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Comunali, bocciato dal TAR il ricorso di Fassina

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Stefano Fassina resta escluso dalla corsa per il Campidoglio, lo ha deciso il Tar del Lazio con una sentenza resa nota questa sera nella quale vengono respinti i ricorsi proposti dalla lista “Sinistra per Roma – Fassina sindaco”, anche quelli riguardanti i provvedimenti di esclusione nei singoli Municipi capitolini.

In merito alla contestazione riferita alla mancanza della data nei moduli di accettazione della candidatura, per il Tar “le firme sui modelli di accettazione della candidatura a cariche elettive e di presentazione delle liste – si legge nella sentenza – devono essere autenticate nel rispetto, previsto a pena di nullità, di tutte le formalità” stabilite dalla legge “sicché la mancata indicazione di tali modalità rende invalida la sottoscrizione, precisando al riguardo che, tra gli elementi essenziali costitutivi della procedura di autenticazione, va correttamente configurata anche la data della sottoscrizione del pubblico ufficiale procedente”.

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In definitiva, per i giudici amministrativi “il rilievo riportato nel verbale impugnato, secondo cui la mancanza della data ‘comporta la nullità insanabile dell’atto di presentazione delle liste’, deve essere ritenuto corretto in quanto aderente alle prescrizioni di legge che regolamentano la materia”.
Ma Fassina fa sapere che non si arrenderà. “Apprendiamo con rammarico della sentenza del Tar del Lazio che esclude le nostre liste dalla competizione elettorale a Roma. Non ci fermiamo qui. Siamo convinti delle nostre ragioni e ricorreremo al Consiglio di Stato”.

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2 COMMENTI

  1. Si apre a questo punto la successione per ereditare i voti lasciati liberi da SEL-Sinistra Italiana? A parte le indicazioni di voto che potrà dare Stefano Fassina questi voti, come quelli di tutti gli elettori, bisognerà meritarseli. Nella verità e nella lealtà. Con la sua eliminazione viene meno un’attenzione al sociale e all’economia dei ceti piu’ poveri. Ma non si può sottacere che Fassina, già assunto in comando per 18 mesi dalla ex Provincia di Roma per studiare la Città metropolitana (stipendio percepito presunto complessivo circa 180mila euro), ha poi finito col votare a favore in Parlamento di una legge parafascista (Mussolini abolì l’elezione popolare dei Sindaci sostituiti dai Podestà) come la legge Delrio n 56 del 2014 che ha introdotto proprio per la Città metropolitana (sostitutiva della Provincia) una forma di governo non democratica, in cui un sindaco metropolitano non eletto dai cittadini di 120 Comuni sui 121 che compongono il territorio della Città metropolitana (lo eleggono solo i residenti nel Comune di Roma) governa su 121 Comuni ma non può venire sfiduciato dal Consiglio metropolitano (eletto indirettamente col voto ponderato). Di questa sinistra autocratica e bocconiana alla Monti-Fassina non abbiamo davvero bisogno. Su questa legge che rappresenta a mio avviso un atto eversivo (per violazione degli artt. 1, 3, 5, 48, 114 e 117 Cost.) voluto dal Governo Renzi almeno Roberto Giachetti ha avuto la buona sorte di astenersi, in quanto come vicepresidente della Camera dei Deputati era di turno alla presidenza proprio quel malaugurato giorno. Cristiano Lorenzo Kustermann – Capolista dei Radicali in XV Municipio – Membro dell’Esecutivo U.S.B. Reg. Lazio (Dottore di Ricerca in Diritto Pubblico presso l’Università di Roma Tor Vergata)

  2. Piu’ precisamente, prima del fascismo vigeva una forma di legittimazione democratica e popolare di secondo livello per l’elezione del sindaco, il quale era votato dal Consiglio Comunale (a sua volta eletto dal popolo con suffragio gradualmente piu’ esteso), nel suo seno, fino alle leggi fasciste del 1926 che sostituirono il Sindaco elettivo col Podestà nominato dall’alto. Che Renzi abbia avuto in mente il modello del Podestà quando ha promosso la legge Delrio sulla non elettività (solo apparentemente temporanea) del Sindaco metropolitano, o meglio sulla nomina ope legis a Sindaco metropolitano del Sindaco del Comune capoluogo ?

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