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De Gregori canta Bob Dylan all’Auditorium

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Galvanica Bruni

Se scriviamo che Bob Dylan ha avuto e continua ad avere una grande influenza su Francesco De Gregori, al massimo si può dire che abbiamo scoperto l’acqua calda e che siamo pronti per un’infruttuosa conversazione con monsieur de Lapalisse.

Quel modo di comporre e, poi, di “arrampicarsi” sulle note, quella maniera tutta particolare di raccontare, di fermare le immagini e pronunciare le parole per suggerire un momento, per fissare un attimo, per indagare un’atmosfera o un sentimento e per andare oltre, anche fino al concettuale puro, sono tutte caratteristiche che il menestrello di Duluth, Minnesota, ha trasmesso – non volendo, probabilmente – ai suoi numerosi epigoni – più o meno talentuosi – sparsi per il mondo.

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Ma De Gregori, che è uno dei nostri cantautori più brillanti ed originali (e lo è da molto tempo: e dai, riscopriamo l’acqua calda!), ovviamente non può essere considerato un semplice allievo dell’artista americano.
Ne ha assorbito, è vero, tutti quei tratti distintivi, ne ha imparato la grammatica e la sintassi, si è abbeverato avidamente a quella fonte, ma ha sempre mantenuto la propria strada e la propria rotta.

Ecco che, quindi, a un certo punto del suo percorso umano e artistico era naturale che De Gregori rincontrasse Dylan in un certo modo, com’era scontato che lo facesse nel momento in cui non ci fosse stato nessuno a chiederlo o – non sia mai! – ad esigerlo.
Entrambi, si sa, non solo sono caparbi e bastian contrari, ma soprattutto hanno ben presente la linea di demarcazione che passa invisibile ma netta fra l’artista e il pubblico: è l’artista che decide e il pubblico che, eventualmente, accoglie la proposta.

Altre similitudini fra i due, evidentemente, anche se Dylan è quasi un ventennio che ha perso contatto con la realtà mentre De Gregori continua a mantenere saldamente il contatto con la Madre Terra. Ma questo è un altro discorso e, quindi, lasciamo stare.

E, allora, ecco che alla fine di ottobre dello scorso anno esce “Amore e Furto”, l’album con il quale il cantautore romano interpreta undici brani di Bob Dylan dopo averne rispettosamente traslato i versi in italiano.

Dall’album è scaturito un tour di grande successo e la parte estiva di questa nuova avventura live riprenderà sabato 2 luglio, con inizio alle ore 21, dalla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica.

In questo attesissimo concerto, che è inserito nel calendario della rassegna “Luglio Suona Bene“, De Gregori proporrà una generosa selezione delle canzoni “amorevolmente rubate” a Dylan insieme a molti dei suoi grandi successi e dei suoi pezzi meno noti.

L’incalzante e infinita filastrocca steinbeckiana “Via della Povertà” (“Desolation Row”), la dolcissima “Un Angioletto Come Te” (“Sweetheart Like You”) e la magnifica preghiera “Non è buio ancora” (“Not Dark Yet”) probabilmente (aspettiamoci qualche sorpresa, comunque!) troveranno posto insieme a capolavori come “A Pa’”, “La Leva Calcistica della Classe ’68” e “La Donna Cannone”, tanto per citarne qualcuno.

Ad accompagnare De Gregori sul palco, a regalare a tutte le canzoni suggestivi arrangiamenti folk, rock e blues ci sarà la band estesa che lo accompagna negli ultimi anni, ossia Guido Guglielminetti (basso e contrabbasso), Paolo Giovenchi (chitarre), Lucio Bardi (chitarre), Alessandro Valle (pedal steel guitar e mandolino), Alessandro Arianti (hammond e piano), Stefano Parenti (batteria), Elena Cirillo (violino e cori), Giorgio Tebaldi (trombone), Giancarlo Romani (tromba) e Stefano Ribeca (sax).

Per acquistare i biglietti si può cliccare qui .

Giovanni Berti

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