poi un giorno, alcuni amici cui esternavo questo mio fastidio – ognuno ha le sue manie – mi hanno stimolato ad approfondire l’argomento, ad appurare date e circostanze della commessa legate alle due statue e al loro posizionamento, e quant’altro potesse far luce sulla cosa.
L’ho fatto e ora mi sento più tranquillo; ma le sorprese non sono mancate.
Andiamo con ordine
Per comprendere le vicissitudini di cui parliamo occorre partire dall’anno 1805, quando papa Pio VII affidò all’architetto del momento, il romano (a dispetto del cognome francese) Giuseppe Valadier i lavori di restauro dello storico ponte, da un paio di millenni porta d’accesso a Roma da nord.
Questi ricostruì le arcate alle estremità, che erano state sostituite da ponti levatoi in legno ed edificò all’imboccatura sul piazzale la torretta con l’arcone che oggi vediamo, rimodellata sulle murature originarie del “ruvido” ma fascinoso fortilizio medievale.
Nelle sue intenzioni quell’arco doveva avere un carattere “trionfale”, una sorta di bentornato al papa rientrato da Parigi, dove a Notre Dame aveva incoronato Napoleone. Approfittando dell’occasione, anziché costruirlo in legno come si usava fare allora lo fece in muratura, incorporandolo nella torretta.
Non restava ora che arricchire lo storico sito con qualche opera d’arte e si pensò a delle statue: la scelta cadde su quelle degli apostoli Pietro e Paolo, anch’esse opera di Francesco Mochi, prelevandole dalla originaria collocazione (1638) tra le due coppie di colonne ai lati dell’arco di ingresso della Porta del Popolo.
Per esse il Valadier predispose due adeguati piedistalli, collocati equidistanti a destra e a sinistra della torretta – da esponente di spicco quale era di quel neoclassico che tanto amava la simmetria – e i due apostoli furono messi a guardia del ponte.
Per gli abitanti di Ponte Milvio l’arrivo degli apostoli protettori di Roma aveva un significato più profondo, voleva dire che anche loro, romani di “fuori porta”, erano finalmente sotto la tutela di protettori di primo piano, gli stessi di chi abitava entro le mura della città.
Ciononostante, dopo qualche anno, durante i lavori di trasformazione di Piazza del Popolo (1816-1824), lo stesso Valadier decise di rimuovere le statue e farle tornare dove stavano, sulla Porta del Popolo.
E non ci fu niente da fare né le proteste servirono a far tornare l’architetto sulla sua decisione.
Fu papa Leone XII a tentare di rimediare all’affronto perpetrato dall’architetto, invitando il tesoriere Belisario Cristaldi a trovare altre statue da collocare al posto che era stato di San Pietro e San Paolo.
Correva l’anno 1825 quando l’attenzione venne rivolta verso un gruppo marmoreo pregevole ma discusso del medesimo scultore degli Apostoli, il Mochi, cui la fortuna non aveva arriso.
Si trattava del Battesimo di Gesù, scolpito nel 1634 per conto dei Falconieri per la cappella di famiglia in San Giovanni dei Fiorentini; una scultura che non era piaciuta ai committenti (anche per le dure critiche mosse da illustri contemporanei, i “colleghi” Bernini e Algardi in primis), rifiutata e messa nel dimenticatoio, “parcheggiata” a Palazzo Falconieri in Via Giulia.
Per quest’opera adesso, dopo due secoli di oblio, si presentava l’occasione del riscatto. Però… – si trova sempre un però – il buon pontefice, o chi per lui, fu reo di una forzatura.
Non ci pensò due volte e scompose il gruppo del Mochi in due statue, l’una di Gesù l’altra San Giovanni Battista, sistemandole, separate, sui due piedistalli ai lati della torretta pensati per gli apostoli.
Con buona pace della coerenza formale e del rispetto verso il lavoro altrui, del Mochi intendo.
Dunque trovato il colpevole, e quanto illustre…
Oltretutto sembrava evidente che Leone XII aveva voluto “metterci una toppa” e quel gesto di riconciliazione sulle prime non convinse il popolo di Ponte Milvio.
Col tempo però, pur tra un lazzo e un’ironia, la gente si abituò a quel Cristo “separato in casa” dal Battista. E alla fine ci si affezionò.
Va anche detto, quanto alle statue che oggi vediamo adornare il nostro ponte, che l’attenzione dei papi non si fermò qui.
Siamo nel 1850 e lo storico ponte versa in pessime condizioni, fatto saltare un anno prima da Garibaldi difensore della Repubblica Romana nel tentativo di ostacolare l’avanzata delle truppe francesi (per lo meno e per fortuna, l’eroe dei due mondi aveva risparmiato dal bellico disastro le arcate romane originarie).
Quando Pio IX ne decise il restauro, aggiunse, sulla testata opposta, verso viale Tiziano, una statua dell’Immacolata dello scultore Domenico Pigiani (1840), a fare da pendant con il preesistente San Giovanni Nepomuceno, protettore delle persone in pericolo di annegamento, scolpito nel 1731 da Agostino Cornacchini.
Ma torniamo al “Battesimo”, siamo intorno agli anni ’50
Letture fatte in questa occasione mi hanno fatto scoprire – con un certo sollievo, devo confessarlo – che quella distanza tra Gesù e San Giovanni Battista, che tanto complica il “racconto” mochiano, non ha disturbato solo me ma molti, i quali, negli anni, hanno ironizzato sulla forzata incomunicabilità tra i due soggetti.
Qualcuno è arrivato perfino a vedere nella patera in mano al Battista un sasso da scagliare contro il povero Cristo.
E la storia non finisce qui (Mochi nel frattempo continua a rivoltarsi nella tomba) perché nel secondo dopoguerra, ad oltre un secolo dal posizionamento, ci si accorse che le sculture andavano deteriorandosi e si decise di trasferirle per porvi mano con un restauro conservativo.
Non sarebbero più tornate a Ponte Milvio. Nonostante i nuovi e ormai ricorrenti malumori dei “pontemollesi”, i due basamenti predisposti dal Valadier sarebbero restati a lungo vuoti; e così li ricordavo io da ragazzo.
Ma a settembre 2001…
Poi un bel giorno di settembre del 2001, le statue sono ricomparse, destando in me, che allora non ne conoscevo la storia travagliata, il fastidio e le riserve di cui ho detto.
E non si trattava neppure degli originali bensì di copie, calchi marmorei commissionati dall’Ufficio Monumenti del Comune di Roma a una ditta specializzata.
Lo scopo era sì di salvaguardare l’integrità degli originali ma anche di placare una piazza offesa ancora una volta e giustamente irritata.
I calchi furono ricollocati – purtroppo, direi – nell’identica posizione, su quei piedistalli pensati dal Valadier per altri inquilini, per cui il Gesù e il Battista continuano a stare lì, nelle loro pose dissociate, non si sa a fare cosa se non a testimoniare la discutibile scelta di Leone XII.
E gli originali? Dopo il restauro erano stati trasferiti nell’atrio di Palazzo Braschi (Museo di Roma), dove almeno avevano potuto riunirsi e riprendere finalmente il ravvicinato rapporto dettato per loro dai testi sacri, oltre che dal buonsenso e dal rispetto verso l’artista che li aveva concepiti.
Storia finita?
Tutt’altro, finirà mai il postumo tormento del povero Mochi?
Un’Ansa del 4 febbraio 2016 riportava la seguente notizia: “Fuori posto da quattrocento anni, tornerà a casa, nella chiesa di San Giovanni ai Fiorentini a Roma, il colossale Battesimo di Cristo, capolavoro barocco di Francesco Mochi realizzato tra gli anni Trenta e Quaranta del ‘600 per l’altare maggiore della chiesa romana dove però non fu mai collocato e costretto a girovagare […]. Ora la scultura verrà ricollocata negli spazi per cui era stata concepita“.
Cosa puntualmente avvenuta tre giorni dopo, evviva! Francesco Mochi può riposare finalmente in pace.
Francesco Ricciardi
Ponte Milvio, da inizio a fine del XX secolo…
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Grazie! Finalmente la storia e non solo notizie prese qua e là. Però mi piacerebbe tanto sapere se quel “secondo dopoguerra”lo potrebbe far risalire ad un anno in particolare. Si, insomma, in che anno le hanno tolte le statue per restaurarle e per poi riposizionarle nel 2001? Lo chiedo perche, mia madre raccontava sempre con tono arrabbiato che “le avevano rubbbate i tedeschi come bottino de guerra”. E io, non mi vergogno a dirlo, sono cresciuta per moltissimi anni convinta di ciò. Poi da ricerche effettuate tempo fa, mi resi conto che quelle erano copie e che gli originali erano conservati al Museo. Le chiesi conto della sua antica affermazione e lei mi rispose: “ai quei tempi lo dicevano tutti ” 🙂
Non ho trovato la data esatta ma dovrebbe essere intorno al 1950
grazie 🙂
Sono romano da piů di 40 generazioni e pertanto appassionatissimo della Storia di Roma che ritengo di conoscere sufficientemente (la perfezione appartiene ai grandi storici tra cui cito Giorgio Carpaneto) ma ringrazio l’arch. Ricciardi per aver colmato una delle mie lacune ( ho 83 anni e ricordo da piccolo con il tram n. 1 passavo sul ponte Mollo per poi prendere il tram n. 1B che mi portava ai Due Ponti vicino casa mia). Grazie ancora ! Ing. Giorgio Molinario.
Il tram su Ponte Milvio credo sia passato ancora quasi fino agli anni ’60. In quegli anni abitavo già a Vigna Clara e ricordo che ci passavamo in macchina e c’erano le rotaie.
Francesco Mochi è l’autore della bellissima “Veronica” ritratta mentre corre tumultuosamente a mostrare il volto miracoloso di Gesù, in uno dei pilastri sotto la cupola di San Pietro. Bernini ironizzò: “Cavalier Mochi, da dove viene tutto il vento che agita le vesti di Veronica ?” Ma la risposta fu fulminante: “Cavalier Lorenzo, il vento viene dalle crepe della cupola che avete fatte voi costruendo i vostri campanili ! “. E ad abundantiam, ricordiamo che i due infelici campanili furono battezzati dai romani “le orecchie d’asino”.
Buon giorno Sig .molinario sono il nipote di carocci ruggero leggevo l’articolo sulle statue di ponte milvio poi ho letto il suo nome nel commento , zio mi parla sempre di lei e della famiglia molinario. Colgo l’occasione per porvi i saluti affettuosi di zio e mi scuso se ho approfittato ma è stata un occasione forse irripetibile. Cordiali saluti carlo
Gentilissimo Carlo, non sa con quanta emozione ho ripensato ai fratelli Carocci (Ruggero ed Angelino) con i quali ho trascorso parte dell’infanzia……..può darmi notizie recenti di entrambi ? Le sarò gratissimo. Grazie!
giorgio molinario
Grazie della ricostruzione. Ricambio con una esatta datazione: le due statue rappresentanti il Battesimo di Cristo rimasero ai lati della testata del ponte sino al 1956, allorché vennero trasferite a Palazzo Braschi.
Mi permetto inoltre di segnalarvi, in merito alla ricollocazione sui basamenti, la sensazione che questa avvenne in anni precedenti a quello da voi indicato: il 2001. Non ho fatto ricerche in proposito (cosa che mi riprometto) e mi affido alla mia diretta memoria storica, la quale, però, in questi ultimi anni è risultata talvolta fallace.
Gentile Arch. Ricciardi, grazie dell’articolo interessantissimo. Anch’io sono un’appassionata del Mochi. Ho fatto un po’ di ricerca sulle statue di S. Pietro e S. Polo e non lo sapevo che fossero state tolte dalla Porta del Popolo. Sarei gratissima se lei mi potesse condividere la fonte di queste informazioni, ringraziandola in anticipo di qualsiasi aiuto mi possa dare, la saluto cordialmente.